Disoccupazione giovanile nell’UE, Bardella: “Ridurre il tasso in Ue”. Difficile con Garanzia giovani.

Nonostante alcune dichiarazioni – ben oltre il limite della disinformazione – secondo le quali il numero dei Neet starebbe diminuendo, l’eurodeputato di Identità e Democrazia Jordan Bardella ha recentemente interrogato la Commissione von der Leyen per capire quali sono le misure adottate per la riduzione del tasso di disoccupazione giovanile nell’Ue, dal momento che le stesse statistiche europee sul tema del lavoro continuano a confermare numeri pari a più del doppio del tasso generale di disoccupazione tra i/le giovani europei/e.

Della questione si è incaricato il commissario al lavoro Schmit, secondo il quale il tasso di disoccupazione giovanile è diminuito significativamente negli ultimi dieci anni (25,2% nel 2013, scendendo al 14,5% nel 2022 e al 14,8% nell’ottobre 2023), dimenticandosi, però di rimarcare anche la diminuzione dei giovani in Europa. Ma, come risaputo, chiedere lucidità e raziocinio dalle parti della Commissione von der Leyen è cosa a dir poco ardua.

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Come, d’altronde, la stessa originalità delle proposte per l’inclusione lavorativa dei giovani, ancora affidata al pessimo programma “Garanzia giovani” che, per l’esponente della Commissione europea “rimane lo strumento principale per affrontare la disoccupazione giovanile”. Andiamo proprio bene!

Una premessa obbligata, preludio per lo “snocciolamento” degli ipotetici dati di impatto realizzati attraverso il programma: “Dal 2013 – prosegue Schmit – sono circa 50 milioni i giovani che hanno accolto un’offerta di lavoro, formazione continua o di apprendistato”.

Programma fallimentare sul quale, però, bisogna ancora puntare per la Commissione Ue: “È importante proseguire e intensificare l’attuazione della garanzia per i giovani negli Stati membri. Nell’ambito del Fondo sociale europeo Plus, gli Stati membri possono investire complessivamente 17,3 miliardi di euro per l’occupazione giovanile e nell’integrazione socioeconomica dei giovani, anche attraverso l’istruzione e la formazione professionale. Ci sono – conclude – 22 misure di piani di ripresa e resilienza in 11 Stati membri a sostegno dei giovani”.

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Basterebbe, però, guardare al pessimo “piano per i giovani” previsto dal Pnrr italiano per rendersi facilemente conto dell’insussistenza dell’intero impianto delle politiche Ue per l’inclusione lavorativa dei giovani, senza contare i già noti ritardi dei pagamenti e delle risposte alle organizzazioni giovanili nell’ambito dei Programmi Erasmus+ ed Esc da parte delle Agenzie Nazionali per i Giovani. Ricordiamolo, sempre meno monitorate dai vertici Ue.

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