Ferrari, ecco la nuova Daytona SP3.
Alla 24 Ore di Daytona del 6 febbraio 1967 la Ferrari compì una delle maggiori imprese della sua storia sportiva, piazzando tre vetture sul podio della prima gara del Campionato Mondiale Sport Prototipi di quell’anno. La 330 P3/4, la 330 P4 e la 412 P che sfilarono in parata alla bandiera a scacchi in casa degli storici rivali della Ford rappresentavano altrettante evoluzioni della 330 P3, modello che il team guidato dall’ingegner Mauro Forghieri riuscì a migliorare nettamente in ciascuno dei tre fondamentali di ogni auto da corsa: motore, telaio e aerodinamica. La 330 P3/4 incarnava alla perfezione lo spirito degli Sport Prototipi anni 60, decennio che viene considerato l’epoca d’oro delle competizioni motoristiche a ruote coperte e che ancora oggi rappresenta un punto di riferimento per intere generazioni di ingegneri e designer.
Sin dal nome, la Daytona SP3 strizza l’occhio a quella leggendaria tripletta e sottolinea l’intento di rendere omaggio agli Sport Prototipi Ferrari che contribuirono a far entrare di diritto il marchio nella leggenda degli sport motoristici. La vettura in edizione limitata presentata oggi presso l’autodromo internazionale del Mugello nell’ambito delle Finali Mondiali Ferrari 2021 entra a far parte del segmento ‘Icona’ che già comprende le Ferrari Monza SP1 e SP2.
Il suo design si basa sull’armoniosa contrapposizione di contrasti: superfici plastiche e sensuali si alternano a linee decise che ricordano l’ingresso preponderante dell’aerodinamica nel design di auto da corsa del tempo come la 330 P4, la 350 Can-Am e la 512 S. Sempre dal mondo degli Sport Prototipi giunge la scelta forte di dotare la Daytona SP3 di una carrozzeria di tipo ‘Targa’ con tetto rigido rimovibile: la vettura dona così al pilota emozioni uniche e gli garantisce al contempo grande fruibilità.
Dal punto di vista tecnico la Daytona SP3 si ispira alla raffinatezza delle soluzioni ingegneristiche già adottate nelle auto da corsa anni 60; oggi come allora, infatti, la ricerca della prestazione è stata effettuata intervenendo sulle stesse tre aree. La vettura monta un motore V12 aspirato in posizione centrale-posteriore, architettura tipica delle vetture da competizione. Questa versione del propulsore termico più iconico della Casa di Maranello conta su 840 cv di potenza (dato che lo rende il più potente sinora prodotto da Ferrari), 697 Nm di coppia e un regime massimo di 9500 giri/min.
Il telaio è realizzato in materiali compositi utilizzando tecnologie da Formula 1 che mancano sulle Ferrari stradali sin dalla LaFerrari, ultima supercar del Cavallino Rampante. Il sedile integrato nel telaio riduce il peso della vettura e pone il pilota in una posizione di guida simile a quella di un’auto da corsa.
Al pari delle vetture di ispirazione, infine, lo studio aerodinamico e stilistico è stato orientato alla massima efficienza tramite l’utilizzo esclusivo di soluzioni passive. Componenti inediti, quali i camini di estrazione sul fondo, rendono la Daytona SP3 la Ferrari priva di appendici attive più aerodinamicamente efficiente sinora prodotta. La sapiente integrazione di queste innovazioni tecniche permette alla Daytona SP3 di accelerare da 0 a 200 km/h in 7,4 s e da 0 a 100 in soli 2,85 s: prestazioni esaltanti, che unite all’impostazione estrema e al sound inebriante del V12 trasferiscono al pilota emozioni senza pari.
L’abitacolo dal parabrezza avvolgente della Daytona SP3 assume le sembianze di una cupola incastonata in una scultura sensuale i cui parafanghi, altrettanto sinuosi, emergono con decisione. L’equilibrio generale viene enfatizzato dall’aspetto monolitico delle volumetrie che comunicano l’abilità manifatturiera tipica della carrozzeria italiana. La sensazione è quella di trovarsi di fronte a un oggetto dove la fluidità delle masse si sposa con superfici più incisive al fine di creare quell’equilibrio estetico che da sempre ha caratterizzato la storia della Casa di Maranello.
I parafanghi levigati a doppia cresta rimandano alla plasticità di altre Ferrari Sport Prototipi come la 512 S o la 312 P. La forma degli archi ruota connota efficacemente la geometria della fiancata: quello anteriore risulta più strutturato e, non seguendo esattamente lo pneumatico, genera un forte legame tra ruota e cassa, mentre quello posteriore abbraccia la parte anteriore della ruota slanciandosi verso la coda, creando una forma muscolare e dando dinamicità alla vista di tre quarti.
Altro elemento chiave è la porta ad apertura alare che, grazie alla air box integrata, incanala l’aria verso i radiatori sulla fiancata; la sua forma scultorea è caratterizzata da una spalla pronunciata in cui è stata ricavata una presa d’aria che si lega otticamente al taglio verticale del parabrezza. La superficie della porta aiuta a gestire il flusso d’aria proveniente dal vano ruota. Tale trattamento delle superfici entra in relazione con quello di vetture come la 512 S, che hanno contribuito a creare i codici della Daytona SP3.
Gli specchietti retrovisori si trovano in posizione avanzata rispetto alle porte, in un altro forte richiamo agli Sport Prototipi degli anni 60. Questo posizionamento è stato scelto per garantire maggiore visibilità e ridurne l’impatto sul flusso d’aria diretto alle prese d’aria delle porte. La forma della calotta e del supporto è stata perfezionata tramite apposite simulazioni CFD per assicurare che il flusso d’aria verso le prese d’aria non risultasse interrotto.
Ma è la vista di tre quarti posteriore a risultare maggiormente significativa, nonché quella da cui è possibile apprezzare pienamente la grande originalità della Daytona SP3: la porta si presenta come un volume sfaccettato che genera un diedro levigato in rilievo e, assieme al potente muscolo del parafango posteriore, genera una sciancratura inedita sulla fiancata. La porta estende la superficie del passaruota anteriore, creando un contraltare rispetto alla muscolarità del posteriore, producendo uno slittamento di volumi sulla fiancata e fornendo all’auto uno spiccato effetto cab forward. Tale architettura, propria di un’auto sportiva, è resa possibile dallo spostamento dei radiatori laterali.
L’anteriore della Daytona SP3 è dominato da due possenti parafanghi suddivisi in una sezione esterna e una interna; quest’ultima si tuffa all’interno di un condotto d’aria sul cofano, aumentando la percezione volumetrica del parafango. La relazione tra la massa percepita della sezione esterna e la funzione aerodinamica di quella interna sottolinea il legame tra tecnica e stile che contraddistingue la vettura.
Il paraurti presenta una griglia centrale generosa, incorniciata da due piloni su cui spiccano lame orizzontali delimitate dal bordo esterno del paraurti. I gruppi ottici sono caratterizzati da una palpebra mobile che ricorda i tipici faria scomparsa delle super sportive d’epoca, tema caro alla tradizione Ferrari che conferisce alla vettura uno sguardo aggressivo e minimalista. Due bumperette, riferimento ai flick aerodinamici della 330 P4 e di altri Sport Prototipi, emergono dal profilo esterno dei proiettori aumentando l’espressività del frontale.
Il posteriore evidenzia la potenza volumetrica del parafango grazie all’uso di un elemento a due sezioni ed è impreziosito da una tasca aerodinamica che ne aumenta l’effetto di tridimensionalità. L’abitacolo compatto e affusolato crea sul posteriore, insieme ai parafanghi, una schiena possente su cui si trova un elemento dorsale che mette in mostra nella parte terminale il V12 aspirato, cuore pulsante di questa nuova Ferrari ‘Icona’.
Una serie di lame orizzontalicompleta la struttura del posteriore; il volume monolitico leggero, radicale e strutturato risultante dona alla Daytona SP3 un look futuristico e caratterizzato da elementi tipici del DNA Ferrari. I gruppi ottici posteriori sono composti da una barra luminosa orizzontale disposta sotto lo spoiler e nascosti nella prima fila di lame. La coppia di scarichi si innesta nella parte alta del diffusore in posizione centrale, contribuendo al suo aspetto aggressivo e completando uno schema che tende ad allargare otticamente la vettura.
Anche per gli interni la Daytona SP3 trae ispirazione da Ferrari quali la 330 P3/P4, la 312 P e la 350 Can-Am. A partire dal telaio altamente performante è stato progettato un ambiente curato e raffinato, raggiungendo comfort e ricercatezza degne di una moderna Gran Turismo pur con un linguaggio minimalista. Degli Sport Prototipi si è mantenuta la filosofia di certi codici linguistici: la plancia, per esempio, è pura e funzionale, pur risultando pienamente moderna. I caratteristici materassini sellati che fungevano da sedili e venivano applicati al telaio degli Sport Prototipi sono stati trasformati, ottenendo sedute moderne integrate nella scocca in continuità materica con i sellati circostanti.
Alcuni elementi esterni, tra cui il parabrezza, hanno influenzato positivamente l’architettura degli interni. In vista laterale, il taglio trasversale del tetto sull’innesto del parabrezza definisce un piano verticale che suddivide l’abitacolo in due, separando la zona funzionale dalle sedute. Tale architettura si presta a una doppia caratterizzazione, spiccatamente sportiva eppure molto elegante.
Gli interni della Daytona SP3 mirano a garantire a pilota e passeggero il massimo comfort usando stilemi caratteristici di un’auto da competizione. L’idea cardine è stata l’allargamento visivo dell’abitacolo attraverso la creazione di uno stacco netto tra la zona anteriore e quella delle sedute. I due sedili sono in continuità materica e prolungano i loro sellati sulle porte, ricreando la funzionalità tipica degli Sport Prototipi. Il medesimo prolungamento lo si apprezza, a porte aperte, sui brancardi.
Segue lo stesso principio la plancia, dove la struttura della Daytona SP3 ha permesso di estendere i sellati fino ai voletti abbracciando l’intera zona di collegamento con il parabrezza. La plancia, dal corpo molto sottile e asciutto, appare quasi flottante all’interno della finizione sellata. Il suo tema di stile si sviluppa su due livelli: il guscio superiore sellato, dall’aspetto plastico e levigato, è separato da quello inferiore tramite una linea netta di divisione materica e funzionale. Sotto questa linea si concentrano tutti i comandi tattili dell’interfaccia uomo-macchina (HMI).
I sedili integrati nel telaio possiedono un’ergonomia avvolgente, tipica di vetture ad alte prestazioni, ma si distinguono per la cura dei dettagli. Il collegamento materico tra i sedili e l’ampliamento del tema ai sellati adiacenti, così come alcuni effetti volumetrici, sono stati possibili grazie alla loro struttura fissa; il guidatore può comunque effettuare tutte le regolazioni necessarie tramite la pedaliera mobile. Il taglio netto tra la zona tecnica dell’abitacolo e quella delle sedute ha permesso di estendere la volumetria del sedile in battuta fino al pavimento. Anche i poggiatesta richiamano i sedili da competizione ma, mentre solitamente sono integrati nei monoscocca, nel caso della Daytona SP3 sono indipendenti. L’architettura a sedile fisso e pedaliera mobile ha permesso di ancorarli alla finizione posteriore.
Il design del pannello porta contribuisce all’allargamento visivo dell’abitacolo. Nella struttura in fibra di carbonio sono state inserite alcune zone sellate: il rivestimento in pelle sul pannello porta all’altezza delle spalle ne accentua l’effetto avvolgente e rafforza il legame con gli Sport Prototipi. Nella parte inferiore, invece, la superficie si comporta come un’estensione del sedile. Il tunnel è caratterizzato da una sciabola innestata sotto la finitura di collegamento tra i sedili, i cui elementi funzionali sono disposti alle sue estremità. Nella sua zona anteriore si trova il cancelletto reintrodotto in gamma a partire dalla SF90 Stradale, ma in questo caso il tema è interpretato in una versione a sbalzo, quasi sospeso rispetto ai volumi perimetrali. La struttura termina su un pilone centrale in fibra di carbonio che sembra sostenere l’intera plancia.
L’obiettivo di realizzare la Ferrari ad aerodinamica esclusivamente passiva con il più alto valore di efficienza sinora raggiunto ha richiesto un attento lavoro di ottimizzazione del layout termico della Daytona SP3. La gestione dei flussi di raffreddamento è stata dunque affrontata in modo da definire un layout il più integrato possibile con il concept aerodinamico.
L’aumento prestazionale garantito dal motopropulsore F140HC comporta un aumento della potenza termica da smaltire e quindi un aggravio delle specifiche di raffreddamento dei liquidi motore. Per conservare intatte le opportunità di sviluppo aerodinamico dell’avantreno, ci si è concentrati sull’aumento dell’efficienza di cooling. Gli sviluppi hanno interessato la cappa di aspirazione, l’apertura di evacuazione sul fondo vettura e la bocca di ingresso del convogliatore, ottimizzate per evitare di aumentare eccessivamente le dimensioni dei radiatori anteriori.
Particolare cura è stata dedicata allo sviluppo delle fiancate, che hanno beneficiato dell’inedito layout delle masse radianti spostate verso il centro della vettura. Questa disposizione ha posto le basi per l’integrazione dei convogliatori laterali nelle porte: una soluzione inedita che ha permesso di realizzare le bocche di ingresso dei radiatori in posizione molto avanzata. Grazie a ciò, è stato possibile sfruttare il volume del parafango per generare la corretta sezione di imbocco dei convogliatori e captare un flusso fresco, nonché altamente efficiente, per il raffreddamento dei radiatori olio.
L’alto livello di integrazione delle diverse funzioni in un unico elemento caratterizzante è evidente nella dorsale sul cofango che integra la presa di aspirazione motore e genera le aperture necessarie per lo smaltimento calore del vano motore. Il posizionamento della presa di aspirazione alla base della dorsale minimizza il percorso dell’aria verso il filtro. L’integrazione flottante della dorsale nel cofango genera inoltre una coppia di slot longitudinali che smaltiscono calore e catturano aria fresca grazie all’interazione con le aperture ricavate tra le lame del paraurti.
La definizione del layout termico ha creato spazi che la ricerca aerodinamica ha sfruttato per massimizzarne l’efficienza. Tale risultato è stato perseguito focalizzandosi sul perfezionamento dell’integrazione tra volumi e superfici di carrozzeria e sull’introduzione di nuovi concetti sul fondo vettura che funzionassero in sinergia con essi, senza ricorrere a dispositivi attivi.
Sull’anteriore risalta la perfetta armonia tra forma e funzionalità. Esternamente all’apertura centrale che rifornisce di aria fresca il radiatore motore sono ricavate le prese per il raffreddamento dei freni e gli ingressi che, collegati alle uscite laterali poste sul cofano, creano due soffiaggi che contribuiscono alla generazione di carico anteriore. Sotto il proiettore è stato integrato un vero e proprio flick aerodinamico che grazie alla sua geometria a sbalzo incrementa il carico verticale. In perfetta continuità di volumi, la cascata di alette del paraurti guida il flusso all’interno del passaruota creando un soffiaggio che permette di ridurre la resistenza grazie al riallineamento del flusso in fiancata e al contenimento della turbolenza generata dalle ruote.
Il soffiaggio integrato nel paraurti anteriore non è l’unico elemento che gestisce i flussi in fiancata minimizzando il drag; a esso si uniscono i cerchi con disegno asimmetrico e la sponda verticale della fiancata. Il profilo dei cerchi è infatti in grado di aumentare l’estrazione di flusso dal vano ruota e di riallineare i flussi a quelli che scorrono lungo la fiancata. L’ampia superficie a sponda laterale di quest’ultima fornisce un appoggio utile al flusso per rimanere aderente alla vettura e ridurre la dimensione trasversale della scia e con essa il drag. La fiancata nasconde inoltre un vero e proprio canale aerodinamico che dal vano ruota sfocia a monte della ruota posteriore, grazie a cui è stata aumentata l’estrazione di aria dal fondo con un beneficio sia di carico verticale sia di resistenza.
Gli sviluppi introdotti sul sottoscocca sono stati concepiti con lo scopo di massimizzare la prestazione dell’intero fondo vettura grazie a una serie di device dedicati alla generazione di vorticità localizzata. In primo luogo, la minimizzazione dell’altezza da terra del fondo anteriore ha permesso di avvicinare il picco di aspirazione al fondo stradale esasperando il funzionamento dei dispositivi che sfruttano l’effetto suolo. Tra questi spiccano le due coppie di profili arcuati installati davanti alle ruote anteriori che sfruttano l’incidenza relativa rispetto al flusso per generare vortici che, interagendo con il fondo e la ruota anteriore, garantiscono un aumento del carico verticale e una riduzione della resistenza.
I restanti vortex generator sono stati ulteriormente ottimizzati e posizionati in modo da realizzare una sigillatura virtuale del fondo anteriore. Quello più esterno, installato al limite del telaio, opera come un bargeboard delle monoposto di Formula 1: la vorticità introdotta scherma il fondo dall’effetto della scia della ruota anteriore, riducendo la contaminazione del flusso efficiente elaborato dalla parte centrale del fondo stesso.
Il più importante lavoro di sviluppo dal punto di vista della downforce ha riguardato lo spoiler posteriore. Per ripartire correttamente il carico aerodinamico tra avantreno e retrotreno sono state sfruttate appieno le opportunità create dal riposizionamento dell’aspirazione motore e dalla riprogettazione del fanale, che hanno permesso di estendere lo spoiler fino ad abbracciare tutta la larghezza della vettura. La superficie dello spoiler è stata estesa il più possibile non solo in direzione trasversale ma anche verso il posteriore, accorgimento utile a incrementare il carico verticale senza penalizzare la resistenza all’avanzamento.
La soluzione più innovativa, nonché caratteristica peculiare della vettura, è installata sul fondo posteriore: sono i camini da fondo che, tramite un condotto a sviluppo verticale, mettono in comunicazione il sottoscocca con due feritoie integrate nei parafanghi. Grazie alla naturale aspirazione generata dall’accentuata curvatura, esse massimizzano la portata d’aria nei condotti e creano un collegamento fluidodinamico tra i due flussi che interessano la parte superiore e inferiore della vettura. Il beneficio aerodinamico è triplice: in primis, la riduzione del bloccaggio verso il fondo permette di migliorare la performance anteriore e spostare il bilanciamento aerodinamico verso l’avantreno a tutto vantaggio dell’ingresso in curva. In secondo luogo l’accelerazione locale del flusso dovuta alla geometria degli ingressi nel sottoscocca genera una forte aspirazione che migliora il carico aerodinamico al posteriore. Infine, si ha un miglioramento del funzionamento dello spoiler posteriore che beneficia dell’extra portata garantita dalle feritoie sui parafanghi.
A completare lo sviluppo aerodinamico della Daytona SP3 l’espansione del diffusore posteriore è stata incrementata in direzione tanto verticale quanto trasversale grazie all’installazione dei terminali di scarico in posizione centrale rialzata. Nella parte centrale lo spazio ricavato è stato sfruttato per inserire una soluzione simile a un doppio diffusore. Questa infatti realizza l’espansione del flusso su due livelli distinti e caratterizza fortemente il design del posteriore creando un ponte centrale che sembra flottante nel volume. Il concetto sfrutta l’elevata energia della parte centrale del flusso per convogliare in modo efficace l’aria sia internamente che esternamente al bridge centrale. In questo modo la parte di flusso che passa esternamente al canale centrale energizza quella che passa internamente autoesaltando il funzionamento dell’intero diffusore.
La Daytona SP3 è caratterizzata da un parabrezza a bolla che estende il cristallo fino al tetto rimovibile. Nella guarnizione superiore è integrato un nolder che dirige il flusso verso la zona soprastante la testa degli occupanti quando l’auto è a tetto aperto. Nella parte centrale della zona retrostante le teste degli occupanti, un ribassamento della carrozzeria riduce le possibilità di rientro della scia nella zona centrale del tunnel. Il flusso d’aria sulla parte posteriore dei finestrini viene convogliato dal pannello posteriore dietro il poggiatesta verso un’apertura con incavo centrale protetta dal windstop, in modo che venga sfogato in una zona separata dall’abitacolo.
foto Ferrari Spa