In ripresa le migrazioni: 241mila permessi di soggiorno nel 2021.
Nel 2021 sono stati rilasciati 241.595 permessi di soggiorno, oltre 135 mila in più rispetto al 2020. I flussi in ingresso sono tornati ai livelli pre-pandemia ma non c’è stato un vero e proprio recupero, nonostante una notevole crescita dei permessi per lavoro, di cui hanno beneficiato in maniera rilevante i cittadini ucraini.
Sono tornati a crescere i nuovi documenti concessi per asilo: ne sono stati emessi quasi 31 mila (+129% rispetto al 2020), un numero superiore anche a quello registrato nel 2019. Tuttavia, in termini relativi i permessi per asilo e altre forme di protezione hanno, sul totale dei nuovi rilasci, una minore importanza rispetto al 2019 (12,8% contro 15,6%) perché, a seguito del provvedimento di regolarizzazione emanato nel 2020 (art. 103 del D.L. 34 del 2020), sono cresciuti notevolmente i permessi per lavoro.
Nel 2021 sono infatti 51.019 i nuovi documenti rilasciati per lo svolgimento di attività lavorativa, più di quanti ne erano stati emessi in tutto il quadriennio precedente (meno di 48.500), e rappresentano oltre il 21% dei nuovi permessi rilasciati, una quota record visto che dal 2015 non avevano mai superato il 10% del totale dei nuovi rilasci.
I permessi per studio concessi, pari a 17.603 nel 2021, risultano più che raddoppiati rispetto all’anno precedente ma non sono ancora tornati ai livelli del 2019 e del 2018, quando superavano i 20 mila. Raddoppiati anche i permessi per famiglia che tornano sopra le 122 mila unità e fanno registrare, in termini assoluti, il picco più alto dal 2012 a oggi.
Il numero di nuovi ingressi cresce per tutte le principali collettività ma il primato spetta all’Ucraina che registra un +209% tra il 2020 e il 2021 (contro un aumento medio di +127%), l’incremento più alto tra le prime dieci collettività. Per i cittadini ucraini in valore assoluto passano da 3.264 a 10.087, in larga parte rilasciati per motivi di lavoro: rappresentano infatti oltre il 52% di quelli nel complesso concessi nell’anno a persone di questa cittadinanza.
Altra novità, conseguente alla Brexit, è la presenza del Regno Unito tra le prime dieci collettività non comunitarie per numero di ingressi. Si può però ipotizzare che dietro a una quota elevata di “nuovi documenti” ci siano in realtà individui, già da tempo presenti sul territorio italiano, i quali hanno dovuto richiedere un documento di soggiorno a seguito dell’uscita del Regno Unito dall’Unione europea. Escono invece dalla graduatoria gli Stati Uniti per i quali la nutrita presenza studentesca non ha ancora ripreso i livelli del periodo precedente la pandemia.
In generale, per tutte le prime dieci collettività, il principale motivo di ingresso in Italia è il ricongiungimento familiare (a cui si riferisce quasi il 73% degli ingressi di cittadini marocchini durante il 2021). Fanno eccezione il Pakistan, i cui cittadini richiedono maggiormente protezione internazionale (oltre il 41% dei nuovi documenti rilasciati), e la Nigeria (oltre il 39%). Per la Cina tornano elevati gli ingressi per studio che coprono il 29,8% dei permessi emessi nel 2021. Molto rilevanti per alcune cittadinanze anche i permessi rilasciati per motivi di lavoro che vedono in testa alla graduatoria, oltre l’Ucraina, anche India (37,7% del totale dei nuovi ingressi) e Cina (circa il 30,6%).
Con lo scoppio del conflitto in Ucraina, che ha spinto molte persone a lasciare il paese, la comunità ucraina in Italia ha visto ingrossare le proprie file. A fine settembre 2022 sono 159 mila le richieste di protezione temporanea di persone in fuga.
La presenza di cittadini provenienti dall’Ucraina è da molti anni consolidata nel nostro Paese. Già prima dello scoppio del conflitto l’Italia era, dopo la Polonia (oltre 651 mila permessi di soggiorno), il paese dell’Unione europea che ne ospitava il numero maggiore. Secondo i dati Eurostat, la Germania a inizio 2022 registra poco più di 83 mila permessi, la Francia meno di 19 mila.
Al 1° gennaio 2022 in Italia si contano 230.373 cittadini ucraini con regolare permesso di soggiorno, la maggior parte (81,2%) con un documento di lungo periodo. A questi si aggiungono quelli che nel tempo hanno acquisito la cittadinanza italiana, al 1° gennaio 2021 sono in tutto 28.422.
Si tratta soprattutto di una migrazione al femminile: le donne rappresentano il 79% dei regolarmente soggiornanti e il lavoro è sempre stato un motivo centrale dello spostamento, compatibilmente con le politiche sui flussi messe in atto in Italia. Quella ucraina è anche una presenza storicamente concentrata in alcune aree del Paese: in Lombardia e Lazio, ma anche in Emilia Romagna e Campania.
Questa pregressa e stabile presenza spiega anche l’effetto di attrazione esercitato dal nostro Paese sui profughi in fuga dall’Ucraina dopo lo scoppio del conflitto con la Russia. In base ai dati del Ministero dell’Interno le richieste di protezione temporanea pervenute da persone in fuga dalla guerra sono, al 30 settembre 2022, 158.812.
Il picco delle richieste si è registrato tra febbraio e maggio mentre solo il 26,7% è stato presentato da giugno in poi. Nel 39,4% dei casi si tratta di bambini e ragazzi con meno di 18 anni mentre le donne sono il 71,6%, ma sfiorano l’86% considerando solo le persone maggiorenni.
Le domande si sono distribuite in modo equilibrato sul territorio – il 28,2% nel Nord-ovest, il 25,9% nel Nord-est, il 20,7% al Centro e il 25,2% nel Mezzogiorno – ricalcando sostanzialmente la geografia della presenza ucraina stabilizzata. In altre parole, nella maggior parte dei casi sembra che i profughi abbiano raggiunto amici e parenti già in Italia da tempo. Tra le regioni, la Lombardia ha registrato il 17,5% delle richieste di protezione, l’Emilia Romagna l’11,7% e la Campania il 10,5%.
In crescita i permessi per richiesta di asilo, anche tra i minori. Nel 2021 sono quasi 31 mila i nuovi permessi per motivi connessi alla protezione internazionale. La maggior parte dei nuovi documenti è stata concessa a cittadini del Pakistan (6.090), seguiti a distanza dai cittadini del Bangladesh (quasi 5.000) e della Nigeria (3.057). I flussi in ingresso sono in netta ripresa (+129%) rispetto all’anno precedente, periodo che ha scontato fortemente gli effetti della pandemia.
Durante il 2021 è tornata a crescere la rilevanza di flussi di persone in cerca di protezione provenienti dall’Africa (Egitto, Mali e Costa D’Avorio), mentre hanno perso importanza relativa gli ingressi dai paesi dell’America Latina (in particolare Venezuela e Colombia) che avevano avuto un ruolo primario nel 2020. Proseguono gli arrivi dal subcontinente indiano e sale l’Afghanistan nella classifica dei primi dieci paesi per numero di ingressi motivati da una richiesta di protezione.
Con la ripresa dei flussi dall’Africa torna ad aumentare anche la quota di uomini sul totale dei nuovi ingressi per asilo: dal 76,2% del 2020 all’80,2% del 2021. Tra le prime dieci collettività per questa motivazione solo la Georgia vede una netta prevalenza femminile, pari all’82,3%.
Le donne rappresentano circa il 40% dei richiedenti asilo dalla Nigeria e il 31,3% dalla Costa d’Avorio. La prevalenza maschile è però netta: per tre collettività tra le prime dieci si aggira intorno al 99% e per il Mali è superiore al 97%.
Anche la quota di minori che arrivano per asilo è sensibilmente aumentata rispetto al passato: da poco più del 3% dei flussi del 2016 al 9,5% del 2021, anche se in lieve flessione rispetto al 2020.
Per alcune collettività la presenza di minori è particolarmente rilevante e supera il 23% sul totale dei flussi in ingresso per i cittadini di Nigeria, El Salvador e Afghanistan.
Sempre più cittadini non comunitari in Italia. Tra il 2021 e il 2022 i cittadini non comunitari con regolare permesso di soggiorno in Italia sono aumentati di quasi il 6%, passando da 3.373.876 al 1° gennaio 2021 a 3.561.540 al 1° gennaio 2022. L’incremento ha interessato tutte le collettività a eccezione dei cittadini della Moldova che restano sostanzialmente stabili rispetto al 2021. La crescita più consistente si registra per gli egiziani e i cittadini di Bangladesh e Pakistan.
Le persone con permesso di soggiorno in Italia hanno un’età media di poco più di 35 anni e una struttura di genere nell’insieme equilibrata (nel 49% dei casi si tratta di donne), anche se poi si riscontrano evidenti sbilanciamenti tra i sessi all’interno delle singole collettività: tra i cittadini di un paese europeo le donne rappresentano oltre il 59% mentre sono circa il 39% tra le comunità africane.
I minori sono quasi il 21% dei cittadini regolarmente presenti, una quota decisamente più alta di quella riferita alla popolazione residente italiana che è pari al 15,3%. L’incidenza di bambini e ragazzi sul totale delle presenze è particolarmente rilevante nelle comunità dell’Africa del Nord (circa il 28% del totale), soprattutto in quella egiziana (quasi il 33%). All’opposto le persone con più di 60 anni rappresentano in media poco più del 10% del totale ma si arriva quasi al 29% tra i cittadini dell’Ucraina.
I permessi di soggiorno di lungo periodo, quelli cioè rilasciati ai non comunitari che risiedono in maniera stabile e continuativa in Italia da almeno 5 anni, sono quasi il 66% di quelli in corso di validità. Considerando i principali continenti, l’incidenza dei lungo soggiornanti è più elevata per i non comunitari europei (75,2%), più bassa per America Latina (69,1%) e Africa (62,9%) e minima per l’Asia (60,5%).
Le differenze emergono anche all’interno dei raggruppamenti continentali: considerando gli europei, ad esempio, gli albanesi hanno un permesso di soggiorno di lungo periodo nel 68,2% dei casi, i cittadini della Moldavia nell’85,9%.
I nuovi cittadini italiani sono soprattutto di origine albanese e marocchina, mentre diminuiscono dell’8% le acquisizioni di cittadinanza tra il 2020 e il 2021.
Nel 2021 sono state 121.457 le acquisizioni di cittadinanza registrate in Italia, oltre 10 mila in meno rispetto all’anno precedente. Diversi i fattori che possono aver influenzato il calo. Tra questi non sono da escludere alcuni effetti della pandemia, come quelli legati alla sospensione dei procedimenti in materia di immigrazione e cittadinanza. Effetti che non si sono fatti sentire immediatamente, ma solo dopo qualche tempo, data la lunghezza di lavorazione delle pratiche.
Nel 90% dei casi (circa 109.600) si tratta di cittadini precedentemente non comunitari. Quanto alle motivazioni, il 41% delle acquisizioni della cittadinanza è avvenuto per residenza, l’11,9% per matrimonio. Tra le altre motivazioni resta molto rilevante la trasmissione del diritto dai genitori ai figli minori. In generale le donne rappresentano il 49,6% di coloro che hanno acquisito la cittadinanza italiana nel 2021 ma arrivano a oltre l’81% tra chi l’ha ottenuta per matrimonio.
I nuovi cittadini soprattutto al Centro-nord. I cittadini non comunitari che hanno acquisito la cittadinanza italiana nel 2021 sono soprattutto originari dell’Albania (22.493), del Marocco (16.588) e del Brasile (5.460); per i brasiliani hanno grande rilevanza le acquisizioni per discendenza da avi italiani.
I primi tre Paesi di origine per numero assoluto di acquisizioni di cittadinanza coprono da soli oltre il 40% delle acquisizioni registrate in Italia nel 2021. All’interno di un generale equilibrio tra i sessi si evidenziano situazioni di squilibrio: per la Moldavia la quota di donne supera il 62% mentre per gli originari del Bangladesh si attesta intorno al 38%.
Circa il 69% delle acquisizioni di cittadinanza si sono registrate nel Nord del Paese e il 20% al Centro. Nel Mezzogiorno, dove sono ottenute l’11,4% delle cittadinanze, rivestono grande importanza, in termini relativi, le acquisizioni per discendenza da avi italiani.
Tra le regioni sono la Lombardia (25,1%), l’Emilia Romagna (13,8%) e il Veneto (10,4%) ad aver registrato le maggiori quote di acquisizioni. Nel Mezzogiorno invece, il valore più alto è quello della Sicilia, con poco più del 3%.
Quasi un milione e mezzo di italiani di origine straniera. Al 1° gennaio 2021 sono 1.470.680 i cittadini di origine straniera che hanno acquisito la cittadinanza italiana, non comunitari nell’83,3% dei casi. Le donne rappresentano il 56,3% del totale. Considerando le origini, il 18,4% è albanese e il 15,5% marocchino. Per il resto la composizione per paesi non comunitari di precedente cittadinanza è piuttosto frammentata e nessun’altra origine supera il 4% dei nuovi cittadini. È interessante notare che ogni 100 stranieri residenti ci sono rispettivamente 52 nuovi cittadini di origine albanese e 44 di origine marocchina, mentre il valore medio per i non comunitari è di poco superiore a 32 nuovi cittadini ogni 100 stranieri.
La struttura per età dei nuovi italiani si differenzia molto da quella degli stranieri e presenta alcune “sporgenze” caratteristiche. La prima si evidenzia nella classe di età 15-19 anni che, insieme a quelle contigue, registra un numero di “nuovi italiani” più ampio delle classi precedenti e immediatamente successive. Questa situazione è riconducibile alla possibilità di accesso alla cittadinanza per trasmissione del diritto dai genitori ai figli minori e per elezione nel caso dei nati in Italia.
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