Formazione, Italia sotto la media europea.

Una nazione, rispetto alle altre nazioni europee, dove la formazione è sentita sempre più come strumento accessorio, piuttosto che sostanziale per lo sviluppo del capitale umano. E’ questo il pessimo ritratto che emerge dalla relazione sullo stato del mercato del lavoro redatta da Anpal (Agenzia Nazionale delle Politiche Attive del Lavoro) in collaborazione con il ministero del Lavoro e la Banca d’Italia.

Se, da un lato, ricordano i ricercatori, il bilancio del 2022 è ampiamente positivo grazie all’attivazione di circa 380mila posizioni lavorative che superano quelle registrate nel 2019, dall’altro il Cnel (Consiglio Nazionale Economia e Lavoro), nella sua ‘relazione sul mercato del lavoro 2022’ parla di oltre 4 milioni di lavoratori necessari al Paese nel quinquennio 2022/2026 considerate sia le nuove assunzioni (circa 1,4 milioni nel periodo) sia il turn-over con il rimpiazzo dei pensionamenti che peseranno sulla forza lavoro necessaria per il 70%.

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Non dovrebbe sorprendere ancora il grande problema delle aziende italiane, in crisi nell’azione di recruitment nell circa 75% dei casi, data l’assenza di lavoratori qualificati e il solo 37% degli adulti impegnato in percorsi di formazione continua.

In Eurpopa, sempre secondo i dati Anpal, il Paese che più si adopera alla qualificazione dei propri lavoratori è la Svezia, seguita dalla Finlandia e dall’Olanda. L’Italia, nonostante un graduale miglioramento degli ultimi tre anni, rimane sotto la soglia della media europea, posizionandosi al 15esimo posto con una percentuale del 9,9% della popolazione tra i 25 e i 64 anni che partecipa costantemente a corsi di formazione e di qualificazione professionale.

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Evidente (forse non al Governo centrale e in alcune regioni in presenza di inutili – per quanto prodotto – Agenzie per il Lavoro), la necessità di attivare processi virtuosi sia per gli occupati sia per gli inoccupati. Quale garanzia potrà offrire il nuovo progetto GOL, il Fondo europeo di sviluppi regionale, quello di adeguamento alla globalizzazione, il Programma InvestEu e il Fondo Nuovo Competenze, se gestito con le solite logiche “burine” e “autoreferenziali”, inseguendo percorsi di formazione desueti e non in linea con le necessità del mercato?

Anche dalle parti della Giunta Solinas, qualcuno in questi hanno ha maturato la consapevolezza (parrebbe proprio di no visto le iniziative “altamente sfidanti” messe in campo nel corso della legislatura in corso), che investire nella preparazione professionale è indispensabile per dare risposte sia ai giovani sia ai meno giovani e al mercato del lavoro italiano per non perdere in competitività?

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