Guerra in Ucraina: cresce il sentimento anti-USA nei Paesi BRICS.

Dopo due anni e quattro mesi, la guerra in Ucraina sta sempre più evidenziando uno scontro politico ed economico globale tra la Russia e l’Occidente guidato dagli Stati Uniti e, soprattutto, un crescente sentimento anti-USA tra i Paesi BRICS, rappresentati da Brasile, Russia, India e Cina, Sudafrica, Egitto, Etiopia, Iran ed Emirati Arabi Uniti.

Una guerra, come indicherebbe un recente saggio di Masahiro Matsumura, Professore di Politica Internazionale e Sicurezza Nazionale all’Università Momoyama Gakuin Daigaku, che rappresenta, quindi, una manifestazione inevitabile della lotta tra la Russia nazionalista e gli Stati Uniti globalisti.

Storicamente, l’Ucraina ha rappresentato, e rappresenta, una problematica area di confine situata tra l’Europa e l’Eurasia. In altre parole, uno Stato cuscinetto strategico.

Già dopo la Rivoluzione Russa, i bolscevichi e le forze pro-europee crearono diverse entità politiche in Ucraina, in gran parte corrispondenti alle suddette sfere storiche di influenza tra potenze europee ed eurasiatiche/russe. I bolscevichi formarono, infatti, la Repubblica Popolare Ucraina dei Soviet (12 dicembre 1917-1918), la Repubblica Sovietica di Odessa (gennaio-marzo 1918) e la Repubblica Sovietica di Donetsk-Krivoy Rog (1918), che furono poi fuse nella Repubblica Socialista Sovietica Ucraina (marzo 1918-1991). La parte pro-europea costruì, invece, la Repubblica Nazionale Ucraina Occidentale (novembre 1918-luglio 1919) che controllava la storica Galizia Orientale. Con il successo dei bolscevichi nella Rivoluzione d’Ottobre, il suo regime rivoluzionario prevalse in tutto l’ex Impero Russo e, dopo il crollo della Repubblica Nazionale Ucraina Occidentale, la RSS Ucraina controllò l’intero Paese che in seguito divenne parte integrante dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS).

Profondamente radicato in questo processo di riunificazione, c’era ovviamente un calcolo strategico del regime guidato da Lenin su come creare uno stato ucraino filo-sovietico con popolazioni multietniche (ucraini, polacchi, ebrei e altre minoranze dell’Europa orientale, nonché russi) che coinvolgeva la divisione storico-politica tra forze politiche filo-europee e filo-russe. Ciò significa che, da un punto di vista sovietico, la chiave stava nel come includere o escludere singole regioni multietniche in un nuovo stato e quindi come mantenere una presenza significativa di popolazioni filo-russe in esso, impedendo la nascita di uno stato filo-europeo.

La nascita della RSS ucraina fu, quindi, un compromesso imposto dal regime guidato da Lenin tra la sua politica della Grande Russia e il nazionalismo ucraino, particolarmente forte nell’Ucraina occidentale. Inoltre, la SSR ucraina è un caso di spicco in cui un nazionalismo potente era stato contenuto e mantenuto latente, coinvolgendo il grande potenziale di conflitto etnico. In questo senso, la causa endogena della guerra attuale in Ucraina è attribuibile alla formazione forzata della SSR ucraina nel primo periodo post-rivoluzionario. 

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Negli Stati Uniti d’America, ancora, la creazione di un primo movimento neocon, fortemente influenzato da esponenti della minoranza ebrea immigrati dalla Galizia, allora parte della Polonia, ora Ucraina, tra cui Irving Kristol, Daniel Bell e Daniel Patrick Moynihan (consigliere del presidente repubblicano Richard Nixon e poi senatore democratico), porto poi verso una politica estera antisovietica in Ucraina, proseguita con la presidenza di Ronal Reagan, dove non mancò l’apporto di esponenti importanti come Jeane Duane Kirkpatrick, Richard N. Perle, Paul Wolfowitz (Sottosegretario alla Difesa per la Politica (1989-1993) sotto la presidenza di George H.W. Bush, nel periodo che comprende la Guerra del Golfo Persico (1990-1991). Proprio Wolfowitz formulò, dopo la Guerra del Golfo, le Linee guida per la pianificazione della difesa, proponendo la prima strategia neocon di linea dura che prevedeva l’uso di un intervento armato verso un unipolarismo statunitense su cui costruire i successivi documenti strategici globalisti. 

In seguito, i neocon hanno svolto ruoli fondamentali sotto la presidenza repubblicana di George W. Bush che aveva adottato una dura linea globalista dopo gli attacchi terroristici dell’11 settembre, comprese le guerre in Afghanistan e Iraq. In particolare, William Kristol, figlio di Irving Kristol, è stato il fondatore e redattore capo di una rivista politica, The Weekly Standard (1995-2018), e ha svolto un ruolo di fulcro per gli individui neocon, fino alla chiusura della rivista nel dicembre 2018. Lui e Robert Kagan, un altro neocon di origine ebraica lituana, insieme a conservatori intransigenti non ebrei, hanno fondato il Project for a New American Century (PNAC), un gruppo di difesa senza scopo di lucro, da cui produrre alti funzionari a livello di gabinetto e sottogabinetto dell’amministrazione G.W. Bush. Concretamente, oltre ai conservatori intransigenti, come il vicepresidente Richard Cheney (2001-2009) e il segretario alla Difesa Donald Rumsfled (2001-2006), c’erano neoconservatori ebrei, come Elliott Abrams (viceconsigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, 2005-2009), Elliot Cohen (consigliere del Dipartimento di Stato, 2008-2009), Scooter Libby (capo dello staff del vicepresidente, 2001-2005), Peter Rodman (assistente segretario alla Difesa per gli affari di sicurezza internazionale, 2001-2007) e Paul Wolfowitz (vicesegretario alla Difesa, 2001-2005), tra gli altri.

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“Dato che tutti questi neocon ebrei hanno svolto il ruolo di pianificatori o creatori di politiche in specifiche aree problematiche o regioni geografiche a livello di sotto-gabinetto o livelli inferiori – secondo Masahiro Matsumura – è improbabile che fossero coinvolti in importanti decisioni strategiche di vasta portata, con una probabile eccezione di Wolfowitz. Piuttosto, sono stati efficaci solo quando allineati con i conservatori intransigenti e i movimenti fondamentalisti evangelici”.

Si arriva poi all’amministrazione Obama (2009-2017) che proseguì la politica globalista statunitense nei confronti dell’Ucraina. Lo stesso Segretario di Stato Hillary Rodham Clinton (2009-2013), fece pressioni sul Segretario di Stato assistente per gli affari europei ed eurasiatici Victoria Nuland (2013-2017) per implementare la diplomazia globalista in Ucraina attraverso interventi e interferenze militari, inclusa la rivolta di Euromaidan, che ha portato a un cambiamento del governo filo-russo di Kiev in uno filo-USA. Nuland, ricorda Matsamura, è “una diplomatica di carriera ma nota come neocon, discendente di immigrati ebrei dell’Europa orientale dalla Bessarabia, contigua all’Ucraina. È la moglie di Robert Kagan, un importante intellettuale pubblico neocon, che è stato un membro idel Consiglio consultivo di politica estera del Segretario di Stato”. Ancora, lo stesso vicepresidente Joe Biden (2009-2017) era stato responsabile della politica ucraina sotto l’amministrazione Obama. Aveva fatto diverse visite a Kiev e aveva avuto contatti estesi con i leader politici ucraini e aveva sostenuto interferenze attive nella politica interna ucraina per quanto riguarda gli emendamenti costituzionali del Paese per l’adesione alla NATO e all’UE. 

Dopo l’invasione russa in Ucraina nel febbraio 2022, l’amministrazione Biden ha continuato una politica globalista iperattiva per sostenere gli sforzi bellici dell’Ucraina contro la Russia attraverso aiuti militari e di altro tipo. Sotto il Segretario di Stato Antony Blinken, che era consigliere per la sicurezza nazionale dell’allora vicepresidente Joe Biden (dal 2009 al 2013), Victoria Nuland, sotto il Segretario di Stato per gli Affari Politici (2021-2024) e vicesegretario di Stato facente funzione (luglio 2023-febbraio 2024), aveva svolto un ruolo di primo piano nella politica di guerra in Ucraina. Blinken è noto come un globalista che discende da immigrati ebrei dall’Europa orientale e il suo bisnonno da Kiev. Inoltre, va notato che l’Institute for the Study of War (ISW), un think tank con sede a Washington DC, ha assunto una forte posizione politica anti-russa e ha fornito analisi dettagliate sulla guerra, in linea con la strategia globalista dell’amministrazione Biden e la politica di guerra in Ucraina.

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Quindi, la collisione frontale della Russia con gli Stati Uniti globalisti è inevitabile perché la Russia di oggi segue un approccio nazionalista alla politica estera e di sicurezza come risultato della prima scelta sovietica del socialismo a stato unico rispetto al comunismo internazionale.

Pertanto, secondo l’autore del saggio, l’attuale confronto tra Stati Uniti e Russia, in particolare la guerra in Ucraina, dovrebbe essere compreso nel contesto di “globalismo contro nazionalismo”. La narrazione dominante di democrazia contro autoritarismo è fuori luogo, ma può essere utile per la propaganda di guerra per rafforzare la solidarietà tra le democrazie liberali dell’Occidente guidato dagli Stati Uniti contro la Federazione Russia.

Anche dopo una sconfitta sul campo di battaglia ucraino, l’Occidente guidato dagli Stati Uniti potrebbe continuare il suo confronto geopolitico globale con la Russia, mentre il Sud del mondo si rifiuta di schierarsi con l’Occidente. Approccio che sta indebolendo ulteriormente l’Occidente guidato economicamente e politicamente dagli Stati Uniti.

Paese che dovrebbe, invece, passare dall’iper-globalismo al realismo prudente nella politica mondiale. Ovvero fare un “passo indietro”. In questo senso, le prossime elezioni presidenziali statunitensi nell’autunno del 2024 sono molto importanti per giudicare il corso nel prossimo futuro dell’Occidente guidato dagli Stati Uniti nella politica mondiale.

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