Dalla prima alla seconda ondata: come cambia lo scenario di diffusione dell’epidemia di Covid-19.

In Italia, dall’inizio dell’epidemia con evidenza di trasmissione (20 febbraio) fino al 30 novembre 2020 sono stati segnalati al Sistema di Sorveglianza Integrato 1.648.366 casi positivi di Covid-19 diagnosticati dai Laboratori di Riferimento regionale (Data di estrazione della base dati della Sorveglianza Integrata 20 dicembre 2020).

Rispetto alla prima ondata epidemica, secondo il rapporto congiunto ISS-Istat, la situazione della diffusione in Italia è notevolmente mutata sia in termini quantitativi che di distribuzione geografica.

È molto cambiata anche la capacità diagnostica di tale virus, grazie all’aumento della possibilità di eseguire tamponi molecolari e alla ricerca attiva di casi secondari che è stata messa in atto da Regioni e Provincie Autonome (PPAA.). È stato stimato, grazie anche all’indagine di sieroprevalenza sul SARS-CoV-2 condotta da Istat e Ministero della Salute, che nella prima ondata il rapporto tra i casi notificati e i casi reali fosse almeno nel rapporto di 1:6.

Considerando il complesso dei casi diagnosticati nel periodo febbraio-novembre, si nota che più del 50% è concentrato in 4 regioni: Lombardia, Piemonte, Veneto e Campania; tre regioni (Basilicata, Valle d’Aosta e Molise) hanno riportato meno di 10mila casi ciascuna. Si sottolinea che, a causa della numerosità della popolazione, la regione Valle d’Aosta, pur riportando il minor numero assoluto di casi, presenta il tasso di incidenza cumulativo più elevato, superiore anche a quelli riportati da Veneto, Lombardia e Piemonte.

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Nell’evoluzione della epidemia di Covid-19 nel nostro Paese si possono individuare tre fasi: la prima, dal 20 febbraio alla fine di maggio 2020 (Prima ondata), si è caratterizzata per una rapidissima diffusione dei casi e dei decessi e per una forte concentrazione territoriale prevalentemente nel Nord del Paese. Nella stagione estiva (Fase di transizione), periodo giugno – metà settembre 2020, la diffusione è stata molto contenuta, ma a partire da metà agosto si sono identificati focolai sempre più numerosi in tutto il Paese e, a partire dalla fine di settembre (Seconda ondata), i nuovi casi sono aumentati per alcune settimane con un ritmo esponenziale finché, dalla metà ottobre, le ordinanze a livello regionale e l’adozione di ulteriori misure di contenimento (DPCM Gazzetta Ufficiale, Serie generale n 275 del 4 novembre 2020, supplemento ordinario n.41) hanno portato a un’inversione di tendenza in quasi tutte le Regioni/PPAA. Le misure adottate hanno classificato queste ultime in tre aree – rossa, arancione, gialla – corrispondenti ad altrettanti scenari di rischio.

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La prima fase dell’epidemia è stata contraddistinta da una trasmissione fortemente localizzata, grazie anche alle misure preventive di sanità pubblica di “distanziamento sociale”, inizialmente limitate ad alcune aree ristrette e via via estese a tutta l’Italia dall’11 marzo 2020 (“lockdown”). Questa fase, infatti, ha riguardato essenzialmente le regioni del Nord Italia e alcune province della regione Marche nel Centro Italia.

Il quadro della diffusione è mutato drasticamente da maggio, quando si è registrato un crollo dei nuovi casi come conseguenza delle rigide misure intraprese per il controllo dell’epidemia; infatti, nei mesi di giugno e luglio si sono registrati mediamente 247 e 236 casi giornalieri. I casi hanno iniziato a risalire nel mese di agosto subito a ridosso del ferragosto, con un valore medio giornaliero di 1250 negli ultimi 10 giorni di agosto, un dato che si è poi ulteriormente elevato a 1.602 nel valore medio giornaliero di settembre. La diffusione è mutata anche in termini geografici con i maggiori tassi di incidenza cumulata per periodo (giugno-settembre) registrati in Liguria, nella provincia di Trento, in Veneto, Emilia-Romagna, Lombardia, Lazio, Sardegna, Campania.

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Con l’inizio della stagione autunno-invernale l’Italia, come altri Paesi europei, si è trovata ad affrontare un lento e progressivo peggioramento della epidemia di Covid-19. Sebbene l’andamento epidemico alla fine dell’estate sia stato da noi più contenuto che in altri Paesi europei, a partire dal mese di ottobre si assiste a una rapida ripresa della diffusione dei nuovi casi: anche in questa occasione le regioni più colpite in termini di tasso di incidenza cumulata nel periodo sono quelle del Nord (in maniera meno intensa il Friuli-Venezia Giulia e l’Emilia-Romagna) e la regione Toscana nel Centro Italia.

Foto di Eak K. da Pixabay