Fondi per la ripresa: i Paesi Ue hanno attinto a meno di un terzo delle opportunità disponibili.

Nei primi tre anni del dispositivo per la ripresa e la resilienza (RRF), istituito dall’UE con una dotazione di 724 miliardi di euro, si sono osservati ritardi nell’erogazione dei fondi e nell’attuazione dei progetti.

È così messo a rischio il conseguimento degli obiettivi tesi ad aiutare la ripresa dei Paesi UE dalla pandemia di COVID-19 e ad accrescere la resilienza di questi ultimi, stando a una relazione della Corte dei conti europea.

Nonostante il progredire del tasso dei pagamenti eseguiti dalla Commissione europea, gli Stati membri potrebbero non essere in grado di attingere ai fondi o assorbirli per tempo, completare le misure previste prima dello scadere dell’RRF nell’agosto 2026 e, quindi, godere dei benefici economici e sociali attesi.

“Un assorbimento tempestivo dell’RRF è indispensabile: aiuta a evitare strozzature nell’esecuzione delle misure verso la fine del ciclo di vita del dispositivo e riduce il rischio di spese inefficienti e irregolari”, ha dichiarato Ivana Maletić, membro della Corte responsabile dell’audit. “Lanciamo un segnale d’allarme, perché a metà percorso i paesi UE avevano attinto a meno di un terzo dei finanziamenti previsti ed erano avanzati per meno del 30 % verso i traguardi e gli obiettivi prefissati”.

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Per contro, un aspetto positivo è che, grazie a un prefinanziamento massimo del 13 % dell’importo erogabile agli Stati membri, è stato possibile versare rapidamente più fondi all’inizio, in linea con le finalità della risposta alla crisi.

La Corte critica però il ritmo con cui da allora si è fatto ricorso al grosso dei fondi. A fine 2023, erano stati trasferiti solo 213 miliardi di euro dalla Commissione alle casseforti nazionali. Non è detto poi che questi soldi siano arrivati ai destinatari finali, fra cui imprese private, società pubbliche di servizi energetici e scuole. Di fatto, quasi la metà dei fondi RRF erogati ai 15 Stati membri che hanno fornito le necessarie informazioni al riguardo non aveva ancora raggiunto i destinatari finali.

Istituito nel febbraio 2021, l’RRF (il Pnrr in Italia) finanzia riforme e investimenti negli Stati membri dell’UE, a partire dall’insorgere della pandemia nel febbraio 2020 fino a fine agosto 2026. È incentrato su sei settori prioritari, tra cui la transizione verde e la trasformazione digitale. I Paesi possono ricevere i fondi in funzione dei progressi compiuti.

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Quasi tutti i Paesi hanno presentato in ritardo le richieste di pagamento alla Commissione, spesso a causa dell’inflazione o di carenze di approvvigionamento, di incertezze circa la normativa ambientale e di una capacità amministrativa insufficiente. A fine 2023 era stato presentato il 70 % delle richieste previste e per un ammontare inferiore del 16 % circa alle attese; per svariati motivi, sette paesi non avevano ricevuto alcun finanziamento per il soddisfacente conseguimento di traguardi e obiettivi. La Commissione e gli Stati membri hanno intrapreso azioni per agevolare l’assorbimento, specie nel 2023, ma è prematuro verificarne l’eventuale impatto.

Vi è il rischio che non tutte le misure previste siano completate per tempo. A fine 2023 le richieste di pagamento avevano riguardato meno del 30 % degli oltre 6 000 traguardi e obiettivi (cioè gli indicatori dello stato di avanzamento) totali; ne consegue che sono tanti (forse i più difficili) quelli ancora da raggiungere. Molti paesi hanno realizzato innanzitutto le riforme prima di procedere con gli investimenti. È probabile, tuttavia, che la concentrazione di questi ultimi verso la fine del periodo utile aggravi ulteriormente i ritardi e rallenti l’assorbimento.

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L’RRF consta di un nuovo meccanismo di finanziamento che non si basa sui costi effettivamente sostenuti. La Commissione ne dà attuazione in regime di gestione diretta ed è investita della responsabilità ultima. Il valore massimo totale dell’RRF ammontava a 723,8 miliardi di euro, di cui fino a 338 miliardi di euro per sovvenzioni e fino a 385,8 miliardi per prestiti. A fine 2023 la Commissione aveva impegnato 648 miliardi di euro per prestiti e sovvenzioni destinati al complesso dei 27 Stati membri. La Corte definisce l’assorbimento come il finanziamento dell’UE versato dalla Commissione agli Stati membri quali beneficiari e mutuatari. Per le verifiche sul campo, gli auditor della Corte si sono recati in quattro paesi: Spagna, Italia, Slovacchia, Romania.

foto corte dei conti europea