Iran: corsa contro il tempo per salvare gli accordi sul nucleare
Mentre montano le tensioni internazionali e si rischia l’escalation militare, L’Europa si trova nella posizione delicata mediatrice per riaprire le trattative tra Iran e Stati Uniti.
L’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica IAEA ha confermato che l’Iran ha superato i limiti sull’arricchimento dell’uranio stabiliti dagli accordi internazionali del 2015. La mossa di Teheran è l’ultimo capitolo del braccio di ferro che si sta consumando tra gli Stati Uniti e la potenza mediorientale a seguito della decisione Americana di uscire dagli accordi. Con questa presa di posizione, l’Iran tenta di mettere pressioni alle potenze occidentali per riformulare gli accordi del 2015 e convincere gli States a cedere sul terreno del nucleare. I paesi Europei signatari del trattato (Francia, Germania e Inghilterra) hanno rilasciato oggi una dichiarazione congiunta dove sollecitano la riapertura dei negoziati tra le parti e si dichiarano pronti a instaurare un dialogo istituzionale per ristrutturare gli accordi. Questa decisione è l’ultima di tante azioni volte a salvare il trattato e a garantire un minimo di stabilità nella regione mediorientale. In questo clima teso il rischio dell’escalation è sempre dietro l’angolo e le potenze europee si ritrovano nell’inaspettato ruolo di mediatori internazionali, in un disperato tentativo di salvare il fragile accordo.
L’uscita dagli accordi è stata a lungo preannunciata dal presidente Trump ed arriva come risposta alla necessita americana di limitare l’influenza iraniana nella regione e di porre fine alla guerra fredda mediorientale tra Teheran e Riyadh. In poche parole l’amministrazione Trump si trova nella medesima situazione dell’amministrazione Obama, ma ha optato per una politica opposta. La decisione Americana di sponsorizzare gli accordi sul nucleare del 2015 è stata un tentativo di terminare l’isolamento internazionale dell’Iran e di evitare che il paese sviluppasse un’arma atomica. I critici di questo accordo sostengono che Obama abbia risolto solamente la questione nucleare e non sia abbia limitato l’espansione dell’esercito Iraniano ne tantomeno il supporto di Teheran a gruppi armati in Libano, Siria e Yemen. Inoltre, gli accordi del 2015 prevedevano limiti sullo sviluppo di reattori nucleari solo fino al 2025 e liti sull’arricchimento dell’Uranio fino al 2030.
Tuttavia, nonostante i numerosi detrattori l’accordo ha permesso all’Iran di entrare nell’economia internazionale, garantendo all’Europa e agli Usa l’accesso nel vasto mercato Iraniano.
La situazione attuale è tesa e in continuo cambiamento e il rischio di un’escalation sul piano politico e militare è alto. L’amministrazione americana ha imposto sanzioni economiche senza precedenti sull’Iran, sanzioni che non sembrano avere avuto successo. Gli Iraniani dal canto loro, non si sono dimostrati pronti a trattare e hanno risposto sul piano militare, abbattendo un drone americano e utilizzando ordigni subacquei contro petroliere statunitensi. Teheran ha poi rincarato la dose annunciando un progressivo aumento dei livelli di arricchimento dell’uranio sopra la soglia prestabilita del 3.67. La situazione ha raggiunto il suo picco di tensione con una sfiorata rappresaglia americana abortita all’ultimo minuto dal Presidente.
Il quadro che si è andato a creare è quello di uno stallo tra Washington e Teheran e la palla è passata in mano alle potenze Europee, che si sono ritrovate volenti o nolenti ad essere le uniche in grado di riaprire le trattative. Realisticamente si presentano tre possibili opzioni per l’Intesa europea per calmare le tensioni e salvare gli accordi.
La prima opzione, suggerita dal Presidente francese Emmanuel Macron, è quella del confronto diplomatico tra le parti, possibilmente sotto l’egida delle Nazioni Unite. Se tale strategia fosse messa in moto con la partecipazione Russo-cinese sarebbe possibile creare un blocco unito per spingere gli Stati Uniti ad ammorbidire la loro posizione e portare l’Iran a rispettare gli accordi. Tuttavia, dato il valore strategico dell’alleanza Atlantica appare molto difficile che i paesi Europei mettano in discussione la posizione Americana.
La seconda opzione sarebbe quella di aprire una disputa sul mancato rispetto delle clausole del trattato nucleare da parte dell’Iran. La procedura richiederebbe qualche mese e si concluderebbe probabilmente con la reintroduzione delle sanzioni dell’UE e dell’ONU su Tehran e con la definitiva fine degli accordi del 2015. La pressione delle nuove sanzioni potrebbe costringere Tehran a rivedere le sue posizioni ma ciò vorrebbe dire rinegoziare un nuovo trattato da zero e il rischio di un’ulteriore escalation sarebbe alto. Senza alcun trattato a limitare e tutelare il programma nucleare Iraniano la probabilità di raid aerei Israeliani e Americani sulle strutture nucleari iraniane sarebbe molto alto. Principalmente per queste ragioni la seconda strada non è stata ancora promossa da nessuno dei leader Europei.
L’ultima opzione è quella di riformulare un accordo ad interim con l’Iran assieme a Russia e Cina e offrire incentivi economici proporzionati alla riduzione degli investimenti nucleari da parte di Tehran. Questa sarebbe forse la strada più pragmatica da intraprendere e non richiederebbe un cambio di posizione da parte degli States. D’altro canto, un opzione che non coinvolga gli USA potrebbe avere conseguenze gravi sulle relazioni transatlantiche negli anni a venire.
Ancora una volta l’Europa ha la possibilità di giocare un ruolo importante nella partita tra Occidente e Oriente (o meglio Medio Oriente), e di emergere come un attore di primo livello sullo scacchiere geopolitico internazionale. Rimangono ancora molti quesiti sulle strategie da adottare, sulla effettiva volontà Iraniana e Statunitense di sedersi al tavolo delle trattative e sull’intervento degli attori Russo-cinesi che sono rimasti finora in disparte. Tuttavia, un’opzione diplomatica risulta essere l’unica soluzione possibile per garantire la sopravvivenza degli accordi e la stabilità della regione.
(Francesco Pietro Loi)