Fenomeno Hikikomori, Chiara Illiano: “Una ribellione silenziosa”.

“Centomila ragazzi in Italia stanno portando avanti una ribellione silenziosa contro la società che li vuole competitivi, concentrati nei propri sforzi individuali di autorealizzazione. Si chiama Hikikomori: in giapponese vuol dire stare in disparte. Potremmo anche tradurlo con l’espressione di volontario isolamento, ma il disagio rappresentato dal termine nipponico è qualcosa di più profondo, a volte radicato nel tempo se si pensa che può riguardare anche persone adulte, ultra 60enni”. A spiegare alla Dire il fenomeno Hikikomori è Chiara Illiano, coordinatrice per l’area psicologica di Hikikomori Italia onlus.

“La causa principale dell’Hikikomori è la pressione per la realizzazione sociale- prosegue la psicologa Illiano- spinte che tutti conosciamo e che determinano a volte molte nostre scelte, soprattutto in fasi di crescita della nostra vita. E infatti il disagio, tale viene definito, insorge tipicamente tra i 15 ei 20 anni, gli anni in cui un individuo è sollecitato ad assumere decisioni importanti della propria vita”. Il fenomeno Hikikomori diventa, quindi, “una fuga da questa condizione perché le persone decidono di isolarsi, restando nella propria stanza o nella propria casa. In Giappone, dove è stato studiato già quaranta anni fa, ci sono ultra 60enni colpiti- fa sapere l’esperta- ma ce ne sono anche in Italia. La questione è inter generazionale: diversi ultra 40enni sono Hikikomori. Il disturbo prolungato può pertanto continuare per lungo tempo e compromettere la relazione dell’individuo con la realtà”.

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Hikikomori prosegue Illiano non è un “disturbo psichiatrico ma un fenomeno sociale che genera psicopatologia: ci sono persone che vivono nell’armadio della propria camera. È importante che l’Hikikomori sia considerato e affrontato dall’intera società e non come condizione individuale e psicologica del singolo: in primo luogo perché riconoscere la pressione sociale può aiutare ad allentare lo stress e il disagio che molti adolescenti vivono; in secondo luogo perché le persone colpite da Hikikomori sono ego-sintoniche e non realizzano di avere un problema. Dobbiamo quindi lavorare sulla società, sulla forte e non sana competizione, ma anche e soprattutto sulla scuola che purtroppo mira a far emergere i talenti individuali e non il lavoro collettivo. La migliore cura, alla luce di questo, è la prevenzione”.

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La prevenzione nel corso di quest’anno, con le lezioni in presenza che sono state sospese, si è rivelata molto difficile se non impossibile, spiega Illiano: “Da alcuni questionari che abbiamo fatto con i ragazzi che seguiamo come associazione, è emerso che il luogo dove soffrono di più è proprio la scuola, che invece vorrebbero che insegnasse loro a stare bene”. Pertanto, la prevenzione e la condivisione di buone pratiche con i docenti è “per noi fondamentale, ma durante quest’anno di didattica a distanza è stato impossibile. I ragazzi sono diventati ancora più invisibili. Anche in famiglia possiamo intervenire- mira a precisare la psicologa- le uniche relazioni che sopravvivono, molto spesso, anche se poco funzionali, sono quelle familiari. Su queste possiamo agire cercando di ripristinare una sorta di catena di contatti che porterà il ragazzo o la ragazza ad aprirsi nuovamente. Devo però operare con un approccio sistemico, con una psicoterapia in cui poter coinvolgere l’intera famiglia, cercando quindi di abbassare tutte le pressioni che sono causa dell’isolamento e le eventuali accuse da parte dei genitori, che spesso puntano il dito contro il figlio. Quando infatti i familiari smettono di additare l’adolescente, allora è il momento in cui il ragazzo o la ragazza sono più pronti anche a chiedere aiuto”.

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E’ necessario, quindi, saper riconoscere i primi segnali: “I primi campanelli di allarme a cui prestare attenzione sono le assenze da scuola – spiega Illiano – il ragazzo si rifiuta di andare, lamentando sintomi psicosomatici che sono reali e che sono causati dal disagio. E questo è anche il motivo per cui facciamo molta sensibilizzazione soprattutto a scuola”.

L’altro aspetto è la “predilezione per le attività solitarie: aumentano le attività online e diminuiscono o si azzerano le uscite con amici o amiche. C’è poi una fase di negatività nei confronti della società: il ragazzo o la ragazza accusano la società di essere corrotta, di chiedere tanto e non dare niente in cambio, di non essere empatica con le persone”.

Foto Sardegnagol