Dl Sud, PD: “Con nuova legge blocco aziende”.

Il Governo ha appena approvato il decreto legge Sud con il quale si estende a tutto il mezzogiorno la ZES, decreto che il 27 ottobre arriverà in aula e assumerà la sua forma definitiva. Le ZES sono oggi limitate alle aree industriali connesse ai porti per costruire hub logistici, sono governate da commissari scelti da governo e situati nel territorio regionale dove operano in stretto raccordo con la Regione. Le ZES attuali possono concedere un credito d’imposta sino al 50% degli investimenti compresi quelli immobiliari e lo sconto totale dell’IRES per 7 anni se l’impresa mantiene localizzazione e occupazione per 10 anni.

Con la nuova legge si estenderà a tutto il territorio delle regioni del SUD il credito d’imposta, cancellando l’IRES e dando garanzie per gli investimenti solo per il 2024. Un nuovo corso, secondo le valutazioni del PD, che bloccherà ogni impresa interessata ad investire, nell’attesa delle nuove norme. “Il Blocco degli investimenti sino a giugno 2024 – si legge nella nota del senatore Marco Meloni – è la naturale conseguenza di queste scelte così come lo è stato per il PNRR che sconta riduzioni e rinunce a causa del cambio della governance anche se il Governo tenta di dare la responsabilità agli enti locali”.

Emerge, ancora, un giudizio negativo sia da parte dei Presidenti delle Regioni che dai commissari governativi delle attuali ZES sino ad arrivare alle categorie economiche come l’ANCE e alla associazione dei comuni che hanno duramente contestato il testo per come è stato elaborato dal Governo.

Non viene contestata, inoltre, l’estensione a tutto il territorio del mezzogiorno della ZES, anche se ci sono dubbi diffusi sull’assenza di priorità nelle scelte delle vocazioni territoriali, ma l’accentramento di tutte le procedure su una cabina di regia di Palazzo Chigi, dove già si concentrano la cabina di regia del PNRR, quella sulla strategia delle aree interne, quella sull’FSC e ora quelle sulle Zone economiche speciali. “Un disegno accentratore che fa i pugni sia con la distribuzione costituzionale dei poteri a Regioni e comuni (che sono pronti a chiedere l’intervento della Corte Costituzionale) sia per la lentezza burocratica che si genera se migliaia di procedure anche le più banali devono finire su uno unico”, spiega Meloni.

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“Il PD non è contrario alla estensione della ZES ma la ZES unica del governo è un bluff. Si fanno le nozze con i fichi secchi, si prendono le risorse disponibili per aree territoriali limitate e le si usano per territori più grandi con una lotta tra poveri per arrivare primi, anziché privilegiare la valutazione strategica degli investimenti”.

Per la Sardegna, secondo la valutazione del PD, il danno sarà maggiore. Gli interessi della Sardegna non sono tutelati se si costringono le imprese che volessero insediarsi nell’isola ad accedervi attraverso uno sportello centralizzato a Roma dove la competizione diventa aperta con aree metropolitane com Napoli, Bari o Palermo. La Sardegna diventa un vaso di coccio tra giganti. E in più la Sardegna ha la ZES più recente in pieno sviluppo, con 11 procedura di insediamento approvate e 36 in via di approvazione e presentazione che si bloccheranno se viene approvato il testo come presentato dal Governo. Per non parlare della perdita delle professionalità già operative che non saranno trasferite a Palazzo Chigi dove è prevista un nuovo reclutamento coperto con 3.5 milioni di euro.

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Da qui alcune proposte di emendamento dei rappresentanti del PD: proteggere la Sardegna e la Sicilia dalla centralizzazione della concessione del bonus ZES a Roma, inserire un periodo di transizione più lungo nel quale la ZES sarda possa continuare ad operare almeno sino alla fine del 2024.

Nel decreto Sud, oltre alla trasformazione della ZES c’è anche un cambio di governance del Fondo di Sviluppo e Coesione. Qui i danni possono essere molto rilevanti per la Sardegna e per le regioni del mezzogiorno che hanno l’80% del fondo. Tutti i presidenti di Regione contestano il fatto che i finanziamenti dell’FSC diventano tutti a rischio passando al metodo proposto nel quale l’odv non è più sufficiente ad garantire un progetto ma si introducono modalità che rendono automatico il definanziamento sulla base di un cronoprogramma annuale. Al fondo non c’è la volontà di velocizzare la realizzazione dei progetti ma di definanziarli per fare cassa.

Infatti il FSC è la fonte di copertura per 16 miliardi definanziati ai comuni dal PNRR (500 milioni in Sardegna come abbiamo segnalato nei giorni scorsi, anche se tacciati di portatori di fame news o di campagna elettorale anticipata) solo che al netto delle delibere CIPESS già assunte di 78 miliardi di euro di partenza del FSC ne restano disponibili solo 12,8 come ha certificato l’ufficio studi della Camera la scorsa settimana. Occorre fare cassa per recuperare altri 3,2 e coprire quanto tolto ai comuni. Naturalmente si toglierà al mezzogiorno e alle regioni che non hanno ancora firmato i nuovi accordi per coprire i progetti dei comuni del nord perché i rapporti tra PNRR e FSC sono opposti in termini di proporzione.

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Se il Governo userà il Fondo Sviluppo e Coesione per coprire i definanziamenti, secondo la valutazione del PD, saranno ulteriori risorse sottratte all’isola che non è tra quelle che ha firmato ancora i nuovi patti e in quella sede vedremo la rivisitazione. E poi non è ancora reso noto l’impatto sull’isola del nuovo definanziamento sulla sanità che è stato pianificato per ottenere la 5 rata PNRR. È noto solo che sono circa 400 su 1300 le case della salute e gli ospedali di comunità definanziati sul PNRR ma la Sardegna non sa ancora ne quali ne quanti sono stati cancellati.

Per questi fondi il Governo ha promesso una copertura sull’art.20 delle normativa sul finanziamento delle infrastrutture ospedaliere. Si tratta di una scelta che fa a pugni con la realtà operativa perchè la media dei tempi di ottenimento di questi fondi sono almeno 5 anni solo per la burocrazia. Basta pensare all’ospedale di San Gavino o a quello di Alghero la cui procedura di finanziamento sull’art.20 è stata avviata dall’assessore Dirindin e conclusa,  e solo per uno dei due ospedali solo 10 anni dopo con l’assessore Arru.

Chiara quindi la conclusione del PD: “La Sardegna deve impugnare il decreto SUD sia sulla base della protezione costituzionale sui poteri della Regione che sulla insularità e non farsi assorbire dalla ZES centralizzata a Roma”.