“In casa tira una brutta aria”. Il decalogo ISS per migliorare la qualità dell’aria domestica.
Il 90% della nostra vita scorre al chiuso: in ufficio, a scuola, nelle strutture sanitarie e in automobile, autobus o metro. Ma soprattutto in casa. È la casa l’ambiente nel quale trascorriamo ogni notte e molta parte dei nostri giorni: la nostra abitazione è il nostro primo habitat.
La qualità dell’aria delle nostre abitazioni (e degli uffici, delle scuole, degli ospedali delle automobili eccetera) rappresenta infatti uno dei principali determinanti di salute e un importante tema di sanità pubblica.
“È così. È indoor che avviene la gran parte dell’esposizione della popolazione all’inquinamento atmosferico ed è negli ambienti indoor che si costruisce e si protegge la salute della popolazione”, dice Gaetano Settimo, coordinatore del GdS, il Gruppo di Studio Nazionale Inquinamento Indoor dell’Istituto Superiore di Sanità. “Ma in genere l’aria di casa, come quella degli altri ambienti chiusi che frequentiamo, è tutt’altro che pulita. Gli inquinanti atmosferici indoor sono molti e sono capaci di influenzare e peggiorare la salute delle persone, con effetti acuti a breve termine o cronici. Specialmente la salute di chi soffre di patologie cardiache, di ipertensione, ictus, di patologie respiratorie come BPCO e asma, di allergie. Di patologie del sistema immunitario, riproduttivo, di malattie neurologiche, e di tumori. Ma anche di emicrania, di riniti, irritazioni della gola, occhi e di altro ancora, giacché l’elenco delle malattie e dei disturbi che è possibile associare o che peggiorano a causa dell’esposizione all’aria delle nostre abitazioni, può essere più lungo”, aggiunge Settimo.
Tra gli inquinanti indoor di rilevanza particolare ci sono i composti organici volatili (COV), le particelle sospese (PM10, PM2,5, UFP o particelle ultrafini), gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA), le policlorodibenzodiossine e i policlorodibenzofurani (PCDD/F), i policlorobifenili (PCB), i perfluoro e polifluoro alchilici (PFAS), i prodotti delle combustioni in impianti scarsamente manutenuti o collegati male o non collegati all’esterno che possono emettere monossido di carbonio (CO), ossidi di azoto (NOx). Le fibre di amianto, le fibre artificiali insetticidi e pesticidi, i nanomateriali ingegnerizzati e le microplastiche. “Tutti questi inquinanti – spiega Settimo – vengono emessi in modo costante o intermittente negli ambienti chiusi da numerose e differenti sorgenti e per questo è fondamentale conoscere le caratteristiche, e la qualità delle emissioni delle fonti presenti. Non chiediamo quasi mai informazioni specifiche sulle caratteristiche emissive, per esempio quando ristrutturiamo, o acquistiamo nuovi elettrodomestici o apparecchiature”.
I COV, i composti organici volatili (per esempio la formaldeide che il COV più semplice, l’acetaldeide, il benzene, il toluene, il limonene, il tricloroetilene, il tetracloroetilene…), possono derivare da materiali da costruzione, vernici, collanti, sigillanti, resine, solventi, mobili, arredi, apparecchiature elettroniche (stampanti, fotocopiatrici, computer). Da prodotti per la pulizia, da profumi e deodoranti per ambienti, da disinfettanti. Ma anche dalle nostre attività.
Siamo noi che attiviamo sorgenti di COV quando prepariamo i cibi. In questo caso gli inquinanti variano a seconda dello stile di cottura (frittura, vapore, grigliatura emettono molecole differenti), degli ingredienti e del combustibile utilizzato. Siamo fonte di composti organici volatili quando fumiamo – le sigarette sia classiche che elettroniche sono sorgenti di COV – o utilizziamo diffusori di fragranze per ambiente.
Le particelle sospese PM10, PM2,5, e ultrafini o UFP possono provenire da fonti esterne, come l’aria ambiente, ma soprattutto – come i COV – dalle attività quotidiane: cucinare e riscaldare, detergere, pulire, ma anche deodorare gli ambienti con candele, incensi diffusori, fare bricolage, curare le piante, utilizzare stampanti.
Gli IPA, le PCDD/F e i PCB derivano dai tutti processi di combustione come cucinare, riscaldare e fumare. I PCB sono una eredità del passato, quando venivano utilizzati come isolanti.
“L’anidride carbonica è il sottoprodotto naturale del metabolismo della respirazione. Le concentrazioni di CO2 negli ambienti indoor aumentano nel tempo in presenza di un numero costante di fruitori e in funzione dei ricambi dell’aria”, spiega Settimo.
“La CO2 può essere utilizzata per valutare e controllare i ricambi dell’aria – riprende – ma le concentrazioni di anidride carbonica indoor non sono una misura della qualità dell’aria, al contrario di quanto avviene per l’aria esterna, perché non tengono conto delle altre importanti sorgenti di inquinanti, come i materiali, gli arredi, i tendaggi, le pitture, i trattamenti di finitura, le colle, le resine, i siliconi, i prodotti per la pulizia, i deodoranti per ambienti, le combustioni”.
L’umidità non è un vero e proprio inquinante ma un fattore in grado di influenzare la qualità dell’aria indoor e favorire l’inquinamento soprattutto da agenti biologici. L’umidità rilasciata dalle attività umane come cucinare, fare la doccia, asciugare la biancheria, favorisce infatti lo sviluppo di muffe che possono colonizzare materiali di vario tipo (tessuti, legno, carta da parati, ecc.), rilasciare nell’aria spore e sostanze odorigene (odore di muffa), o anche la proliferazione degli acari della polvere.
Tra i consigli dell’ISS, innanzitutto, il ricambio dell’aria attraverso l’apertura delle finestre mentre si cucina, pulisce e si stira. In assenza di un frequente ricambio di aria gli inquinanti si accumulano in casa, comportando possibili rischi per la salute.
Non eccedere poi con l’uso di prodotti per la pulizia come detergenti e detersivi. Meglio, spiegano dall’ISS, non utilizzare deodoranti e diffusori di profumi, incensi e candele profumate.
Non miscelare ancora i prodotti di pulizia, in particolare quelli contenenti candeggina o ammoniaca, con sostanze acide come gli anticalcari. Non fumare in casa né sigarette classiche né e-cig. Gli inquinanti chimici rilasciati dal fumo costituiscono un rischio per la salute, soprattutto dei bambini. Questi inquinanti rimangono su pareti, arredi, tende e tappezzerie per lunghi periodi.
Limitare, ancora, l’uso di insetticidi e non soggiornare negli ambienti dopo l’utilizzo.
In caso di ristrutturazione o anche di semplice imbiancatura di pareti prediligere prodotti con livelli emissivi più bassi per gli inquinanti chimici e in ogni caso dopo la ristrutturazione arieggiare il più possibile.
foto ISS