Giorno della memoria e le tante tragedie dimenticate (e poco conosciute) dai giovani.
“Mai più’ è adesso” ha dichiarato oggi la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, alla vigilia della Giornata internazionale dedicata alla memoria delle vittime dell’Olocausto.
Commemorazione, in programma domani 27 gennaio, dedicata alla memoria delle vittime dell’Olocausto e al 79° anniversario della liberazione del campo di concentramento nazista di Auschwitz-Birkenau.
“Dopo gli spregevoli attacchi terroristici perpetrati da Hamas contro Israele il 7 ottobre 2023 , la commemorazione dell’Olocausto ha assunto un nuovo significato. Gli ebrei europei vivono ancora una volta nell’ansia: nessun genitore dovrebbe aver paura di mandare i propri figli a scuola. Gli ebrei subiscono bullismo, molestie e attacchi nelle strade, nelle scuole e nelle università. Le sinagoghe sono state vandalizzate. L’ esplosione senza precedenti di atti antisemiti a cui abbiamo assistito in tutta Europa ci ricorda il periodo più buio della nostra storia. Ciò che è diverso oggi, tuttavia, è che stiamo tutti dalla parte delle comunità ebraiche. Non c’è posto per l’odio antisemita , soprattutto qui in Europa. E nulla giustifica l’antisemitismo .Tre generazioni dopo l’Olocausto, dobbiamo garantire che la vita ebraica continui a prosperare in pubblico”.
Nulla contro tali dichiarazioni, si potrebbe, però, fare di più per sostenere la comprensione dei fenomeni discriminatori fino ad arrivare alla condanna consapevole dei genocidi. Un’azione complessa che richiederebbe maggiore equilibrio da parte della stessa presidente della Commissione e dalle diverse agenzie e istituzioni europee.
Iniziative, i famosi programmi europei, i progetti per elevare la conoscenza sui regimi totalitari e sulle vittime della dittatura e le tante altre ‘pie’ iniziative portate (onerosamente) avanti negli anni, che non sembrano aver condotto verso una generalizzata “awareness” sulle tante tragedie dimenticate (e non) in Europa.
Ricorrenze che se accompagnate da un maggiore slancio pluralista (e meno autoreferenziale), potrebbero sostenere una maggiore spinta critica verso l’acquisizione di valori umani diffusi e di realtà incontrovertibili.
Elementi, forse, difficilmente comprensibili all’interno di una Commissione europea incapace di elaborare le tante sollecitazioni inviate, con fastidiosa ricorrenza, da una delle principali istituzioni europee, il Parlamento, e, soprattutto, dalla stessa società civile.
Se poi si aggiunge anche l’irrinunciabile sensazionalismo e un processo di newsmaking votato a ridurre il visus dei cittadini e delle cittadine europee, specialmente dei giovani, non dovrebbe sorprendere che l’attuale azione mirata a smuovere le coscienze verso i valori dell’universalismo e della reciproca comprensione, non può portare a risultati di impatto e di lungo periodo.
Non bisognerebbe, quindi, sorprendersi di tale trend, vista anche l’ormai dimenticata guerra in Ucraina e il crescente disinteresse verso la questione geopolitica che ha fatto tremare l’Europa negli ultimi due anni, da parte della stampa mainstream, notoriamente interessata a ricalcare ciclicamente eventi ed episodi della (parziale) storia dell’uomo.
Nel periodo della commemorazione (legittima) del Giorno della memoria, ancora, non dovrebbe sorprendere l’assenza di un qualsiasi accenno alle tante tragedie (dimenticate) della storia contemporanea, a partire dagli eccidi delle foibe, dall’esodo giuliano-dalmata, e fino ad arrivare, giusto per fare altri esempi, agli oltre due milioni di morti prodotti dalla dittatura della Repubblica Popolare di Kampuchea in Cambogia e dei genocidi avvenuti nei Balcani negli anni ’90.
Una lista lunga e dimenticata che non gode e godrà, evidentemente, di alcuna ricognizione da parte di Ursula, visto (a cascata) anche l’impianto dei programmi europei per la commemorazione degli eventi più tragici della storia europea, confermando, se mai ce ne fosse stato bisogno, la poca sostanzialità della narrazione europea sui diritti umani, lo Stato di diritto e della cosiddetta ‘memoria’.
Nel frattempo passano gli anni e l’impressione che la consapevolezza sulla comune tragedia umana sia sempre più votata a passare in secondo piano, per non dire nel dimenticatoio, è un dato decisamente oggettivo, con buona pace dei vinti e delle vittime.
Una narrazione, probabilmente, capace di preparare il terreno per quel famoso copione internazionale fatto di “guerre preventive”, “assistenze alla difesa di questo o quel Paese”, “difesa degli alleati anche quando non rispettano le risoluzioni dell’ONU”, sempre più agli antipodi verso la genuina e auspicata assistenza alla comprensione delle reali cause delle tensioni in Europa e nel Mondo. Azione che potrebbe, più dei ricorrenti e per ampi versi stucchevoli interventi degli esponenti della Commissione europea, aiutare a prevenire certe derive autoritarie, per lo meno tra i membri della società civile, ovvero i cittadini/e.
Nell’attesa che i treni dei giovani, oltre che andare in Polonia, si possano un giorno dirigere anche a Sarajevo, Banja Luka, Visegrad, Srebrenica, Phnom Penh e nei tanti siti delle tragedie umane, si spera che le call dell’Unione europea si aprano al sostegno di iniziative sostanziali per lo sviluppo del pensiero critico dei giovani.
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