Giovani: le vittime dell’apartheid italiana.

Se in un qualsiasi Paese democratico una categoria di elettori venisse privata del diritto di candidarsi probabilmente assisteremmo a un’ondata di indignazione globale. Una situazione analoga in Italia è sancita dalla Carta Costituzionale che preclude l’accesso alla Camera dei Deputati ai minori di 25 anni e al Senato ai minori di 40. Cosa ancor più grave, lo stesso diritto di voto attivo è attualmente limitato su base anagrafica. Ai minori di 25 anni non è infatti consentito votare per l’elezione del Senato. In 70 anni di storia repubblicana molte cose sono cambiate ma questo retaggio di un’epoca remota ancora permane.

Nello scorso mese di luglio, dopo decenni di attesa e proposte, si è cercato di mettere mano alla cosa abolendo in prima lettura (ne serviranno altre 3) il requisito del compimento dei 25 anni d’età per il voto al Senato. Le altre proposte di estensione dei diritti di voto passivo (vale a dire il potersi candidare) a tutti i maggiorenni sono state invece cassate. Fatichiamo a comprendere le motivazioni visti i casi sempre più frequenti di membri di governo under 40. Nessuna limitazione di questa natura è del resto prevista per importanti istituzioni quali il Parlamento Europeo o i Consigli Regionali. Analogamente, in nessun Paese occidentale ritroviamo simili limitazioni.

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Senato della RepubblicaÈ inutile dire che il dibattito su questa riforma si è svolto nel disinteresse totale dell’opinione pubblica. Complici l’estate e la crisi di governo, la discussione sul provvedimento che avrebbe potuto correggere una grave stortura anti democratica è presto finita nel dimenticatoio. La questione, tuttavia, rimane irrisolta in tutta la sua gravità. L’Italia non è un Paese per giovani, ce lo siamo dati più volte. La Costituzione lo sancisce con la limitazione dei diritti democratici delle nuove generazioni. È tempo di cambiare questo stato di cose che prefigura una vera e propria apartheid a danno dei giovani. Ma se non saranno proprio loro, i giovani, a richiederlo  temiamo che niente cambierà.

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Foto di Marco Wolff da Pixabay

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