Infermieri tunisini e albanesi nelle strutture private dell’Emilia-Romagna, Nursing Up: “Ci lasciamo scappare i giovani migliori e per tappare la falla ricorriamo a colleghi stranieri”.

“Era davvero necessario arrivare a tutto questo? Siamo di fronte al più palese dei paradossi, in un Paese dove le nostre eccellenze, i nostri migliori professionisti, fuggono ogni giorno verso altre nazioni Europee, attirati da offerte allettanti e da concrete possibilità di carriera. Ci lasciamo scappare i giovani migliori, permettiamo che vadano via, e per tappare la falla ricorriamo a colleghi stranieri che non conoscono la nostra lingua e che di certo non possono essere integrati nel nostro sistema sanitario dall’oggi al domani con un mero corso on line”. E’ quanto ricordato oggi da Antonio De Palma, Presidente del sindacato Nursing Up, a commento dell’assunzione di 36 infermieri di nazionalità tunisina e albanese da parte del Consorzio Solco Ravenna.

“Inevitabilmente questi colleghi, contro i quali certo non abbiamo nulla, dovranno innanzitutto sostenere un corso per imparare la nostra lingua, indispensabile per cominciare a lavorare a contatto diretto con soggetti fragili e con anziani, dal momento che sono destinati a strutture della sanità privata di una Emilia Romagna che paga lo scotto di una carenza di personale che ha messo in ginocchio il sistema delle Rsa del centro-nord. Ma non basta certo un mero corso on line per inserire un infermiere straniero in un sistema sanitario complesso come il nostro – prosegue De Palmsa – che necessita come il pane di figure professionali sempre più specializzate, al cospetto di una popolazione destinata inesorabilmente all’invecchiamento, un sistema nel quale professionisti extracomunitari, seppur supportati da una laurea conseguita nel loro paese di origine, andrebbero  formati e verificati ad alti livelli,  non di meno sotto il profilo comunicativo, atteso il delicato lavoro che li aspetta, con soggetti fragili ed anziani”.

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“Molti infermieri, ingabbiati in una realtà desolante, stanno decidendo addirittura di cambiare vita , e qui da noi il rimedio e’ semplicemente uno : sostituirli con infermieri extracomunitari. Che fine hanno fatto – si domanda De Palma – le prospettive presentate in pompa magna dal nuovo Pnrr, con la Missione 6, alla luce degli oltre 4 milioni di euro a disposizione? Ma come, non era questa una occasione da non perdere per ricostruire il rapporto tra la nostra fragile sanità e il cittadino?”.

Proprio pochi giorni fa il sindacato aveva evidenziato l’attuale ‘campagna acquisti’ in atto in Europa per l’assunzione dei/delle giovani infermieri/e italiani/e: “Abbiamo evidenziato come l’Olanda, insieme a molte altre nazioni del Vecchio Continente, sta provando a pescare infermieri,  a piene mani, dal nostro Paese perché, ahimè, forse siamo gli unici a non esserci accorti, incredibilmente, che le migliori professionalità infermieristiche d’Europa le abbiamo in casa nostra. Vorrei ricordare – spiega De Palma – che gli infermieri italiani sono tra i pochi, in Europa, ad avere la qualifica accademica di dottore: far arrivare nel nostro Paese infermieri extracomunitari, con tutto il rispetto per queste persone, senza garantire un elevato profilo comunicativo, indispensabile quando si deve avere a che fare con persone anziane, ma anche bambini e altri  soggetti fragili, non rappresenta certo la soluzione della svolta, come qualcuno vorrebbe farci credere. Ricordiamo che in molti casi, per legge, il Ministero della Salute potrebbe richiedere una integrazione al percorso di studi di questi colleghi, seppur laureati nel loro Paese di origine, con la necessità, per loro, di sostenere esami integrativi all’università. E naturalmente per ognuno di essi sarà indispensabile l’iscrizione all’albo”.

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“Urliamo a gran voce, da tempo, la necessità dello sblocco di quel vincolo di esclusività che permetterebbe ai 280mila infermieri assunti nella sanità pubblica, di offrire il loro supporto alle febbricitanti realtà della sanità privata, retribuiti adeguatamente, fuori dagli orari ospedalieri, ma niente! Solo temporanee deroghe, che peraltro sono talmente limitanti, da non consentire nemmeno di garantire la copertura di un solo turno di servizio nelle RSA, conclude il Presidente di Nursing Up.