Diritti delle donne, Strajk Kobiet Sardynia: “Non voltiamoci dall’altra parte”.

“Non voltiamoci dall’altra parte”. Questo l’appello di Strajk Kobiet Sardynia alle donne e agli uomini della politica della Sardegna verso la salvaguardia dei diritti della donna, messi in discussione in Polonia per via delle politiche messe in atto dal Governo nazionale.

“Dallo scorso 27 gennaio – ricordano gli attivisti di Strajk Kobiet Sardynia – il Governo polacco ha annunciato la pubblicazione e l’immediata entrata in vigore, con valore di legge, della sentenza della Corte costituzionale che vieta l’aborto, salvo in caso di incesto, stupro o pericolo per la vita della madre. Da quel giorno le donne polacche per abortire in sicurezza sono costrette a rivolgersi a strutture sanitarie di altri Stati”.

Le attiviste di Strajk Kobiet Sardynia
Le attiviste di Strajk Kobiet Sardynia

Recentemente Marta Lempart, l’attivista leader di Ogólnopolski Strajk Kobiet (letteralmente “sciopero delle donne”), ha rivolto un appello a tutti i cittadini dell’Ue affinché ciascuno di essi “scelga un politico e gli chieda di prendere posizione pubblicamente, chiedendo sanzioni contro il Governo polacco che sta minando i diritti delle donne, e più in generale la democrazia”.

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Una ‘chiamata alle armi’ sostenuta a livello regionale dagli attivisti di Strajk Kobiet Sardynia: “Noi ci rivolgiamo a tutti i politici sardi, uomini e donne, chiedendo che appoggino la nostra causa con gesti concreti oltre che con dichiarazioni pubbliche. La Polonia – prosegue Carla Porcheddu – fa parte dell’Ue, proprio come noi, e noi dobbiamo fermare questo processo che tende a ridurre sempre di più i diritti delle donne”.

Tutela dei diritti delle donne che in Polonia sta conoscendo una delle stagioni peggiori: “La situazione in Polonia sta velocemente degenerando. Il ministro per le Politiche Sociali, il Lavoro e la Famiglia ha infatti redatto un disegno di legge, secondo il quale affinché la violenza domestica sia riconosciuta come tale, gli episodi di violenza devono essere ripetuti nel tempo, uno solo, il primo, non basta, per tutelare la vittima. Inoltre lo stesso disegno di legge abolisce l’obbligo per le istituzioni (polizia, assistenti sociali, insegnanti, ONG), di segnalare i casi di violenza domestica e non prevede più che lo stato fornisca assistenza alle vittime”.

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