Disinformazione online: la Commissione UE valuta l’impegno delle grandi piattaforme digitali.
La Commissione Europea è intervenuta oggi sull’interrogazione dell’eurodeputata Veronika Cifrová Ostrihoňová (Renew) sul futuro del Codice di buone pratiche sulla disinformazione, nel caso in cui le grandi piattaforme digitali smettessero di collaborare con i fact-checker.
Il Codice, introdotto nel 2018 e aggiornato nel 2022, è un quadro di riferimento volontario che coinvolge oltre 40 soggetti tra piattaforme digitali, organizzazioni no-profit, istituti di ricerca e fact-checker. Nel febbraio 2025, il Consiglio Europeo per i Servizi Digitali e la Commissione hanno valutato il Codice, stabilendo che risponde ai requisiti dell’Articolo 45 del Digital Services Act (DSA) e può essere considerato un punto di riferimento per la conformità delle grandi piattaforme digitali (VLOP) e dei motori di ricerca di grandi dimensioni (VLOSE).
Tuttavia, la Commissione ha espresso preoccupazione per il ritiro di alcune piattaforme dal capitolo dedicato al fact-checking. Secondo Bruxelles, la verifica indipendente e imparziale delle informazioni è fondamentale per contrastare la diffusione della disinformazione, proteggere il dibattito pubblico e garantire l’integrità elettorale, pur nel rispetto della libertà di espressione.
La Commissione, infine, ha annunciato che monitorerà il livello di impegno e l’attuazione del Codice da parte delle piattaforme caso per caso. Se necessario, saranno avviati dialoghi regolatori e definite eventuali azioni di follow-up per garantire il rispetto degli obblighi previsti dal DSA.
Da ricordare, però, che i grandi big player del digitale non hanno certo timore delle “timide” sanzioni europee, visti i miliardi di fatturato prodotti con cadenza quasi quotidiana in Ue.
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