Il portale leggidaabolire.it . L’ultima ‘trovata’ dal Movimento 5 Stelle.

Abolire 400 leggi con un unico atto nel caso di vittoria alle elezioni politiche 2018. Con questa dichiarazione Luigi Di Maio ha introdotto la novità in casa M5S, il sito www.leggidaabolire.it , ideato per “disboscare la giungla normativa” del sistema legislativo italiano. Dal 1861, riporta il sito, sono stati emanati 187.000 fra decreti-legge, decreti legislativi, decreti luogotenenziali, leggi, regi decreti, tutti con forza di legge. È quindi evidente che in Italia abbiamo troppe leggi inutili che complicano la vita ai cittadini e impediscono lo sviluppo delle imprese. L’obiettivo auspicato dal Movimento è di arrivare al governo del Paese con una lista di migliaia di leggi da abolire e riordinare le restanti in codici specifici per materia.

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Un’idea accolta con favore dagli utenti. Dopo un solo giorno di vita, infatti, il sito www.leggidaabolire.it ha già ricevuto ben 131 proposte di abolizione di legge, a livello nazionale. Una campagna di ascolto, questa del Movimento, che ha come obiettivo quello di individuare un elenco di norme da abolire perché inutili, dannose e/o scritte male.

Ma come può essere vista questa inziativa del partito a 5 stelle? Un tentativo di partecipazione diretta e di consultazione “dal basso” dei cittadini o come uno strumento per colmare lacune o mancanza di input da parte dei rappresentanti del Movimento? Siamo di fronte a un intervento di cittadinanza attiva o alla classica azione elettorale 2.0? Nel dubbio resta interessante notare come il form proposto dal movimento non richieda particolari requisiti per la sua compilazione, ma solo alcune informazioni, come il nome, il cognome, l’indirizzo email, il riferimento della legge da abolire e le motivazioni…insomma, basta il buon senso!

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Ancora, abolire una legge può essere la soluzione per promuovere la semplificazione amministrativa nel nostro Paese , senza previsione di ulteriori provvedimenti e quindi ulteriore burocrazia? Un esempio calzante riguarda proprio la Sardegna. In seguito all’esito dei referendum del 2012 si tentò di avviare un processo di riorganizzazione amministrativa, ma la delibera del Consiglio regionale del 24 maggio 2012 rimase disattesa, mentre la successiva del 27 febbraio 2013 portò solo al commissariamento delle quattro nuove province a far data dal 30 giugno 2013. Una riforma che, creando confusione nella governance, ha prodotto soltanto nuova burocrazia, con ricadute negative sulla qualità dei servizi pubblici e, inoltre, realizzando la più ovvia delle beffe…le Province continuano ad esistere, seppur con nuove competenze.

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