Emergenze del comparto agropastorale, le audizioni in Quinta Commissione.
L’emergenza “cavallette”, la crisi della suinicoltura, il crollo del prezzo della lana sono stati i principali temi durante il dibattito della seduta mattutina della Commissione “Attività Produttive” del Consiglio regionale.
I rappresentanti dell’Associazione suinicoltori, che raccoglie circa 100 aziende sarde, hanno illustrato al parlamentino della quinta Commissione, le difficoltà attraversate dal settore a causa della pandemia: “Il nostro comparto è in ginocchio – ha detto il presidente Fabrizio Viglietti – nell’ultimo biennio siamo riusciti a piazzare i nostri prodotti solo a Natale. Successivamente abbiamo dovuto svendere i suini da latte a soli 15 euro a capo. I costi di produzione superano di gran lunga i magri incassi degli ultimi mesi”. Per questo i suinicoltori hanno sollecitato un’accelerazione nell’erogazione delle somme stanziate lo scorso anno e un ulteriore intervento finanziario per il 2021: “I fondi deliberati dal Consiglio nel 2020 rappresentano un’importante boccata d’ossigeno per le nostre aziende ma non sono sufficienti. Chiediamo, nei limiti delle disponibilità del bilancio regionale, un ulteriore sforzo finanziario che consenta alle nostre imprese di far fronte ai costi vivi. Gli animali vanno alimentati ogni giorno”.
I rappresentanti dell’Associazione suinicoltori, inoltre, hanno stigmatizzato gli ormai cronici ritardi nell’erogazione degli aiuti che, a distanza di mesi, sono stati erogati soltanto a pochi pochi allevatori: “Siamo alla canna del gas – ha detto Giovanni Goddi, allevatore di suinetti da latte – chiediamo alla macchina amministrativa di accelerare le procedure per il disbrigo delle pratiche. In caso contrario molte aziende saranno costrette a chiudere i battenti”. Parere condiviso da Erminio Saba allevatore di Pimentel: “Se non si interviene subito si rischia di perdere un patrimonio di esperienze tramandato da secoli. L’allevamento del suino è un pezzo importante della nostra identità e della nostra cultura, va oltre l’aspetto meramente economico”.
Più attenzione per il comparto ha invocato anche Pietro Tandeddu della Copagri, secondo il quale “il ritardo nei pagamenti delle varie misure regionali o del Psr è un problema che riguarda tutti i settori dell’agricoltura” e, ancora, “sarebbe opportuno individuare nuove risorse in sede di assestamento di bilancio”, nonché “risolvere la questione della peste suina. La Giunta deve ricostituire l’Unità di Progetto e varare il nuovo piano di eradicazione della malattia”.
Sui ritardi nei pagamenti, il capogruppo del Psd’Az Franco Mula ha annunciato un’iniziativa consiliare: “Non è possibile che i contributi stanziati un anno fa non siano arrivati ancora a destinazione e se la macchina non funziona qualcuno ne deve rispondere. Chiederemo conto della situazione all’assessore e ai dirigenti”.
Stessa posizione è stata espressa da Emanuele Cera di Forza Italia: “La politica non può pagare per le responsabilità altrui. Sono esterrefatto per l’operato della burocrazia. Ciò che si apprende oggi è imbarazzante”. Anche Salvatore Corrias (Pd) ha puntato l’indice contro la macchina amministrativa: “Il tempo ha un ruolo decisivo. Gli allevatori hanno bisogno di risposte rapide. Chi non è in grado si faccia da parte. Sullo stop all’azione di contrasto della peste suina abbiamo presentato una mozione urgente”.
Per Eugenio Lai (Leu) la responsabilità non è soltanto della burocrazia: “Anche la politica ha le sue colpe. Il primo giugno è stata soppressa la task force istituita per porre rimedio ai ritardi nei pagamenti in agricoltura. Cosa intende fare la Giunta?”.
A Lai ha replicato il presidente della Commissione Piero Maieli: “La task force non è stata soppressa ma è arrivata a scadenza naturale e sui ritardi nei pagamenti chiederemo conto all’assessore e ai commissari delle agenzie agricole, a partire da questo pomeriggio quando saranno sentiti in audizione sull’attuazione delle misure del PSR”.
Maieli ha poi spiegato che, secondo gli ultimi dati forniti da Laore, nei prossimi giorni saranno liquidate altre 57 pratiche agli allevamenti suinicoli per complessivi 250mila euro.
Successivamente la commissione ha sentito i rappresentanti di Confagricoltura e Copagri sul crollo del prezzo della lana di pecora, prodotto che oggi viene pagato 20 centesimi al chilo. Una cifra irrisoria che non copre nemmeno il costo per la tosatura, stimato in circa 1,6 euro a capo. Considerato che una pecora produce in media un chilo e mezzo di lana, la perdita appare subito evidente. Per questo alcuni consiglieri del centrodestra hanno presentato una proposta di legge a sostegno del comparto, primo firmatario Giuseppe Talanas di Forza Italia.
La proposta prevede un ristoro di 75 centesimi di euro per ogni chilo di lana prodotta dietro presentazione di regolare fattura di vendita, per una spesa prevista di 7,5 milioni di euro per il triennio 2021-2023.
Perplessità sull’efficacia del provvedimento sono state manifestate dal direttore di Copagri Pietro Tandeddu: “La proposta di legge interviene come se il crollo del prezzo della lana fosse un fatto congiunturale, il problema è invece strutturale e in quanto tale va affrontato ampliando il provvedimento. Questa è l’occasione per cominciare a pensare a un intervento complessivo sul settore ovicaprino”. Secondo il direttore di Copagri, per dare valore aggiunto alla lana di pecora occorre puntare sulla ricerca coinvolgendo le agenzie agricole regionali e l’Università: “Ci sono altre possibilità di impiego della lana oltre al tessile, una di queste è la bioedilizia, settore in forte espansione”.
Sulla stessa linea Banne Sio di Confagricoltura: “Considerando che un gregge di pecore è costituito mediamente da 270 capi e prevedendo, ottimisticamente, una produzione di lana di un chilo e mezzo a capo ogni allevatore andrebbe a incassare un contributo di circa 300 euro. E’ una cifra insufficiente che non coprirebbe nemmeno il costo della macchina burocratica: l’istruzione di una sola pratica costa alla Regione tra i 300 e i 400 euro”. Anche per il rappresentate di Confagricoltura la via maestra è quella della ricerca: “Occorre valorizzare la lana di pecora pensando ad altre possibilità di impiego: nell’edilizia (con la realizzazione di pannelli isolanti da utilizzare per i cappotti termici degli edifici), nella lotta all’inquinamento del mare (con la previsione di barriere di lana capaci di assorbire gli idrocarburi) per finire con l’artigianato artistico che la lana di pecora ha sempre utilizzato per la realizzazione di tappeti, arazzi e altri oggetti di alto valore”.
Dai rappresentanti delle associazioni agricole, infine, è arrivata la proposta di istituire la Festa della tosatura, un evento di grande richiamo in grado di promuovere il prodotto, strettamente legato alla cultura agropastorale della Sardegna, e le sue diverse possibilità di utilizzo”.
Il primo firmatario della legge Giuseppe Talanas (Forza Italia) ha apprezzato i suggerimenti arrivati dai rappresentati delle organizzazioni di categoria sottolineando però l’obiettivo prioritario del provvedimento: “Questa legge serve adesso per dare una piccola integrazione al reddito ai pastori e abbattere i costi della tosatura e dello smaltimento della lana, considerata oggi un rifiuto speciale. In seguito si potrà pensare ad altri interventi di carattere strutturale”. Favorevoli anche Emanuele Cera (Forza Italia), Carla Cuccu (M5S) e Ignazio Manca (Lega). Per quest’ultimo la legge “rappresenta un aiuto concreto al mondo agropastorale, uno dei pilastri su cui si fonda l’identità sarda. Un provvedimento che rientra negli strumenti utili a contrastare lo spopolamento delle zone interne”.
Di diverso avviso i consiglieri d’opposizione Salvatore Corrias (Pd) e Gianfranco Satta (Progressisti) che hanno invitato la Commissione a tener conto delle osservazioni delle associazioni di categoria: “Ai pastori occorre dare una prospettiva, questa legge affronta un’emergenza ma rischia di essere una panacea. Il contributo previsto non copre nemmeno i costi della tosatura”.
Al termine il topi della discussione si è spostato sull’emergenza cavallette che ha colpito la piana di Ottana: “Ieri – ha detto il capogruppo del Psd’Az Franco Mula – si è tenuta una riunione informale, promossa dai consiglieri regionali di maggioranza del Nuorese, alla quale hanno preso parte i sindaci dei territori interessati, gli assessori regionali dell’Agricoltura e dell’Ambiente, alcune associazioni di categoria, il commissario straordinario di Laore e il commissario della Provincia di Nuoro. La situazione è drammatica: sono circa 30mila gli ettari colpiti da questo flagello. Senza interventi di prevenzione il prossimo anno la superficie coinvolta potrebbe triplicarsi. Occorre adesso individuare le competenze e agire al più presto. L’assessore all’Agricoltura convocherà presto un tavolo per decidere il da farsi”.
I rappresentanti di Copagri e Confagricoltura hanno convenuto sulla necessità di un intervento rapido per arginare l’invasione delle cavallette. Il direttore di Copagri Tandeddu ha suggerito di evitare il ricorso al de minimis per i ristori alle aziende agricole: “La legislazione europea e quella nazionale considera le cavallette organismo nocivi. Gli aiuti possono essere concessi senza ricorrere al de minimis. Le risorse necessarie potrebbero essere recuperate con l’assestamento di bilancio”. Secondo Tandeddu, la prevenzione rimane la strada maestra: “Va però elaborato un piano di interventi che coinvolga Regione, associazioni di categoria e proprietari dei terreni interessati”.
Per Banne Sio (Confagricoltura) la macchina organizzativa va rafforzata: “A nostro avviso sarebbe opportuno costituire un tavolo permanente interassessoriale con la partecipazione degli esperti dell’Università e di Agris. Il problema non può essere sempre affrontato quando ormai si è già manifestato, meglio prevenirlo”.