Il grido silenzioso dei pubblici esercizi italiani.
“Siamo qui, siamo a terra”. In queste poche parole si potrebbe riassumere il sentimento di sgomento degli esercenti italiani, riuniti oggi in piazza del Carmine dalla FIPE Confcommercio Sud Sardegna, in concomitanza con altre 23 piazze italiane, con l’obiettivo di fare sentire la propria voce in risposta alle ultime disposizioni ‘imprenditoricide’ adottate dal Governo Conte con il DPCM del 24 ottobre.
Una manifestazione che, contrariamente alle desuete e fordiste manifestazioni di piazza alle quali le principali sigle sindacali ci hanno abituato nel corso degli anni, non nasce con l’intento di ‘piangersi addosso’ o alimentare un nuovo assistenzialismo di Stato, ma, bensì, richiamare la politica alla responsabilità e alla programmazione razionale dell’organizzazione delle attività economiche nell’era della pandemia, come consigliato nello stesso manifesto della FIPE per il quale esiste “un’altra strada possibile”. Una strada dove l’imprenditore smetta di essere considerato un mero sparring partner da vessare per colmare i vizi della pubblica amministrazione.
Un percorso che riparte dalla manifestazione di piazza del Carmine, un luogo sottratto oggi al degrado per riunire la parte più produttiva della nostra comunità locale. Un’occasione edificante per ascoltare le storie di imprenditori/trici e, soprattutto, di persone capaci di garantire al nostro Paese un fatturato complessivo di 96 miliardi di euro all’anno, nonchè un presidio di occupazione per circa 300mila lavoratori. Patrimonio facilmente erodibile per effetto delle scellerate politiche ‘campate in aria’ del “Governo dell’emergenza”, stando alle stesse previsioni della FIPE, per la quale l’ulteriore imposizione della chiusura alle ore 18 provocherà al comparto una perdita di circa 2,1 miliardi di euro e meno 600mila posti di lavoro.
Un conto che pagherà tutto il Paese, secondo gli esercenti: “Rappresentiamo il luogo del primo caffè, del pranzo d’affari, della cena fra amici e dei luoghi dove la memoria ha fissato i ricordi più intimi delle persone. Siamo anche la parte terminale della lunga filiera dell’agroalimentare italiano e dell’identità italiana. Come possiamo essere definiti attività ‘non essenziali’?”.
Circostanze macroeconomiche a parte, una manifestazione di piazza organizzata dagli imprenditori rappresenta un fatto più unico che raro, segno inequivocabile del raggiungimento di un punto di non ritorno in termini di tenuta sociale.
“Siamo uomini di bottega, non di piazza”, ha commentato Danilo Argiolas, titolare del Caffè Libarium, azienda nota nel territorio cittadino che, nel corso degli ultimi mesi, ha visto ridursi il numero dei dipendenti da 26 a 8: “Siamo d’accordo sul rispetto del valore della salute e sulle misure restrittive se frutto di studi approfonditi, qui, però, da troppi mesi, stiamo vivendo una condizione di incertezza e di scarsa programmazione. Non capisco perchè la nostra categoria debba continuare a essere penalizzata, nonostante l’adeguamento delle strutture ai protocolli di sicurezza e dopo aver ricevuto conferma sui bassissimi numeri dei contagi nel settore dei pubblici esercizi, come rilevato dallo stesso Comitato Tecnico Scientifico”.
In piazza anche tantissimi giovani imprenditori, come Matteo Achenza, 29enne, titolare di ‘Rudolf Polpette’ e ‘MangioGiusto’: “Alla luce di quanto accaduto negli ultimi mesi è facilmente riscontrabile la scarsa programmazione del Governo. Già in estate si parlava di una possibile ripresa della curva dei contagi. Perchè non si è programmato alcun correttivo per tempo? Se si bloccano le imprese – ha concluso Achenza – si ferma la nazione”.
Una nazione che non può più fondare la propria identità nel particolarismo ma che deve ritrovare un sentimento di comunità, come ricordato da Emanuele Frongia, presidente FIPE Confcommercio Sud Sardegna: “Rappresentiamo una comunità, una parte importante del Paese, forse una delle più produttive, ma negli ultimi tempi il nostro comparto è stato erroneamente additato come il capro espiatorio. La colpa però non è nostra: abbiamo adeguato le strutture ai principali protocolli di sicurezza, abbiamo fatto investimenti, ci siamo fatti forza in un momento in cui abbiamo visto calare i nostri già magri fatturati, senza contare che nel periodo dell’emergenza abbiamo continuato a garantire i consueti livelli occupazionali. Oggi – ha aggiunto Frongia – siamo presenti in 24 città italiane per dire a tutto il Paese che ci siamo e per chiedere al Governo di rendere giustizia al nostro settore. A noi si è chiesto un sempre più insostenibile sacrificio che, come pubblici esercenti, abbiamo sostenuto senza mai lamentarci nel corso dell’emergenza, ma, se è vero che siamo una comunità, il sacrificio non può gravare solo sulla nostra categoria”.
Concetto rimarcato dal Presidente Confcommercio Sardegna, Alberto Bertolotti: “Il fatto che gli imprenditori abbiano deciso di manifestare con il ‘sedere in terra’ la dice lunga sulla situazione attuale. Tutti i recenti indicatori portano a prevedere che questa pandemia provocherà più danni della crisi prodotta dal fallimento della Lehman Brothers”.
Tra i rappresentanti delle istituzioni presenti oggi in piazza del Carmine c’era anche il primo cittadino di Cagliari, Paolo Truzzu, per il quale ipotizzare la chiusura del Paese nella speranza di fermare l’epidemia significa condannarlo ad un altro tipo di crisi, quella economica: “Se mancano gli imprenditori, chi garantisce l’occupazione? Senza di voi come possono essere garantiti i servizi pubblici? Siete voi che mantenete i dipendenti pubblici e ve lo dico da dipendente pubblico”.
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