Food citizenship, il contributo alla diffusione di modelli alimentari più sostenibili.

I temi legati alla qualità e al valore del cibo, alla salvaguardia del pianeta ed al cambiamento climatico, sono ormai di straordinaria attualità: ma quanto si traducono poi in scelte consapevoli e comportamenti corretti?

A rispondere a questa domanda interviene la Food Citizenship, o cittadinanza alimentare, capace di assicurare una maggiore interazione fra il mondo produttivo e i cittadini/consumatori per accrescere la consapevolezza dell’impatto che i diversi sistemi di produzione agricola possono avere sull’ambiente, prendendo in considerazione non solo le pratiche agronomiche, ma soprattutto il ruolo svolto dall’utilizzo di risorse naturali da parte dell’intera filiera agroalimentare.

Il cambiamento di paradigma di cui si sente parlare, quindi, passa per un totale ripensamento dei sistemi agroalimentari, orientandoli verso il diritto al cibo, la valorizzazione della territorialità e la protezione degli agroecosistemi dal degrado.

LEGGI ANCHE:  Ersu Cagliari, Francesco Stochino: "Basta studenti di serie B".

Secondo un recente studio del CREA “Food Citizenship as an Agroecological Tool for Food System Re-Design“, pubblicato sulla rivista internazionale Sustainability, le persone con un approccio più responsabile nei confronti dell’ambiente risultano essere più consapevoli dell’impatto delle proprie scelte di spesa alimentare sulla biodiversità e sul riscaldamento globale. Ne fanno parte le classi di età più giovani (il 9% di età 18-29 e il 37,2% di 30-49 anni contro, rispettivamente, il 6,2% e il 26,3% dell’altro gruppo). I più attenti alle conseguenze delle loro scelte hanno, inoltre, manifestato una maggiore sensibilità nei confronti degli aspetti sociali dei propri acquisti alimentari, rivelando, in particolare, una minore attrazione nei confronti delle offerte promozionali (solo il 23%, infatti, ne ha riconosciuto l’importanza, contro il 40% dell’altro gruppo), probabilmente anche perché producono effetti potenzialmente svantaggiosi per i produttori agricoli, l’anello più debole e con minore potere contrattuale nel sistema agroalimentare moderno. I più attenti sono anche quelli che consumano più ortaggi e  verdura biologiche (31,4% li consumano sia diverse volte al mese che diverse volte a settimana,) e da più tempo (50% contro il 22,4%) e con una maggiore disponibilità a pagare un prezzo più alto, rispetto ai prodotti alimentari convenzionali (76,3% contro il 67,3% sono disponibili a pagarli il 25% in più; l’8,8% contro il 2,6% anche il 50% in più).

LEGGI ANCHE:  La Sardegna resta in zona arancione.

“Lo studio della consapevolezza alimentare dei consumatori – ha commentato Fabio Tittarelli, ricercatore del CREA Agricoltura e Ambiente e coordinatore dello studio – è il primo passo verso un cambio di paradigma che porta le persone a percepire se stessi non più come semplici consumatori volti a soddisfare dei bisogni personali, ma come dei cittadini che consumano cibo, associando all’acquisto di cibo una dimensione etica e sociale a garanzia di tutti gli attori della filiera. È in questa ottica che l’implementazione del concetto di Food Citizenship può essere considerato uno strumento dell’agroecologia, utile per ri-disegnare l’attuale sistema agroalimentare”. 

foto niekverlaan da Pixabay