I giovani italiani ‘amano’ sempre meno mettersi in proprio! In Sardegna -7,3%.

Chi creerà i posti di lavoro per il futuro? Quali segmenti della popolazione nei prossimi lustri sarà capace di mantenere vivo e competitivo sotto il profilo industriale e, in generale, imprenditoriale il nostro Paese?

Secondo le ultime rilevazioni di Infocamere-Unioncamere, il trend in corsa non è per niente roseo. Dal 2019 al 2022, infatti, le imprese ‘under 35’ sono scese del 9% in Italia, confermando le evidenti difficoltà per i giovani di diventare imprenditori e assicurare, oltre che ricchezza, quel fisiologico ricambio generazionale nel novero della produzione di servizi e prodotti. Una missione che, nonostante il tanto decantato PNRR, con tutte le sue sbavature e azioni per nulla disruptive non sarà in grado di portare al successo.

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Le imprese giovanili (ossia le aziende con la maggioranza dei titolari o soci con meno di 35 anni) rilevate al 31 dicembre 2022 sono circa 522.088, con riduzioni rilevanti rispetto agli anni precedenti: ben 15.829 rispetto ai dati del 2021 (-3,4%) e -38.793 su quelli del 2019 (-9,9%).

Facendo una semplice comparazione, dieci anni fa, le imprese giovanili in Italia erano 697mila, per cui nel periodo 2011-2022, dati alla mano, ne sono scomparse senza essere state rimpiazzate circa 174.914: non male, ironicamente parlando, un rotondo -25.1%.

Soltanto in Trentino Alto Adige, all’interno di questo paradigma terrificante chiamato Italia, ha registrato negli anni valori positivi per l’apertura delle imprese under35. Rispetto al 2019, invece va male in tutte le altre regioni. In Emilia Romagna -1,5%, Piemonte -1,5%, Friuli Venezia Giulia -1,7%, Lombardia -2%, Veneto -3,1%, Liguria -4,7%, Valle d’Aosta-5,5%.

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Peggio, ancora, nelle regioni centrali con il -9% rilevato in Toscana, 10,2% in Umbria e Lazio, fino ad arrivare alle Marche con un importante -14,3%.

Nel Sud Italia, stranamente, viste le progettualità “altamente sfidanti” messe in campo dall’ASPAL, CRP e in generale dalla Giunta Regionale, in Sardegna si rileva il dato più basso: -7,3%, ex equo con la Puglia. Percentuali che aumentano poi in Basilicata (-8,5%), Campania (-9,2%), Abruzzo (-11%), Sicilia (-11,8%), Calabria (-13%) e , con la percentuale nazionale più alta, il Molise -16,5%.

foto Greg Montani da Pixabay