EURO: la moneta della discordia.
A quasi vent’anni dal suo arrivo, il popolo europeo si domanda ancora se la moneta unica sia stata un grande progetto o un’esperimento destinato a fallire, tra euroscettici ed europeisti rimane ancora difficile trovare un analisi oggettiva sul tema.
1 gennaio 2002, una data importante nel percorso di integrazione europea, nasce l’euro e si conclude quel lungo percorso verso l’unione monetaria iniziato più di 50 anni prima. Oggi, a quasi vent’anni dalla sua introduzione, la moneta unica è ancora un’argomento polarizzante e le opinioni sono le più varie: dagli euroscettici che la considerano un errore madornale a coloro che difendono l’Euro a spada tratta. In questo campo, è spesso difficile fare un’analisi oggettiva dei costi e benefici dell’unione monetaria, dato che l’esperimento dell’euro è un unicum nell’economia monetaria internazionale.
In termini tecnici, l’eurozona viene considerata un’Unione Monetaria. Questa forma di integrazione economica consiste nell’esistenza di un mercato comune, una politica comune di commercio verso l’esterno, una valuta e una banca centrale comune che controlli le politiche monetarie di tutta la regione. In molti si sono dedicati a studiare questa forma di integrazione economica e a cercare di capire se l’ Euro sia stato un passo avanti per l’economia europea o un fardello pesante.
L’economista canadese e premio Nobel Robert Mundell ha formulato a riguardo una interessante teoria detta Optimum Currency Area, in italiano Area Monetaria Ottimale (AVO). La base di questo studio è quella di settare dei criteri precisi, o meglio delle condizioni che, una certa regione economica deve soddisfare per diventare un’unione monetaria. In Primis, una moneta comune quindi può funzionare a patto che ci sia un volume importante di commercio all’interno della regione. Un’altra condizione, è quella che i paesi della regione abbiano un ciclo economico simile, quindi abbiano ritmi di crescita affini. La terza condizione, è il libero movimento di cittadini e capitali all’interno della regione e quindi l’apertura delle frontiere. Infine, la regione necessita forti politiche redistributive per aiutare i paesi dell’area monetaria che hanno subito shock negativi o dispongono di meno risorse. In poche parole, le condizioni per un’unione monetaria richiedono che le differenze tra i paesi membri e le barriere vengano appianate e diminuite al minimo.
Il prossimo passo di questo progetto è stato quello di applicare la teoria di Mundell all’eurozona. Gli economisti O’Rourke e Taylor hanno applicato la teoria dell’ Area Monetaria Ottimale all’Eurozona nel loro saggio Cross of Euros. In questo lavoro hanno comparato l’ Eurozona con l’unica altra unione monetaria di grandezza comparabile: gli Stati Uniti. Come immaginabile le due situazioni sono differenti dato la forte componente unitaria degli USA e la loro origine ben più antica della UE. Tuttavia, entrambe le Unioni sono composte da stati differenti, hanno una valuta e un mercato comune e una banca centrale a coordinare il tutto: la Federal Reserve in America e la BCE in Europa. Quello che risulta da queso confronto è che gli Stati Uniti primeggiano in tutti i criteri. In particolare l’Eurozona ottiene punteggi negativi nei criteri di Integrazione (livelli di commercio intra-eurozona) e di mobilità lavorativa (numero di lavoratori di un paese dell’eurozona che lavorano in un altro paese membro). Il dato più sconvolgente che emerge, è l’assenza quasi totale di redistribuzione tra paesi più ricchi come la Germania e paesi più poveri come la Grecia. Risulta anche che, i cicli economici differiscono enormemente tra paesi del Nord Europa e paesi dell’area Mediterranea.
Il quadro complessivo non è dei migliori, i paesi dell’eurozona non presentano livelli di integrazione adatti ad un’Unione Monetaria e gli studi dei sopra citati O’Rourke e Taylor sembrano suggerire che l’esperimento Euro sia stato messo in moto troppo in fretta e troppo presto. Queste differenze tra le economie dei paesi membri e la costrizione di una singola politica monetaria gestita dalla BCE posso spiegare in parte la Crisi del debito sovrano Europeo del 2011.
Prima di diventare anche noi Euroscettici, è importante ricordarsi che l’Eurozona è un unicum e il confronto con gli USA, una realtà estremamente differente, non è un indicatore completamente affidabile del vantaggi/svantaggi dell’euro. E’ anche importante ricordare le ragione politiche oltre a quelle economiche dietro all’Eurozona. Infine bisogna tenere in conto che l’Euro è un progetto relativamente giovane e ancora in costruzione che è riuscito a sopravvivere alla tempesta della Grande recessione del 2008 ed è in continua evoluzione. Le teorie di Mundell e il conseguente filone di analisi sull’Eurozona non sono retrospettive per sostenere un eventuale uscita dall’Euro o per condannare questo progetto, ma piuttosto sono uno strumento interessante per capire in quali aree bisogna migliorare per continuare quel processo di integrazione iniziato più di 50 anni fa e garantire un futuro stabile e prospero alla UE.
(Francesco Pietro Loi)
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