Fondazione Nord-est: mancano i candidati non il lavoro.
Le aziende sono pronte ad assumere, ma mancano candidati. Così gli ordini sfumano e gli ingranaggi dello sviluppo delle regioni più dinamiche d’Italia si bloccano. Un’emergenza nuova, nel senso di diversa da quella pandemica e bellica, ma non tale quando il sistema produttivo viaggia a pieni giri. Quali ne sono le cause? Quali sono gli ostacoli da superare? Su quali leve operare? Domande alle quali ha provato a rispondere la Fondazione Nord Est attraverso un’indagine nelle imprese trivenete.
Ben due imprese su tre faticano a trovare giovani candidati. Nel Triveneto il 62,5% degli imprenditori coinvolti nell’indagine ha confermato di aver avuto difficoltà ad assumere giovani in azienda. Una criticità che tocca le punte più alte nel settore metalmeccanico (76,8%) e commercio (71,4%) mentre nei servizi si rilevano le minori problematiche per gli imprenditori del territorio (34,3%).
Aziende che cercano soprattutto operai specializzati, con elevate competenze nel condurre i macchinari (81,4%), ma anche dirigenti e tecnici (30,2%). Solo in un caso su otto si tratta di manodopera non qualificata. Per lo più, invece, serve “mentedopera”, cioè persone con un elevato bagaglio di conoscenze: laureati (26,1%) o diplomati ITS (25,8%).
Trovare persone competenti è, però, una missione impossibile: nel 64,2% le imprese dichiarano che incontrano difficoltà se si tratta di tecnici specializzati, nel 57,5% se hanno un’alta specializzazione. Addirittura, il 79,8% di intervistati fatica a reperire operai specializzati. Perché mancano candidati, con percentuali che variano tra il 57,9% e il 72,0%. Mentre le richieste economiche incidono in misura degna di nota (31,2%) solo nel caso dei dirigenti.
Una vera e propria fuga dal lavoro per i giovani del territorio, sempre meno attratti da alcuni settori lavorativi, sia per l’assenza di opportunità di crescita che per lo squilibrio nella conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.
Gap che solo le grandi aziende stanno provando a risolvere, attraverso la proposta di percorsi di formazione continua e l’attenzione verso la flessibilità.
Una situazione che coinvolge tutti i Paesi, compresa l’insospettabile Germania, dove l’agenzia federale del lavoro ha registrato una carenza di 150mila lavoratori e la necessità di 400mila nuovi cittadini qualificati per rispondere al declino demografico e assicurare la tenuta del sistema economico.
In prospettiva, secondo l’indagine, i problemi saranno ancora maggiori a causa della riduzione di futuri lavoratori: nel corso del ciclo scolastico primario 2015-2020 si sono registrati, infatti, 107mila studenti in meno a livello italiano e circa 10mila a livello nordestino.
Tre imprese su cinque nel Triveneto esprimono la necessità di assumere nel periodo tra marzo e agosto 2022. L’esigenza di nuovi collaboratori risulta più rilevante nelle imprese sopra i 50 addetti e raggiunge un dato particolarmente elevato per le aziende con oltre 250 lavoratori (94,6%). I comparti più coinvolti negli investimenti in risorse umane risultano il commercio (76,8%), il metalmeccanico (71,4%) e le costruzioni (67,9%), queste ultime beneficiarie dei diversi incentivi edilizi e della spesa pubblica in progetti infrastrutturali inseriti nel PNRR.
Concentrandosi sui profili formativi richiesti, il 53,1% delle imprese dichiara di aver bisogno soprattutto di diplomati, il 49,4% di diplomati in istituti tecnici e il 50,9% di persone con qualifiche professionali. Il 26,1% intende assumere laureati – in particolare con una provenienza nelle discipline STEM (20,6%) – e in egual misura diplomati ITS (25,8%). Non distante la percentuale di imprese che indica come ambito di interesse quello di lavoratori senza specifiche qualifiche (22,1%).
Rispetto all’inadeguatezza delle competenze, altre ricerche condotte da Fondazione Nord Est richiamano quanto le problematiche principali siano legate alla questione delle competenze trasversali, in particolare l’autonomia, la capacità di lavorare in contesti complessi e in continua evoluzione, l’imprenditorialità e le capacità relazionali. L’insegnamento delle soft skills, tuttavia, ancora non trova largo spazio nei percorsi formativi, sia a livello scolastico che universitario, e oggi si apprendono principalmente nei contesti lavorativi.