Esternalizzazione risorse ISTAT, il no dei dipendenti dell’istituto di statistica.
Si sono affidati ad una nota stampa i lavoratori e le lavoratrici dell’ISTAT per spiegare le ragioni dell’opposizione al piano di
esternalizzazione delle risorse e professionalità informatiche dell’ISTAT. Un’azione, spiegano i membri dell’Assemblea permanente dei lavoratori Istat “perseguita dalla dirigenza dell’Istituto a dispetto di logica e buonsenso, nonché dell’intelligenza della grande maggioranza dei lavoratori che ne hanno compreso le nefaste conseguenze”.
Ad essere messa a rischio, proseguono, sarebbe la stessa indipendenza dell’Istat, nonché “la riservatezza statistica e la protezione dei dati dei cittadini e delle imprese”: “L’articolo 28 del decreto-legge n. 36 del 30 aprile 2022 e i provvedimenti ad esso conseguenti stabiliscono la costituzione di una società di servizi informatici di diritto privato (la 3-I), ma con capitale pubblico, partecipata da Istat, Inps e Inail. Tale società – prosegue la nota – dovrà erogare servizi agli enti delle Amministrazioni centrali. Cosa c’entri l’Istat – un ente di ricerca – nell’impresa non è per nulla chiaro. È invece chiarissimo lo sbilanciamento nella governance e nel controllo della 3-I, con l’Istat tendenzialmente ininfluente sulle scelte strategiche per quota di capitale (inferiore in ogni caso al 9% persino includendo uno dei due immobili di proprietà) e in posizione nettamente minoritaria anche nel Consiglio d’amministrazione.
La partecipazione al progetto 3-I, per l’Assemblea dei lavoratori, rappresenterebbe, quindi, un’azione suicida per l’Istat sotto l’aspetto economico-finanziario, di governance, d’efficienza e di credibilità: “Sono state svolte ampie analisi al riguardo. Innanzitutto, per avere questa quota insignificante nella nuova società l’Istat sta minando il suo equilibrio
finanziario, attraverso la sottoscrizione e l’aumento di capitale da effettuare con il conferimento di beni. Infatti, l’Istat cederà a 3-I gran parte del suo hardware e del software per un valore stimato di oltre 17 milioni di euro, esternalizzando sostanzialmente l’informatica. La lunga lista include portali, applicazioni per la raccolta dati, sistemi di acquisizione degli archivi esterni, sistemi di controllo e correzione dei dati, banche dati e software progettati e sviluppati ad hoc per il processo di produzione del dato. Il problema vero – aggiungono i lavoratori – è che l’informatica è parte integrante di tutti i processi di produzione, per cui la sua alienazione mette a rischio l’esistenza e il ruolo dell’istituto come produttore della statistica ufficiale”.
“Il depauperamento delle risorse economiche non permette di effettuare altri investimenti, a partire dalle assunzioni di cui l’Istat ha estremo bisogno (1.860 unità, 550 pensionamenti dal 2016 a oggi)”.
Un altro aspetto da evidenziare riguarda la segretezza dei dati e la credibilità delle statistiche, nonché il potere che si cela dietro le informazioni: “Nel consesso internazionale è ormai riconosciuta l’importanza dell’imparzialità e dell’affidabilità di chi raccoglie dati sensibili e della credibilità di chi diffonde dati per le decisioni politiche e il dibattito pubblico. Il controllo esterno dei processi costituisce un vulnus alla sicurezza e alla trasparenza, che svuota l’Istituto di autonomia e getta un’ombra sulla credibilità delle statistiche ufficiali i cui principi sono sanciti dal Codice delle statistiche europee che disciplina produzione, analisi e diffusione della statistica pubblica all’interno dell’Unione europea”.
“La statistica ufficiale – concludono – è un prezioso bene pubblico sotto attacco. Mai come oggi l’informazione è potere e i dati sono denaro. Dopo l’esternalizzazione delle reti di rilevazione e quella dell’informatica, a quale funzione essenziale toccherà?”.
foto istat.it