Giovani insicuri: 1 su 7 teme di non ambientarsi all’estero.

Senso di solitudine e shock culturale restano le principali preoccupazioni per i giovani intenzionati a migrare all’estero. A evidenziarlo è Studey, la community degli studenti italiani all’estero, secondo la quale il 72% degli studenti/esse dichiara di avere disagio pensando all’idea di studiare fuori dai confini nazionali.

Un trend, che conferma la scarsa forza e propensione al sacrificio delle nuove generazioni (cresciute nel cosiddetto framework del “falso benessere digitale”), confermato dalla richiesta di aiuto per gestire l’impatto emotivo alle università e associazioni per studenti inviate da 8 studenti all’estero su 10.

Giovani, quindi, emotivamente incapaci e che non possono che cercare aiuto nel prossimo, essendo sprovvisti di senso critico e proattività, ricordando la necessità di apportare misure d’urto all’interno delle agenzie di socializzazione primaria, a partire dalla famiglia.

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Nel frattempo anche una piccola goccia nel mare può aiutare, come ricorda Studey che ha condiviso una serie di suggerimenti pratici per aiutare chi si appresta a studiare all’estero a vivere l’esperienza con maggiore tranquillità.

“Siamo tutti sulla stessa barca – reca la nota di Studey – è normale sentirsi soli quando si sta per intraprendere un’esperienza del genere. Si provano molte paure e ansia e spesso non si ha con chi condividerle. Bisogna chiedere aiuto appena si ha bisogno. Sfortunatamente in tante realtà italiane non viene promosso il supporto e l’assistenza agli studenti. Spesso i ragazzi ammettono di essersi sentiti giudicati perché hanno alzato la mano in classe o perché hanno richiesto di ripetere. All’estero l’ambiente è completamente opposto: tutti i membri dello staff sono a completa disposizione per gli studenti e faranno il possibile per aiutarli. Inoltre le università hanno un dipartimento intero per il supporto accademico, uno per il supporto lavorativo e uno per il supporto psicologico”.

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Tra i consigli di Studey lo studio nelle aree comuni/biblioteca: “La maggior parte degli studenti italiani è abituata a studiare e memorizzare in camera propria in silenzio. L’università invece propone un nuovo metodo di studio, basato per lo più su lettura e scrittura. Per questo motivi si vedono molti studenti lavorare al pc in caffetterie, biblioteche e zone comuni universitarie”.

Nel nostro Paese, ricordano i fondatori di Studey, spesso gli studenti sono abituati a non fare domande per non essere giudicati da insegnanti e compagni di corso. Oltre a questo non sempre sanno a chi rivolgersi.