Famiglie, Istat: “Cresce la spesa rispetto al 2020”.

Aumenta la spesa media mensile per consumi delle famiglie italiane. E’ quanto emerge dall’ultima rilevazione dell’Istat secondo la quale la spesa media è stimata a 2.437 euro (2.328 euro nel 2020; +4,7%) ma la metà delle famiglie spende meno di 2.048 euro al mese.

Considerata la dinamica inflazionistica (+1,9% la variazione dell’indice dei prezzi al consumo per l’intera collettività nazionale, NIC), la crescita in termini reali è un po’ meno ampia (+2,8%). Seppure accentuati, i progressi del 2021 non compensano il crollo del 2020: rispetto al 2019, infatti, la variazione in valori correnti ha ancora segno negativo
(-4,8%).

Poiché la distribuzione dei consumi è asimmetrica e più concentrata nei livelli medio-bassi, la maggioranza delle famiglie spende un importo inferiore al valore medio. Se si osserva il valore mediano (il livello di spesa per consumi che divide il numero di famiglie in due parti uguali), il 50% delle famiglie residenti in Italia ha speso nel 2021 una cifra non superiore a 2.048 euro (1.962 euro nel 2020).

La spesa non alimentare aumenta del 5,7% rispetto al 2020 (in media 1.967 euro mensili). L’aumento più elevato (+26,5%) si osserva per la voce “servizi ricettivi e di ristorazione” (100 euro mensili), che nel 2020 aveva subito un vero e proprio crollo (-38,9%). Seguono Abbigliamento e calzature (100 euro, +13,8% rispetto all’anno precedente; -23,3% nel 2020) e Trasporti (241 euro al mese, +10,8%, -24,6% nel 2020). Per tutti e tre i capitoli gli aumenti più marcati si osservano nel Nord-ovest (rispettivamente, +31,1%, +30,3% e +14,9%), dove nel primo anno di pandemia si era registrato il calo dei consumi più ampio (-10,2%).

Cresce invece solo del 5,9% la spesa per Ricreazione, Spettacoli e cultura (99 euro mensili; -26,4% nel 2020), che, insieme a quella per Servizi ricettivi e di ristorazione, è la spesa che si mantiene più lontana dai livelli del 2019 (-22,7% la prima e -22,0% la seconda). Su entrambi questi comparti merceologici pesa la persistenza delle limitazioni alla socialità che, pur in misura molto meno ampia del 2020, hanno caratterizzato il 2021.

Aumentano anche le spese per Servizi sanitari e spese per la salute (118 euro al mese, +9,0%), Mobili, articoli e servizi per la casa (112 euro mensili, +8,4%), Altri beni e servizi (174 euro mensili, +3,9%) e per Abitazione, acqua, elettricità e altri combustibili, manutenzione ordinaria e straordinaria (912 euro al mese, +2,0%), in quest’ultimo caso anche a causa di una forte dinamica inflazionistica.

Stabili le spese per Alimentari e bevande analcoliche (come nel 2020, al pari di quelle per Abitazione, acqua, elettricità e altri combustibili, manutenzione ordinaria e straordinaria, mentre la spesa di tutti gli altri capitoli scendeva del 19,3%), Comunicazioni (-9,5% rispetto al 2019, a conferma di un trend decrescente di lungo periodo), Bevande alcoliche e tabacchi e per Istruzione.

Tra gli Alimentari e bevande analcoliche aumentano gli esborsi destinati a Prodotti alimentari non altrove classificati (n.a.c.) (12 euro mensili, +8,1%), Pesci e prodotti ittici (43 euro al mese, +4,8%) e Zucchero, confetture, miele, cioccolato e dolciumi (18 euro, +3,0%), sebbene la prima e la terza voce incidano meno dell’1% sulla spesa totale. Si riduce invece molto la spesa per carni (-1,5%, 100 euro al mese) e quella per latte, formaggi e uova (-2,8%, 60 euro mensili), invertendo il risultato in crescita del 2020 rispetto all’anno precedente (+3,4% e +5,1%).

Nel 2021 scende dal 38,4% al 37,4% la quota di spesa per Abitazione, acqua, elettricità e altri combustibili, manutenzione ordinaria e straordinaria, che resta comunque la più rilevante, insieme a quella per Alimentari e bevande analcoliche, anch’essa in calo (dal 20,1% al 19,3%) soprattutto per la minore incidenza delle carni (da 4,4% a 4,1%) e di latte, formaggi e uova (da 2,7% a 2,5%).

Nel comparto non alimentare aumentano le quote destinate a Trasporti (da 9,3% a 9,9%; 11,3% nel 2019), Servizi ricettivi e di ristorazione (da 3,4% a 4,1%; 5,1% nel 2019) e Abbigliamento e calzature (da 3,8% a 4,1%, 4,5% del 2019). In misura minore crescono anche le quote per Servizi sanitari e spese per la salute (da 4,6% a 4,8%), Mobili, articoli e servizi per la casa (da 4,5% a 4,6%) e Ricreazione, spettacoli e cultura (da 4,0% a 4,1%). In lieve contrazione invece le quote di spesa per Comunicazioni (da 2,3% a 2,2%) e per Altri beni e servizi (da 7,2% a 7,1%). Stabili, infine, rispetto al 2020, le quote destinate a Bevande alcoliche e tabacchi e all’Istruzione.

Tornano ad aumentare i divari territoriali. L’incremento delle spese delle famiglie è diffuso su tutto il territorio nazionale, ad esclusione delle Isole dove non si registra alcun aumento significativo. La crescita è più intensa nel Nord (+7,0% il Nord-ovest e +4,4% il Nord-est), seguito dal Sud (+3,9%) e dal Centro (+3,1%).

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I livelli di spesa più elevati, e superiori alla media nazionale, continuano a registrarsi nel Nord-ovest (2.700 euro), nel Nord-est (2.637 euro) e nel Centro (2.588 euro) mentre sono più bassi (e inferiori alla media nazionale) nelle Isole (2.012 euro) e al Sud (1.971 euro). Nel 2021, nel Nord-ovest si spendono in media circa 728 euro in più del Sud, una differenza pari al 36,9% (33,0% nel 2020), mentre rispetto alle Isole il vantaggio del Nord-ovest in valori assoluti è di 688 euro (34,2% in più, a fronte del 29,6% dell’anno precedente).

Nel Sud e nelle Isole, dove le disponibilità economiche sono generalmente minori, a pesare di più sulla spesa delle famiglie sono le voci destinate al soddisfacimento dei bisogni primari, come quelle per Alimentari e bevande analcoliche: nel 2021 questa quota di spesa arriva al 24,6% al Sud e al 23,5% nelle Isole mentre si ferma al 17,2% nel Nord-est.

Anche nel 2021 le regioni con la spesa media mensile più elevata sono Trentino-Alto Adige (2.950 euro) e Lombardia (2.904 euro) mentre Calabria e Puglia sono quelle con la spesa più contenuta, rispettivamente 1.915 e 1.808 euro mensili. La quota più alta per Alimentari e bevande analcoliche si registra proprio in Calabria, dove si attesta al 28,1%, a fronte del 19,3% osservato a livello nazionale e del 15,8% del Trentino-Alto Adige.

Rispetto al 2020, la spesa aumenta significativamente in molte regioni, sia del Nord che del Centro-sud. Gli incrementi più contenuti si registrano in Toscana (+4,5%) e in Piemonte (+5%); attorno al 7% la crescita di Abruzzo, Umbria e Veneto. La spesa aumenta del 7,6% in Trentino-Alto Adige e dell’8,6% in Lombardia ma gli aumenti maggiori si osservano in Basilicata e Molise, dove, rispetto al 2020, sale, rispettivamente, del 16,9% e del 10,3%.

I livelli e la composizione della spesa variano anche a seconda della tipologia del comune di residenza. Nel 2021, come in passato, le famiglie spendono di più nei comuni centro di area metropolitana: 2.757 euro mensili contro i 2.473 euro nei comuni periferici delle aree metropolitane e in quelli con almeno 50mila abitanti e i 2.315 euro nei comuni fino a 50mila abitanti che non appartengono alla cerchia periferica delle aree metropolitane.

Il maggior incremento della spesa per consumi (+5,4%) si registra proprio nei comuni centro di area metropolitana. In questi ultimi, infatti, pesa maggiormente rispetto alle altre tipologie comunali la spesa per Abitazione, acqua, elettricità, gas e altri combustibili, manutenzione ordinaria e straordinaria (il 44,2% della spesa mensile, pari a 1.219 euro, rispetto al 34,7% nei comuni fino a 50mila abitanti, 803 euro mensili) ma anche quella per Servizi ricettivi e di ristorazione (il 4,7%, pari a 128 euro mensili, contro il 3,9% dei comuni più piccoli, 90 euro mensili).

Al contrario, nei comuni centro di area metropolitana si registra la quota di spesa più bassa destinata ad Alimentari e bevande analcoliche (16,2%, contro 20,5% dei comuni fino a 50mila abitanti che non appartengono alla cerchia periferica delle aree metropolitane); lo stesso vale per le quote di spesa destinate ad Abbigliamento e calzature (rispettivamente, 3,3% e 4,5%) e Trasporti (7,7% contro 10,7%).

Si risparmia ancora su viaggi e vacanze e su abbigliamento e calzature. Nel 2021, così come l’anno precedente, la voce di spesa che le famiglie dichiarano di aver maggiormente limitato è quella per viaggi e vacanze. Tra quante già spendevano per questa voce nel 2020, la percentuale di chi l’ha ridotta rispetto all’anno precedente è del 62,4%, una percentuale ancora più alta di quella riscontrata nel 2020 (pari al 46,8%) e che risulta in crescita soprattutto al Nord (dal 44,1% al 61,2%). La percentuale più elevata di famiglie che nel 2021 dichiarano di aver ridotto questo esborso si osserva comunque nel Mezzogiorno (69,8%).

La seconda voce di spesa che ha subito una riduzione rispetto all’anno precedente è quella per abbigliamento e calzature: il 52,7% delle famiglie che acquistavano già questi beni un anno prima dell’intervista (45,5% nel 2020) ha infatti limitato tale esborso (49,1% nel Nord, 59,7% nel Mezzogiorno). Infine, tra le famiglie che già la sostenevano, il 31,2% ha ridotto la spesa per carburanti (24,5% nel 2020). Tale quota si attesta al 29,2% al Nord e al 36,0% nel Mezzogiorno.

Al contrario, le spese per visite mediche e accertamenti periodici rappresentano la voce di spesa con la percentuale più elevata di famiglie, tra quante già spendevano, che dichiarano di averla aumentata rispetto all’anno precedente: sono il 4,4%, dal 3,9% del 2020, ma al Centro raggiungono il 5,3%.

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Continua a crescere la spesa per le coppie con almeno due figli. La spesa media mensile aumenta al crescere dell’ampiezza familiare anche se, per la presenza di economie di scala, l’incremento è meno che proporzionale rispetto all’aumentare del numero di componenti. Nel 2021, la spesa media mensile per una famiglia di una sola persona è pari a 1.796 euro, cioè il 73% circa di quella delle famiglie di due componenti e il 62% circa di quella delle famiglie di tre componenti.

All’aumentare dell’ampiezza familiare cresce il peso delle voci meno suscettibili di economie di scala (come i prodotti alimentari e le bevande analcoliche) e diminuisce quello delle voci nelle quali è possibile conseguirle: ad esempio, per la quota di spesa destinata ad Abitazione, acqua, elettricità, gas e altri combustibili, manutenzione ordinaria e straordinaria si passa dal 45,3% delle famiglie monocomponente al 29,7% di quelle con cinque o più componenti. Con la sola eccezione delle famiglie numerose (con cinque o più componenti), qualunque sia la numerosità familiare, rispetto al 2020 tutte le famiglie hanno significativamente aumentato la propria spesa per consumi, soprattutto le famiglie con quattro (+6,6% rispetto all’anno precedente) e con tre componenti (+6,0%).

Rispetto al 2020 la spesa complessiva aumenta in misura significativa per tutte le tipologie familiari, ad esclusione delle persone sole di 18-34 anni, delle coppie senza figli con persona di riferimento di 18-64 anni e delle famiglie di altra tipologia con membri aggregati. In particolar modo, le coppie con tre o più figli aumentano la loro spesa del 9,5%, quelle con due figli del 7,6%. La spesa per Alimentari e bevande analcoliche pesa soprattutto tra le famiglie composte da una coppia con tre o più figli (22,6% della spesa totale); la stessa voce di spesa assorbe, invece, il 15,1% tra le coppie senza figli con persona di riferimento di 18-34 anni.

Per le altre tipologie familiari, le spese per Abitazione, acqua, elettricità, gas e combustibili, manutenzione ordinaria e straordinaria pesano di più per le persone anziane sole (49,7% della spesa mensile) e meno per le coppie con tre o più figli (28,9%). Invece, le persone in coppia senza figli con persona di riferimento di 18-34 anni spendono per i Trasporti la quota più elevata (13,0%, 354 euro mensili), seguite dalle coppie senza figli con persona di riferimento di 35-64 anni (12,0%; 311 euro al mese), a causa di una maggiore mobilità lavorativa.

Al crescere del livello di istruzione della persona di riferimento migliora la condizione economica e, di conseguenza, il livello di spesa. Si passa, infatti, da 1.600 euro mensili delle famiglie in cui la persona di riferimento ha al massimo la licenza elementare a 3.347 euro di quelle con persona di riferimento con laurea o titolo di studio post-laurea.

Rispetto al 2020, ad eccezione delle famiglie con persona di riferimento in possesso di licenza di scuola elementare o nessun titolo di studio, tutte le famiglie aumentano la loro spesa per consumi, soprattutto quelle con persona di riferimento diplomata, che registrano l’incremento maggiore (+6,6%), seguite dalle famiglie con persona di riferimento in possesso della laurea o di titolo post-laurea (+5,6%).

Sono le famiglie che hanno come persona di riferimento un imprenditore o un libero professionista a spendere di più (3.567 euro mensili), seguite da quelle che hanno come persona di riferimento un lavoratore dipendente nella posizione di dirigente, quadro o impiegato (3.110 euro).

I livelli di spesa più bassi si osservano invece nelle famiglie caratterizzate da condizioni economiche più precarie, vale a dire in quelle con persona di riferimento in cerca di occupazione (1.659 euro mensili) o con persona di riferimento inattiva ma non ritirata dal lavoro (1.774 euro). In entrambi i casi, più di un quarto della spesa è destinato ad acquisti di Alimentari e bevande analcoliche.

Rispetto al 2020, si registra un incremento significativo della spesa sia nelle famiglie con persona di riferimento alle dipendenze (+5,5% per dirigenti, quadri, impiegati, +4,4% per operai e assimilati) sia nelle famiglie con persona di riferimento inattiva (+4,4% se ritirata dal lavoro, +5,8% se in altra condizione diversa da ritirato dal lavoro). Segnano invece una diminuzione della spesa mensile rispetto all’anno precedente le famiglie con persona di riferimento in cerca di occupazione (-6,6%). Rispetto a tutte le altre tipologie familiari con persona di riferimento non occupata, queste famiglie sono quelle che destinano la quota più elevata alla spesa alimentare, il 24,7%.

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Aumenta il divario nella spesa tra le famiglie di italiani e quelle con stranieri. Nel 2021, la differenza tra la spesa delle famiglie composte solamente da italiani (2.490 euro) e quella delle famiglie con almeno uno straniero (1.901 euro) è di 590 euro (-31,0%, dal -20,1% del 2020). Considerando invece le famiglie composte solamente da stranieri, il divario sale a 867 euro (-53,4%, da -28,4% nel 2020). Si accentua dunque il divario, avendo le famiglie di soli italiani aumentato la loro spesa del 5,1% rispetto all’anno precedente (a differenza delle famiglie miste, per le quali è rimasta stabile, e di quelle di soli stranieri, per le quali è diminuita).

La spesa alimentare assorbe il 22,4% del totale tra le famiglie con stranieri (426 euro mensili), il 23,3% (378 euro) se in famiglia sono tutti stranieri e il 19,0% in quelle di soli italiani (474 euro al mese). La quota di spesa per Abitazione, acqua, elettricità, gas e altri combustibili, manutenzione ordinaria e straordinaria delle famiglie con almeno uno straniero è in linea con quella delle famiglie di soli italiani (rispettivamente 36,8% e 37,4%), seppure più contenuta in valori assoluti (700 euro mensili per le une, 932 euro al mese per le altre). Per le famiglie di soli stranieri la stessa quota sale al 39,2% del totale, per un esborso pari a 636 euro mensili.

Le quote destinate dalle famiglie con almeno uno straniero a Ricreazione, spettacoli e cultura sono più contenute rispetto a quelle delle famiglie di soli italiani (3,5% contro 4,1%; rispettivamente 67 e 102 euro mensili), così come le quote per Servizi ricettivi e di ristorazione (3,6% le prime, 4,2% le altre, rispettivamente 69 e 103 euro al mese). Osservando infine le famiglie di soli stranieri, tali quote di spesa scendono ulteriormente: il 3,1% della spesa totale è destinato a Ricreazione, spettacoli e cultura (51 euro mensili), il 3,2% a Servizi ricettivi e di ristorazione (51 euro).

Da notare anche che, analogamente agli anni precedenti, la quota di spesa destinata alle Comunicazioni è più elevata tra le famiglie con almeno uno straniero (2,7%, pari a 52 euro mensili), in particolare tra quelle di soli stranieri (2,9%, 47 euro) rispetto alle famiglie di soli italiani (2,2%, 54 euro), anche per effetto dei contatti con la rete familiare e amicale nei paesi di origine.

Stabile la spesa per affitto, paga un mutuo una famiglia proprietaria su cinque. In Italia, nel 2021, il 18,5% delle famiglie paga un affitto per l’abitazione in cui vive. Tale percentuale varia dal minimo delle Isole (13,4%) al massimo del Nord-ovest (21,3%). La spesa media per le famiglie che pagano un affitto è di 416 euro mensili a livello nazionale, stabile rispetto al 2020; tale esborso è più alto nel Centro (481 euro) e nel Nord (447 euro nel Nord-est e 444 nel Nord-ovest) rispetto a Sud (319 euro) e Isole (305 euro). La quota più elevata di famiglie in affitto si registra nei comuni centro di area metropolitana (25,9%), dove si paga mediamente un affitto pari a 489 euro mensili.

Paga un mutuo il 19,1% delle famiglie che vivono in abitazioni di proprietà (circa 3,6 milioni). Questa quota è maggiore al Nord (24,9% nel Nord-ovest e 23,7% nel Nord-est) e nel Centro (19,7%) rispetto a Isole (11,4%) e Sud (10,4%). Dal punto di vista economico e contabile, questa voce di bilancio è un investimento, e non rientra quindi nel computo della spesa per consumi; ciononostante, per le famiglie che la sostengono rappresenta un esborso consistente e pari, in media, a 543 euro mensili.

La spesa per consumi, comprensiva degli affitti figurativi, è molto differenziata in base al titolo di godimento dell’abitazione: nel 2021, è di 2.647 euro mensili per le famiglie in abitazione di proprietà, si attesta a 2.094 euro per le famiglie in usufrutto o uso gratuito mentre per le famiglie in affitto è pari a 1.785 euro mensili. Al netto degli affitti figurativi, la spesa per consumi delle famiglie proprietarie scende a 1.909 euro, quella delle famiglie in usufrutto o uso gratuito a 1.531 euro mensili.

foto europarl.europa.eu