Il biennio nero 1992-1993: la cronistoria di 30 anni di caccia alle streghe.

Un volume di importanza storica per riflettere sullo Stato di diritto in Italia e fare luce sui circa 30 anni di inchiesta – o meglio di caccia alle streghe – aperta nel 1992 dall’allora Procuratore della Repubblica di Palmi Agostino Cordova contro l’Obbedienza del Grande Oriente d’Italia. Una vicenda rievocata ne “Il biennio nero 1992-1993. Massoneria e legalità trent’anni dopo” (Edizioni Perugia Libri), da un autore di eccezione, il Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, Stefano Bisi. 6 lustri di attacchi, inchieste e scandali giudiziari riportati in un perfetto reportage editoriale, capace di portare con mestiere il/la lettore/trice all’interno di uno dei casi giudiziari più eclatanti del nostro paese, tra le maglie della cronaca e della vita.

Stefano Bisi
Stefano Bisi, “Il biennio nero 1992-1993. Massoneria e legalità trent’anni dopo”

Gran Maestro Bisi, volendo usare parole sue, può dirsi conclusa “la caccia alle streghe contro la Massoneria?”.

Ci auguriamo di sí, anche se la massofobia è un male difficile da eradicare, che ha colpito ripetutamente il Grande Oriente d’Italia, che ha dovuto affrontare tante bufere nel corso della storia, bufere che comunque lo hanno reso piu’ forte. La speranza è che l’Italia, che da 76 anni è un paese democratico possa, finalmente, liberarsi da fenomeni di persecuzione illiberale verso segmenti mirati della societá che sono tipici di teocrazie e regimi autoritari, e che nascono dal bisogno di affermare una peculiare visione del mondo politica o religiosa che sia, rispetto ad altre, e di creare consenso, facendo leva su stereotipi, pregiudizi, ignoranza e luoghi comuni, servendosi di  schedature e marchi di infamia.

Umanamente e giuridicamente parlando cosa ha lasciato l’inchiesta?

Giuridicamente quell’inchiesta, che si abbatté sul Grande Oriente tra il 1992 e il 1993 avviata dall’allora Procuratore di Palmi Agostino Cordova non ha portato a nulla. Solo a una mole di carta, costituita da 800 faldoni, rientrati in nostro possesso nel 2017. Documenti sequestrati in tutta Italia a  molti fratelli, che furono vittime di avvisi di garanzia e perquisizioni. Un buco nell’acqua, che si concluse il 3 luglio del 2000 con la firma da parte del gip di Roma Augusta Iannini di un decreto di archiviazione, che demoliva l’intero impianto dell’indagine trasferita nel frattempo nella capitale dalla stessa procura di Palmi. Nell’aprile 2017 quei faldoni tornano a noi e vennero presentati nella Gran Loggia a Rimini. E fu proprio commentando quel recupero che io dissi che quell’inchiesta del 1992 era stata una caccia alle streghe. L’ex procuratore Cordova si sentí diffamato e mi quereló. Nell’ottobre del 2021 il giudice del tribunale civile di Reggio Calabria archivió anche quella denuncia, condannando alle spese il magistrato. Sembra la cronaca di un fatto come un altro. Ma quelle vicende, dal 1992 a oggi, hanno segnato profondamente la vita di alcuni di noi e delle loro famiglie. 

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Per alcuni, questo caso giudiziario ha portato ad una semplice schedatura di massa dei massoni italiani. Da cosa nasce “l’atavica curiosità” per i nomi degli iscritti alle diverse obbedienze massoniche?

La schedatura è sempre qualcosa di aberrante. Il fascismo cominció proprio con lo schedare i massoni, che mise al bando con la legge sulle associazioni del 1925. Poi passó a schedare i dissidenti politici, poi gli ebrei e tutti gli altri. Quella “semplice schedatura” di massa dei liberi muratori, che venne data in pasto all’opinione pubblica tra il 1992 e 1993, fu un trauma tremendo, che si tradusse per molti in una sorta di lettera scarlatta con gravissime conseguenze sulla vita privata e professionale. I massoni venivano additati e trattati come mafiosi. La Massoneria ha sempre incuriosito e ha sempre esercitato fascino per la sua intramontabile missione che è quella di lavorare incessantemente al bene dell’umanitá e alla ricerca della veritá e per essere costituita da uomini senza tempo ma nel tempo, eredi dei costruttori delle cattedrali medievali.

Stefano Bisi
Stefano Bisi

Su questo aspetto, dato che si parla spesso di tutela della Privacy, perché una certa giustizia nel nostro Paese, nonché un condiviso sentire nell’opinione pubblica, ha confermato tante esitazioni in termini di principio verso i massoni?

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Questa è una domanda da porre a chi ha esitazioni nei nostri confronti.

Al di là della vittoria giudiziaria, cosa resta da fare per dare giustizia a coloro che hanno subito un notevole danno morale?

Purtroppo il tempo non è galantuomo. E se la dignità è stata restituita a molti di coloro che furono travolti da quella bufera, giustizia non è stata fatta, perché il danno è rimasto ed è una ferita profonda. Con l’ intreccio mediatico giudiziario si può fare molto male. E’ quel che accadde. L’opinione pubblica, come ho ricostruito nel mio libro, visse quel momento, con poche voci che sostennero che quella vicenda doveva essere approfondita e verificata e dall’altra parte invece un atteggiamento diffamatorio diffuso nei confronti della Massoneria, che partiva dalla Magistratura.

E’ ricorrente nel giornalismo uno scarso interesse verso le archiviazioni rispetto agli scandali giudiziari. Si può rilevare la stessa regola in merito all’esito di questa inchiesta?

La notizia dell’archiviazione del 3 luglio del 2000 dell’inchiesta Cordova venne riportata sette mesi dopo all’agenzia di stampa Agi e fu ripresa da alcuni giornali ma non dalle maggiori testate nazionali, nonostante il vastissimo clamore che aveva accompagnato la vicenda in tutti quegli anni con pesantissime ripercussioni per tanti iscritti del Grande Oriente d’Italia.

In tal caso, da giornalista come valuta l’inerzia degli operatori dell’informazione in tale ambito?

Non la valuto, ne prendo atto. E’ facile giornalismo avere mostri da sbattere in prima pagina.

Secondo lei l’accanimento verso le obbedienze regolari è una conseguenza della difficoltà di identificare le cosiddette logge massoniche ‘spurie’?

Piuttosto é conseguenza di incompetenza e scarsa documentazione. Ma oggi sta emergendo una sensibilitá diversa e i magistrati inquirenti e giudicanti cominciano a fare le debite distinzioni e a parlare di massoneria deviata. E’ una cosa importante. Spesso i danni che la Massoneria subisce sono anche danni derivanti da ignoranza linguistica.

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Cosa troveranno i lettori nel suo volume Il biennio nero 1992-1993 – Massoneria e legalità trent’anni dopo?

La storia di una ferita mai rimarginata, con i suoi strascichi e le sue conseguenze fino ai nostri giorni. La cronaca di anni difficili a partire da quel 20 ottobre del 1992, quando al Vascello, sede nazionale del Goi, arrivarono i Carabinieri mandati dal Procuratore di Palmi  per sequestrare gli elenchi degli iscritti di Calabria e Lazio. Il gran battage mediatico che ne seguí con i giornali che, dal piu’ piccolo al piu’ grande, esplosero  con titoli e titoloni. La macchina del fango che si mise in moto. Ma anche la ricostruzione dello scontro dialettico molto significativo che ci fu tra il filosofo Noberto Bobbio e l’ex presidente della Repubblica  Francesco Cossiga, tra i pochi a denunciare il clima di complottismo, di intolleranza ideologica e teologica e di maccartismo casereccio di quel brutto momento, che culminó nel 1993 anche con l’abbandono del Grande Oriente da parte di  Giuliano Di Bernardo, che ne era alla guida e che si dimise il 13 aprile nel pieno della bufera… per poi, molto tempo dopo, tra il 2014 e il 2017, cominciare a rilasciare dichiarazioni dannose per il decoro e l’immagine dell’istituzione. “Ricordi a scoppio ritardato”, come le definii beccandomi una querela per diffamazione pluriaggravata da parte sua. Un procedimento anche questo conclusosi con l’archiviazione nel luglio 2021. Una ricostruzione sintetica dei fatti attraverso documenti e articoli di giornali, ma anche il ricordo delle perquisizioni all’alba nelle case dei fratelli, delle notti insonni, dei danni non risarcibili, con una certezza, ossia che la veritá non va in prescrizione.