Giovani e agricoltura, Stefano Patuanelli: “Solo l’8% ha meno di 40 anni”.

“Uno dei compiti principali in tema di sosteniblità agricola è attrarre i giovani. Nel settore sono solo l’8% gli imprenditori agricoli con meno di 40 anni (11% in Europa)”. Una criticità che per il ministro per le Politiche agricole, Stefano Patuanelli, si risolverà con l’innovazione, come emerso nel corso del suo intervento al G20 Side Event ‘Creativity and Innovation for the Circular Economy”, organizzato dal World Food Forum: “Molti giovani – secondo l’esponente del Governo Draghi – si avvicinano all’agricoltura perché percepiscono il potere dell’innovazione: dall’agricoltura di precisione e quindi dall’utilizzo di sistemi di sensoristica di monitoraggio, all”uso dei droni e dei sistemi ad intelligenza artificiale per l’irrigazione collegata con le previsioni meteo e la possibilità di utilizzare meno fitofarmaci e antiparassitari chimici perché il sistema di sensoristica dice esattamente quali sono le piante che hanno avuto un attacco di parassita”.

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In sintesi, l’ennesimo intervento sul ‘sesso degli angeli’ che esprime, probabilmente, l’ingenuità del ministro per la questione ‘ricambio generazionale in agricoltura’ oppure l’esigenza di omettere i veri problemi per l’insediamento dei giovani imprenditori, quali burocrazia, mancanza di adeguati appezzamenti di terreno, la mancanza di risorse proprie e, in generale, la squilibrata allocazione delle risorse in questo Paese, dove le principali poste vengono costantemente erogate per il famigerato “circuito della formazione”, a scapito del sostegno alla fase di start-up dei piani di impresa dei giovani. Un sistema, quello della formazione, capace in molti casi di produrre certificati senza alcuna reale incisività per l’inserimento di nuove forze nel sistema economico, come dimostrato in Sardegna dal programma Rural Trainer, caldeggiato dalla vecchia Giunta Pigliaru. Il paradiso dell’autoreferenzialità formativa.

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Caro ministro, non è l’innovazione la chiave di volta che permetterà di aumentare la percentuale di giovani agricoltori nel Paese, ma la puntualità nei pagamenti delle sovvenzioni in agricoltura, la pubblicazione di bandi per la concessione di appezzamenti di terreno che facilitino lo sviluppo di una sostanziale produttività agricola, ponendo fine ai bandi di affidamento per i soliti miseri 2-3 ettari di terreno (quando va bene) e, ancora, intervenire sull’ostacolo dell’accesso al credito per dare ai giovani la possibilità di avviare un’attività d’impresa con le proprie gambe, piuttosto che impegnare le forze fresche del Paese nella disperata ricerca di un garante. Azione possibile decidendo una buona volta di battere i pugni sull’attuale normativa sugli aiuti di Stato, dato l’interessamento diretto di Patuanelli, in sede di Consiglio dell’UE.

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Certamente l’innovazione può aiutare a sviluppare il business agricolo ed è auspicabile l’introduzione di tecnologie capaci di rendere più produttiva e sostenibile l’agricoltura nazionale ma a cosa può servire l’innovazione quando i problemi per l’insediamento dei giovani agricoltori sono strutturali? Come si può ragionare sui droni quando non si hanno neanche le risorse per la movimentazione della terra?

Ragionamenti di puro buon senso che però cozzano con le ridondanti dichiarazioni ministeriali e con l’iniquo paradigma italiano per i giovani imprenditori, perennemente condannati al principio del “fondo perduto per chi ha garanzie”.

foto Mise.gov.it