La controriforma di Giorgia (l’ennesima).
Diceva Benedetto Croce che l’Italia è sempre stato il Paese delle controriforme e mai quello delle riforme. Se escludiamo la stagione del Risorgimento, è difficile confutare il pensiero del grande filosofo liberale.
Con tutta probabilità, le elezioni del 25 settembre daranno all’Italia il primo governo guidato da un partito di destra della storia repubblicana. La prospettiva, data per certa, ha da tempo messo in moto il trentennale stupidario della sinistra. “Minaccia per la democrazia”, “fascismo alle porte”, “diritti in pericolo”.
Nessun timore, il 26 settembre non ci sarà la sospensione della costituzione e la polizia non perseguiterà onesti cittadini. Cosa che, al contrario, si è verificata durante la gestione comunista della pandemia. Al contrario, la vittoria di Giorgia Meloni darà in tutto e per tutto esiti simili, se non coincidenti, a quelli che si sarebbero avuti con una vittoria di Letta e del centrosinistra.
Qualcuno, nei mesi scorsi, ha timidamente azzardato paragoni con l’epoca di Reagan e Thatcher che, nei primi anni ’80, riformarono radicalmente Stati Uniti e Gran Bretagna. La stessa Meloni, in passato, e parsa dare adito a tali letture, partecipando ad alcune conferenze del Partito Repubblicano.
Del resto, in un Paese vecchio ed estenuato come il nostro, terz’ultimo in Europa per libertà economiche, intriso di burocratismo, sindacalismo, afflitto da un’endemica incapacità di produrre innovazione e ricchezza, niente sarebbe più provvidenziale di una stagione di riforme liberiste in grado di liberare le troppe energie imprigionate.
Le cose, tuttavia, sono differenti. Le dichiarazioni del dirigente di FDI Fabio Rampelli, contrario alla privatizzazione di ITA nel nome dell’italianità dei buchi in bilancio a carico del contribuente, da la misura della visione di governo di Fratelli d’Italia. Cosi come la danno le posizioni assunte riguardo a taxi, concessioni balneari e, in generale, ogni volta che vi sia stato da scegliere tra libera concorrenza e statalismo.
Fratelli d’Italia, non ha rinunciato, e non lo farà, alle sue radice corporativista e dirigista. In questo, come in molti altri aspetti a partire dalla giustizia, condivide la medesima impostazione illiberale della sinistra. In attesa quindi della mai avvenuta riforma, prepariamoci il 26 settembre a salutare l’ennesima controriforma.
foto Jose Antonio