Il Ministro della Cultura Franceschini vuole sostutire cinema e teatri con la TV?
Malgrado l’assenza di evidenze di trasmissione del virus, la mannaia del DPCM di Conte si è abbattuto su teatri, cinema e sale concerti. Immediata la reazione di operatori, professionisti e lavoratori dello spettacolo che non accettano il ruolo di vittime sacrificali di un governo che, non avendo idea di come contrastare la pandemia, chiude un po’ qui un po’ lì nel nome del sempre valido “‘ndo cojo cojo”. Col risultato che è consentito assistere alla messa (giustissimo ndr.) ma non a un film o a uno spettacolo teatrale.
Oltre alle notevoli conseguenze economiche vi sono quelle non meno gravi sulla diffusione della cultura in un Paese come l’Italia, afflitto da una crisi dell’istruzione sempre più grave e guidato da una classe dirigente tra le più impreparate in occidente.
A fronte di questo inutile sfascio consumato sull’altare dell’impreparazione, il Ministro della Cultura e aspirante Presidente della Repubblica (sic ndr.) ha lanciato un messaggio tutto cuore e lungimiranza: “rivolgo un appello, affinché le emittenti diano ampio spazio a teatro, musica, danza e cinema, non solo attingendo dal giacimento delle repliche, ma anche immaginando e sperimentando nuove produzioni e nuove iniziative”.
Ci pare di vederle le decine di migliaia di compagnie teatrali, associazioni culturali, cooperative, orchestre, complessi musicali colpiti in tutta Italia dal provvedimento che, con pennetta usb in tasca, bussano alla porta delle emittenti per domandare la trasmissione dei propri spettacoli e progetti.
Che dire poi di costumisti, service audio luci, tecnici, attrezzisti, fonici, e tutte quelle professionalità operanti nel mondo dello spettacolo. Ci sarà spazio per loro nelle redazioni tv?
Se poi si vuole promuovere la trasmissione in tv di classici o grandi produzioni internazionali, qualcuno informi il Ministro dell’esistenza di Youtube e della mole di contenuti di tale natura lì presenti. Per il mondo dello spettacolo e della cultura c’è bisogno di Teatri e Cinema aperti non di dichiarazioni estemporanee che, per via delle loro pochezza, risultano perfino derisorie nei riguardi di chi patisce gli effetti di una chiusura arbitraria e ingiustificata.