Fondo per le politiche giovanili 2022: firmato il decreto di riparto.
E’ stato firmato dalla ministra Fabiana Dadone il decreto di riparto del Fondo per le politiche giovanili per l’anno 2022. Il provvedimento, ricordano dal Dipartimento, destinerà circa 82 milioni di euro per gli interventi realizzati dal Governo e dagli enti territoriali nel settore della gioventù.
Alle misure, azioni e progetti di rilevanza nazionale andrà il grosso delle risorse previste dal Fondo, pari al 49% (circa 39.613.752,00). Dotazione, si legge nel decreto, che andrà a finanziare la realizzazione di programmi di “inclusione sociale dei giovani con particolare riferimento ai Neet”. Un’azione, si spera, possa essere intrapresa con maggiore qualità rispetto a quanto rilevato in occasione delle ultime iniziative autoreferenziali – quanto improbabili – promosse per i giovani Neet dal Ministero per le Politiche giovanili.
39,6 milioni di euro con i quali il Dicastero proverà a sostenere “un piano per rafforzare e certificare le competenze dei giovani, favorire la transizione scuola-lavoro e la cultura imprenditoriale dei giovani”. Azione che andrà a finanziare, con molta probabilità, il solito ‘circuito della formazione’ a scapito della cosiddetta ‘fase della performanza’. Aspetto facilmente rilevabile con riferimento all’imprenditoria giovanile dove, a fronte di miliardi di euro investiti annualmente in progetti di formazione, continuano a permanere numerose barriere per i giovani imprenditori italiani, prima fra tutte l’accesso al credito e l’assenza di risorse proprie. Meglio, quindi, investire miliardi per diffondere una cultura d’impresa, salvo poi non offrire alcuna possibilità concreta per mettere in pratica quanto imparato. Un paradosso confermato anche all’interno del ‘salvifico’ Pnrr partorito dall’Esecutivo Draghi e approvato dalla Commissione europea.
Puntuale, inoltre, la riproposizione di progetti per la promozione dei valori dello sport, dell’olimpismo e del paralimpismo che, secondo una narrazione a dir poco ipodermica, dovrebbero “favorire la diffusione di stili di vita salutari e sostenibili, l’aggregazione e l’inclusione sociale dei giovani”. Semplicistiche relazioni di causa-effetto evidenziate anche nel successivo punto collegato alle attività “mirate a sostenere la partecipazione attiva dei giovani alla vita sociale e politica”. Una missione decisamente ardua riflettendo sul tenore comunicativo dell’attuale Governo in materia di politiche giovanili, per nulla autocritico verso un sistema Paese nemico della gioventù e dello sviluppo individuale e professionale delle nuove generazioni.
Risorse, ancora, che andranno a sostenere la diffusione della Carta Giovani Nazionale sul territorio: lo strumento dell’Esecutivo Draghi “finalizzato a promuovere una migliore qualità della vita delle giovani generazioni”. Ogni commento in merito non può che lasciare interdetti eufemisticamente parlando.
Riflessioni a parte, come rilevato nel decreto, continua a mancare un criterio di qualità oggettivo per lo sviluppo di politiche giovanili sostenibili e di impatto. In particolare, è confermata l’assenza del requisito della progettazione partecipata tra Enti locali e organizzazioni giovanili. Mancanza capace di sostenere puntualmente la riproposizione di inutili (quanto dispendiose e autoreferenziali) iniziative spot per i/le giovani italiani/e.
Continuando sul tema dello scarso impatto delle politiche pubbliche per i giovani – nonché della loro frammentarietà – per l’anno 2022, alle Regioni e alle Province Autonome andrà il 26% del Fondo (21.765.116,00 euro), alle città metropolitane il 22% (circa 18,4 milioni), alle province il 3% (per uno stanziamento di 2,5 milioni) mentre una quota non superiore al 10% delle risorse per progetti di rilevanza nazionale potrà essere destinata “ad attività strumentali necessarie per imprimere una maggiore efficacia all’azione del Governo nell’attuazione delle iniziative rivolte alle giovani generazioni”. Tradotto attività di studio, ricerca, supporto specialistico, valutazione tecnica e monitoraggio dei progetti.
Il tasso di innovatività del Governo nel settore della gioventù continua, quindi, a mantenersi decisamente basso e, in assenza di un dibattito pubblico da parte delle forze politiche e dei cosiddetti “organi consultivi dei giovani”, sarà difficile alzare il tiro nel 2023.
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