Giovani: apprendistato nella Pubblica amministrazione. Storia di un altro flop.

Si registra in Italia l’ennesimo flop per le politiche di inclusione dei giovani. Nulla di nuovo! Si continua, infatti, a voler calare dall’alto iniziative per nulla “disruptive” e non discusse in fase di pianificazione con i giovani italiani. Non sorprende, dunque, che a cadere stavolta sia stato il programma per l’apprendistato nelle pubbliche amministrazioni italiane.

Le ultime due sperimentazioni, lanciate dalla Funzione Pubblica nel 2021 e 2023, come previsto, non hanno rilevato alcun seguito di nota. Tra ritardi prodotti dalla “solita macchina burocratica” italiana e pochi posti messi a bando, infatti, si è parlato tanto (come non ricordare le dichiarazioni del ministro della Funzione Pubblica, Zangrillo) e concluso poco.

Sperimentazioni, quelle degli ultimi anni, in cifre, che hanno portato nella PA soltanto 94 giovani con la formula dell’apprendistato. Meno male che si doveva puntare al ricambio generazionale e all’inclusione dei giovani nel settore pubblico. Tutte fesserie!

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Nel frattempo, l’età media nella PA – già di per se inefficace – continua ad aumentare, rendendo sempre più complicato il processo per la realizzazione di una Pubblica Amministrazione moderna e digitale. Non si chiede, qui, di raggiungere i livelli dell’Estonia o della Finlandia, ma neanche continuare a ragionare in presenza di una Pubblica Amministrazione anacronistica e non al passo con i tempi.

Problemi che, in un contesto dove si naviga a vista e senza cognizione di causa, non risparmia nessuno, nemmeno le Università italiane, dove l’orientamento fa sempre più pena e dove anche le organizzazioni convenzionate per ospitare tirocinanti difficilmente possono ospitare studenti e studentesse per avviare una esperienza di tirocinio in azienda. Nonostante ciò, alle Università italiane continuano a non mancare i finanziamenti milionari per l’orientamento e il tutoraggio. Ma questa è un’altra storia…

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Sperimentazioni, tornando all’apprendistato, avvenute anche in deroga al regime ordinario del programma, configurando la collaborazione dei giovani nella PA, più come un internship senza la previsione di una attivazione di un rapporto di lavoro con le amministrazioni pubbliche, producendo, conseguentemente, un contesto non idoneo a offrire garanzie formative ai partecipanti ne alcuna possibilità di inserimento stabile nella PA al termine della sperimentazione.

Alcuni bandi per l’apprendistato dei giovani avviati dalle PA, ancora, sono andati anche oltre il limite anagrafico dei 29 anni, allargando la platea agli over30. Aspetto reso possibile, ovviamente, dalla assenza di una puntuale indicazione da parte del Legislatore italiano. Di conseguenza, ogni amministrazione si è sentita libera di fare a modo proprio, offuscando il senso dell’apprendistato.

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Ma, l’aspetto che dovrebbe fare più riflettere, è stata l’assenza della formazione nei cosiddetti percorsi di apprendistato dei giovani nella PA. Un autentico paradosso che solo l’Italia può offrire. Pochi, infatti, sono stati i bandi che hanno previsto moduli formativi appositi, relegando, di fatto, la formazione in apprendistato quale elemento accessorio.