Imprese giovanili: -153mila in 10 anni.

L’impresa italiana è ormai avviata verso il viale del tramonto? Sembrerebbe di sì guardando non soltanto alle “riforme di piccolo cabotaggio” del Governo di turno (limitate alla diminuzione di alcuni miseri punti percentuale dell’IRPEF) ma, soprattutto, alla perdita delle imprese giovanili in Italia. Ben 153mila soltanto negli ultimi 10 anni. Un calo che ha portato, di fatto, il numero complessivo delle imprese giovanili da 640mila (correva l’anno 2014) alle 486mila rilevate nel mese di dicembre 2024. E qualcuno/a ancora parla di competitività e agevolazione dell’impresa giovanile in Italia?

Tutto sommato, pensando alla opprimente burocrazia italiana, alla crescente inaccessibilità dei tanti (e inutili) contributi a fondo perduto e relative limitazioni contenute nei vari bandi per il “sostegno all’imprenditoria giovanile”, un risultato non troppo sorprendente che fotografa, inoltre, la profonda trasformazione del tessuto imprenditoriale italiano, spinta anche dall’inverno demografico in cui è entrata la nostra società.

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A tenere botta (se così si può dire) è il settore dei servizi alle imprese, dove le imprese dei “giovani folli” negli ultimi 10 anni sono aumentate del 3,5%, pari a 2mila imprese giovanili in più. Tiene, volendo guardare il bicchiere mezzo pieno, l’agricoltura (+0,06% di imprese giovanili negli ultimi due lustri).

Del resto, pensando alla tenuta della coesione economica italiana, non si stanno perdendo solo le imprese ma anche i lavoratori: 2 milioni di under35 persi negli ultimi 20 anni. E la situazione continua a peggiorare in assenza di riforme serie e non tokeniste verso la questione giovanile italiana, la quale, parlando con il cuore in mano, poco interessa alla classe dirigente italiana.

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A queste trasformazioni fa eco il forte ridimensionamento delle attività più tradizionali. Costruzioni e commercio sono i comparti che hanno pagato il prezzo più alto: il primo ha perso quasi 40mila imprese under 35 (-38,7%), mentre il commercio ha visto sparire oltre 66mila attività (-36,2%).

Pesante anche il calo registrato dalle attività manifatturiere, dove in dieci anni sono venute meno oltre 14mila imprese (-35,9%). Il calo ha colpito in modo particolare il mondo artigiano che, nel decennio, ha perso oltre 47mila imprese giovanili (-28,1%), mentre l’imprenditoria femminile under 35 ha visto una contrazione di oltre 43mila unità (-24,5%) e le imprese guidate da giovani stranieri sono diminuite di quasi 35mila unità (-27,4%).
In termini di composizione percentuale, se nel 2014 commercio e costruzioni rappresentavano insieme quasi il 45% di tutte le imprese under 35, oggi il loro peso è sceso al 37%.

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La perdita di imprese giovanili, guardando la sempre più triste espressione geografica chiamata Italia, mostra significative differenze tra le diverse aree del Paese. La Lombardia ha registrato nel decennio una contrazione del 15,1%. La Campania, seconda regione per presenza di imprese giovanili (oltre 61mila), ha subito perdite del 23,8%. Più importante il calo nelle regioni del Centro, con le Marche che hanno perso il 36,7% delle imprese giovani, l’Umbria (-32%) e la Toscana (-31,1%). Nel Mezzogiorno, le flessioni più consistenti si sono registrate in Molise (-35,6%), Abruzzo (-35,2%) e Calabria (-34,4%). Più contenute invece le perdite in Sicilia (-32,9%) e Puglia (-28,6%).