Erasmus+ 21-27, la sentenza della CULT: “Programma poco accessibile”.

E’ stata resa nota, dalla Commissione CULT del Parlamento europeo, l’ultima relazione sull’attuazione del programma Erasmus+ 2021-2027. Un giudizio di demerito, tutto sommato, atteso data la pessima gestione del programma europeo in Europa: sempre meno accessibile e mirato progressivamente a sostenere iniziative di scarso impatto, specialmente con riferimento all’inclusione dei/delle giovani europei/e.

Misteriosa – ma non troppo – l’assenza nella lista degli enti e persone da cui il relatore Milan Zver ha ricevuto contributi, del Consiglio Nazionale per i Giovani e dell’Agenzia Italiana per la Gioventù.

Un documento, ricorda il relatore motivato dalla necessità di valutare l’esecuzione del programma Erasmus+ per il periodo 2012-2027 e basato sui risultati di un sondaggio rivolto alle Agenzie Nazionali (NA) Erasmus+ dei Paesi UE, del feedback di un insieme più ampio di stakeholder coinvolti nelle azioni del programma e, ancora, dalle risultanze degli incontri con relatori ombra e i rappresentanti della direzione generale dell’Istruzione e della cultura (DG EAC) della Commissione e dell’Agenzia esecutiva per l’istruzione, gli audiovisivi e la cultura (EACEA).

Una panoramica impietosa circa l’attuazione del programma nei primi due anni e mezzo della sua esistenza, nei campi della formazione, gioventù, cooperazione internazionale e sport. Poca roba per qualche burocrate europeo ancora incapace di comprendere iniziative disruptive nel campo dell’inclusione e diversità, della trasformazione digitale, dell’ambiente e lotta al cambiamento climatico e, ancora, della partecipazione alla vita democratica, ai valori comuni e all’impegno civico. Tutti elementi, guardando alle acritiche valutazioni di merito effettuate dalle Agenzie Nazionali del programma, spesso ricorrenti come ricordato da numerose organizzazioni giovanili e comitati informali di giovani in giro per l’Unione europea.

Una struttura del programma nata per progettare e promuovere la collaborazione, la mobilità, l’innovazione e la riforma politica a tutti i livelli ma, di fatto, settata per essere inaccessibile e finanziatrice di iniziative di scarso impatto in materia di scambi educativi e apprendimento interculturale.

L’avvio dell’attuale programma 21-27, ricorda ancora il relatore Milan Zver, “si è rivelato difficile, a partire da un ritardo nell’approvazione del Quadro Finanziario Pluriennale e, di conseguenza, dello stesso Regolamento Erasmus+”. 

Un programma rigido e poco flessibile come ricordato dagli effetti prodotti dalla recente guerra in Ucraina che ha causato alti tassi di inflazione e, quindi, aumento dei costi per la gestione dei progetti, specialmente per le poco strutturate organizzazioni giovanili beneficiarie del programma. Dettagli per i burocrati europei, nonostante l’evidente presenza di sfide senza precedenti per le attività rientranti nell’ambito del programma Erasmus+.

“Un sentimento generale delle istituzioni coinvolte nell’attuazione di Erasmus+ si concentra sulla mancanza di flessibilità evidenziata durante la crisi COVID-19, in particolare dall’EACEA – si legge nella relazione dela CULT -. Sebbene le misure della Commissione europea e dell’EACEA per adattarsi alla crisi ucraina siano apprezzate, molte istituzioni hanno espresso un chiaro punto di vista secondo cui si sarebbe potuto fare di più e che le fonti di finanziamento nazionali erano più facilmente disponibili rispetto ai finanziamenti ricevuti nell’ambito di Erasmus+”.

A confermare il commento contenuto nella relazione anche la presenza di una maggiore domanda di attività di mobilità e cooperazione rispetto alle opportunità disponibili. Quindi, dalle parti dell’Ue, si dovrebbe smettere di parlare di opportunità europee per giovani e adulti e agitare la bandiera dell’Erasmus+ come la soluzione a tutti i problemi legati all’apprendimento, all’educazione e alla cooperazione giovanile. Più coerente un cambio di comunicazione ritagliando all’Erasmus+ la funzione di “programma per pochi e per idee non di impatto”.

Critiche anche per i programmi di mobilità per gli adulti: “La mobilità dei discenti adulti, come nuova opportunità, non è ancora sufficientemente pubblicizzata e la sua diffusione è relativamente bassa”, si legge nella relazione”. Ma anche per le attività di partecipazione dei giovani: “Gli ostacoli alla partecipazione continuano ad essere considerevolmente elevati, considerando la combinazione di intricati processi amministrativi e di candidatura per le organizzazioni richiedenti di piccole dimensioni e l’incapacità dei gruppi giovanili informali di presentare domanda”. Tradotto, una patente di inaccessibilità per giovani e adulti al programma Erasmus+. Complimenti Unione!

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Senza contare i notevoli ritardi nell’erogazione dei saldi dei progetti Erasmus+ verso le organizzazioni beneficiarie in Ue, come ricordato recentemente in una interrogazione parlamentare redatta dall’eurodeputata italiana, Francesca Donato. Testo che indica in modo incontrovertibile un’altra milestone di inaccessibilità e pessima gestione amministrativa del programma. Incertezze e ritardi nella tempistica dei contratti e nei pagamenti ai beneficiari che si aggiungono agli oneri amministrativi e complicano la pianificazione finanziaria, in modo particolare per le piccole organizzazioni e i nuovi arrivati, minando così le ambizioni di raggiungere l’inclusione e la diversità.

Problemi riscontrati anche nel sistema del riconoscimento e della trasferibilità dei crediti. Secondo un sondaggio dell’Erasmus Student Network, quasi un terzo degli intervistati ha, infatti, riferito di non aver ricevuto il pieno riconoscimento dei crediti, il che è lontano dagli obiettivi stabiliti nella Carta Erasmus per l’istruzione superiore. Il Relatore, pertanto, ha chiesto alla Commissione europea di adoperarsi per un maggiore riconoscimento dei crediti acquisiti durante i periodi di mobilità, rendendo più semplice per gli studenti il ​​trasferimento dei crediti tra istituti e garantendo il valore accademico delle loro esperienze. Inoltre, andrebbero esplorate la fattibilità e la necessità di un “titolo europeo congiunto”.

Sebbene le azioni di mobilità internazionale godano di grande popolarità e ricevano feedback positivi sulla maggior parte degli aspetti, si legge nella relazione, vi è margine di miglioramento per quanto riguarda la chiarezza delle regole di finanziamento e il miglioramento della gestione dei programmi, soprattutto tramite strumenti digitali. Le modifiche alla convenzione di sovvenzione dovrebbero costituire una priorità nella seconda fase del programma, al fine di garantire che tutti i partecipanti ricevano le sovvenzioni prima dell’inizio della mobilità. Attualmente le borse Erasmus non coprono, come risaputo, completamente i costi aggiuntivi legati allo studio all’estero. Un’altra constatazione dell’iniquità del programma specialmente per quei/quelle giovani privi di mezzi e risorse proprie, a maggior ragione in un contesto di generalizzato aumento dei prezzi degli affitti degli alloggi e della scarsità di alloggi per gli studenti.

I finanziamenti per l’istruzione nell’ambito del quadro finanziario pluriennale, ancora secondo la relazione, dovrebbero aumentare in modo che sia possibile raggiungere l’obiettivo prefissato di un ampio accesso a una mobilità di alta qualità e tenere il passo con l’aumento dei costi effettivi della mobilità.

La configurazione del programma, con poche azioni chiave e diverse sottoazioni con molta varietà all’interno di ciascuna di esse, rende inoltre il programma relativamente complesso e difficile da comprendere per i gruppi target, tra i quali i giovani vulnerabili, confermando una gestione impegnativa per l’amministrazione del programma. Insomma, non ne va bene per “la buona pratica” Erasmus+.

Erasmus+ pone una forte enfasi sulla promozione dell’inclusione, della diversità e delle pari opportunità per tutti i partecipanti ma, come confermato, oltre che da migliaia di organizzazioni giovanili in UE, anche dalla relazione esiste un notevole ostacolo al raggiungimento dell’inclusione tanto sbandierata dall’UE per via di “un insufficiente tenore delle sovvenzioni. È necessario sviluppare ulteriormente le strategie per garantire che i gruppi sottorappresentati, compresi i soggetti con disabilità e coloro che provengono da comunità emarginate, abbiano un accesso effettivo alle opportunità Erasmus+”. Con gli attuali livelli di accesso, l’ambizione contenuta nella relazione, non potrà che restare lettera morta, con buona pace del principale obiettivo del programma: l’inclusione appunto.

Che dire poi dell’assenza di dati sul contesto socioeconomico dei partecipanti e sull’impatto finanziario delle disabilità? Nulla, i dati infatti non esistono, rileva il relatore della commissione CULT.

Erasmus+, ancora, dovrebbe mirare a consentire ai giovani di impegnarsi attivamente nelle loro comunità, partecipare ai processi decisionali e contribuire alla costruzione di un forte senso di valori democratici e cittadinanza attiva, nonché incoraggiare a promuovere il pensiero critico, l’alfabetizzazione mediatica e la partecipazione dei giovani ai processi democratici. Di fatto, però, organizzazioni qualificate in tali materie sono oggetto di “vessazioni valutative” da parte dei burocrati e delle “società in house” incaricate della selezione delle domande. Chissà forse per mancanza di conoscenza del settore o per semplice dabbenaggine, iniziative disruptive a sostegno dello sviluppo del pensiero critico dei giovani continuano a non essere sostenute dal programma. Sicuramente per qualcuno/a è meglio tenere i/le giovani a compilare inutili fogli flipchart sui temi di “my country, your country”. Evviva il facile happy ending, evviva lo scarso impatto.

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D’altronde se nella stessa relazione si chiede di migliorare la qualità delle valutazioni”, un motivo (più di uno) ci sarà.

Eppure l’impegno civico e la partecipazione alla vita democratica avrebbero dovuto rappresentare una delle nuove priorità del programma, ma, come richiamato sopra, i progressi sono tutt’altro che evidenti. La stessa relazione afferma che le azioni Erasmus+ nel campo dell’educazione alla cittadinanza sono notevolmente prive di impatto sistemico. Eccallà, per usare un termine caro a qualche ufficio romano.

Che dire poi della promozione delle elezioni europee del giugno 2024 tra i giovani? Anche qui sono notevoli le iniziative giovanili (ricordiamoli i giovani che fanno cose per i giovani) cestinate senza motivo e cognizione di causa dai burocrati e dai valutatori delle “società in house”. Poi qualcuno/a non si lamenti dei notevoli livelli di astensionismo tra i giovani europei (ricordiamolo, alle prese con progetti il cui leit motiv sono le flip chart).

Difficoltà di accesso e di “critica selezione”, aumentati con l’aumento del bilancio per il programma, oggi pari a 26,51 miliardi di euro, di cui 24,57 a prezzi correnti. Che qualcuno/a dalle parti dell’Ue non voglia realmente spendere le risorse messe a bilancio per poi rispenderle in altre azioni e programmi?

Durante l’attuale periodo di programmazione, ancora secondo la relazione, il numero di organizzazioni giovanili che ricevono sovvenzioni centralizzate Erasmus+ gestite direttamente dall’EACEA è diminuito. Ecco un altro elemento a sostegno della teoria circa l’inaccessibilità del programma specialmente per i più vulnerabili e le organizzazioni meno strutturate, paradossalmente quelle che avrebbero più bisogno del sostegno del programma Erasmus+. Dettagli.

Il bilancio disponibile per le azioni nel campo dell’apprendimento e dell’istruzione degli adulti (ALE), ancora, sta diventando sempre più imprevedibile. L’attuale importo totale e la quota che rappresenta, il 5,8% del bilancio totale per l’istruzione e la formazione, non sono sufficienti per raggiungere una partecipazione del 60% degli adulti all’ALE entro il 2030. Tac! e il tutto avviene in un contesto di mancanza di finanziamenti strutturali per ALE a livello nazionale e regionale in Europa, determinando un elevato grado di dipendenza dai finanziamenti dei progetti dell’UE.

Dal punto di vista dei beneficiari e delle Agenzie nazionali, esistono tuttavia una serie di carenze. Ne sono un esempio il complicato processo di registrazione, i moduli di domanda e altri processi che richiedono molti dettagli, che sono difficili da fornire per le entità e gli individui più piccoli senza un supporto specifico;

Inoltre, ricorda ancora la relazione della CULT, la mancanza di supporto o guida da parte del livello centrale alle Agenzie Nazionali ostacola i processi di valutazione e rendicontazione e porta a incoerenze tra le diverse Agenzie. 

La richiesta di una “relazione continua” ai beneficiari di progetti della durata di più di 12 mesi, ancora, è stata ritenuta dalla CULT molto complessa per i beneficiari, sottraendo tempo prezioso all’attuazione del progetto.

Il relatore, pertanto, ha raccomandato vivamente un allentamento dei requisiti amministrativi a tutti i livelli e in tutte le fasi, compresa la fase di presentazione delle domande. “Nella situazione attuale si impedisce ai piccoli beneficiari di presentare domanda per l’Azione Chiave (KA) 1, ad esempio gli scambi di giovani, nonché i partenariati su piccola scala KA2, che sono specificamente destinati alle organizzazioni più piccole”.

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Da rivedere anche i pessimi infoday che, nella sola Italia, possono portare i rappresentanti delle organizzazioni giovanili a declinare la propria partecipazione, dati non solo i costi crescenti per gli spostamenti (specialmente per gli esponenti delle organizzazioni nelle regioni insulari) ma anche per il tenore della formazione “garantito”.

Altra tegola sulla testa dei burocrati Ue, la constatazione (l’ennesima) della disastrosa piattaforma europea per i programmi Erasmus+ ed Esc. “Nonostante la centralità della priorità della digitalizzazione nel programma, il lento avanzamento degli strumenti digitali previsti per sostenere l’attuazione del programma non è all’altezza di tutte le aspettative, incidendo negativamente sulla partecipazione e sull’attuazione del programma. Inoltre – si legge ancora nella relazione – si ostacola la raccolta e il monitoraggio dei dati necessari, ponendo un elevato rischio reputazionale per l’immagine complessiva del programma”.

Insomma, si parla tanto di transizione digitale e poi l’Ue, con le sue costose piattaforme digitali, non riesce nemmeno a far programmare un portale digitale efficiente. I problemi, per alcuni, sono sempre altrove…

Il relatore, quindi, ha esortato la Commissione a garantire che gli strumenti e i sistemi digitali esistenti utilizzati per la gestione e l’attuazione del programma siano di facile utilizzo, e, ancora, invitato la Commissione ad affrontare senza indugio le gravi questioni persistenti relative agli strumenti informatici Erasmus+ e a testarli su scala sufficientemente ampia prima della loro ulteriore attuazione. 

È chiaro che il grande potenziale di Erasmus+, peraltro mai espresso totalmente, richiede finanziamenti sufficienti in futuro per sostenre un impatto di vasta portata sugli individui e sulle società in tutta Europa. E’ essenziale per il futuro del programma, prosegue la relazione della CULT, che le questioni tecniche e burocratiche non ne compromettano l’efficacia e che è urgentemente necessaria un’ulteriore semplificazione del programma.

Fatte queste ampie premesse, per non dire dopo aver demolito l’impianto della gestione burocratica dell’Erasmus+, la relazione ha consigliato di aumentare le sovvenzioni per coprire i costi della mobilità, porre fine ai ritardi nei pagamenti, sostenere i giovani con minori opportunità con maggiori risorse e rimuovere le barriere all’interno dei processi amministrativi in ​​tutte le fasi dei progetti che, di fatto, “ostacolano notevolmente la partecipazione dei giovani ​​e delle organizzazioni su piccola scala, in particolare nei settori scolastico, giovanile, dell’IFP e dello sport, nonché nell’istruzione degli adulti”.

Consigliata anche la revisione del percorso di invio delle domande che, al momento, continua ad essere dispendioso in termini di tempo e accessibile per le società di consulenza per la redazione dei progetti, scoraggiando la partecipazione di piccole organizzazioni. Un plauso alla Ue per la sua “capacità di includere” è d’obbligo…

Rilevato, inoltre, un numero notevolmente inferiore di domande accolte da parte di organizzazioni giovanili e gestite da volontari per sovvenzioni centralizzate, in particolare nell’ambito dell’iniziativa European Youth Together e dell’azione chiave 2, Partenariati di cooperazione nel settore della gioventù, e della conseguente riduzione del bilancio di quest’ultimo nel 2023.

Stigmatizzato anche lo sviluppo lento e incompleto dell’infrastruttura informatica e il funzionamento inadeguato degli strumenti informatici quali i moduli di gestione dei beneficiari e dei progetti e il supporto linguistico online (OLS), che aumenta il carico di lavoro di tutti coloro che sono coinvolti nell’attuazione del programma, scoraggiando la partecipazione delle nuove organizzazioni giovanili ​​e compromettendo l’ambizione del programma di ampliare la partecipazione.

Alla Commissione europea, ancora, è stato chiesto di pubblicare un invito a presentare progetti che consentano agli studenti delle scuole secondarie di visitare un sito legato alle atrocità commesse dai regimi totalitari in Europa. Se, come previsto, si copierà e incollerà quanto previsto dal programma “Remembrance” stiamo freschi…