I vincitori del festival Life After Oil.
Si è chiuso a Santa Teresa Gallura, con la cerimonia di premiazione al Cinema Arena, la settima edizione del festival Life After Oil dedicato ad ambiente e diritti umani.
Novantasette i film in concorso, tra corti e lungometraggi di vario genere, proiettati durante la manifestazione che si è sviluppata tra Ottana (3-5 settembre) e Santa Teresa Gallura (8-13 settembre).
A conquistare il premio “Giuseppe Ferrara” (intitolato al noto regista scomparso nel 2016, padrino della prima edizione del concorso ideato da Massimiliano Mazzotta) è stato, come miglior lungometraggio della sezione ambiente, il documentario “Kiruna – A Brand New World” della ceca Greta Stocklassa che racconta di una città svedese costretta a spostarsi a causa degli effetti dell’estrazione del ferro.
Assegnate anche due menzioni speciali: a “Vivere, che rischio” di Alessandro Rossi e Michele Mellara e all’argentino “La vuelta al campo” di Juan Pablo Lepore.
Per quanto riguarda i lungometraggi sui diritti umani il premio è andato al lavoro d’inchiesta firmato dalle sorelle olandesi Ilse e Femke Van Velzen con “Prison for Profit”, su un carcere di massima sicurezza in Sudafrica gestito da privati.
Menzione per l’iraniano “Khatemeh” diretto da Hadi e Mehdi Zarei. Nella nuova categoria dei mediometraggi significativa la vittoria di “The Bajos Won’t Celebrate” dell’iracheno Tariq Akreyi sui membri di una famiglia sopravvissuta a un attacco dell’Isis. Un dramma umano che ha colpito la regista Giorgia Cecere, il documentarista Marco Leopardi e Sergio Stagno, tra i fondatori di Skepto International Film Festival, che avevano il compito di scegliere l’opera migliore della sezione. Menzione speciale a “Jesse: The Funeral That Never Ended” del nigeriano Eromo Egbejule.
Molti poi i cortometraggi in concorso, anche in questo caso divisi per tematiche. Tra quelli legati all’ambiente la giuria ha voluto premiare “Oro blanco” dell’argentina Gisela Carbajal Rodríguez che mostra i danni ecologici dell’estrazione di litio nel deserto di Atacama. La qualità dei lavori ha spinto i giurati ad assegnare anche due menzioni: a “Total” del francese Aurelien Thibault e a “The Meeting” del polacco Piotr Michalak.
Per i diritti umani assume particolare importanza la vittoria del georgiano “Prisoner of Society” diretto da Rati Tsiteladze. Il film racconta in modo particolare la vicenda di Adelina, transgender reclusa in casa. Grazie alla visibilità del corto, che ha girato diversi festival, le cose per lei sono cambiate come rivelato dal video-messaggio di ringraziamento inviato a Life After Oil dalla produttrice: ora Adelina abita in Austria e ha iniziato una nuova vita. Un segnale, commovente, della forza del cinema. Anche in questo caso la giuria ha ritenuto necessario dare due menzioni: all’iraniano “Driving Lessons” diretto da Marziyeh Riahi e al francese “The Hangman’s Place” con la regia di Julien Bertrand.
A completare il palmares altre tre categorie. Per quella World Panorama a tema libero è stato scelto “Sticker” del macedone Georgi M. Unkovski, su un padre il cui amore per la figlia è messo a dura prova da una burocrazia complicata e ingiusta. Da segnalare anche le menzioni a “Bifurcation Point” del russo Leonid Gardash e a “Pipo and Blind Love” del francese Hugo Le Gourrierec.
Quella d’animazione è stata vinta da “O Peculiar Crime do Estranho Sr. Jacinto” del portoghese Bruno Caetano, con i voti della classe di musica elettronica del Conservatorio di Cagliari, e quella sperimentale con il riconoscimento dato dalla Consulta giovanile di Oristano ad “Hide & Seek” del cinese Qunxiang Lin.