Da Oristano un progetto pilota per salvare i lecci.

Elaborazione di un protocollo condiviso utile a comprendere le cause e a fissare le linee operative per salvare il patrimonio di lecci in ambito urbano.

La proposta arriva dall’Assessorato all’Ambiente del Comune di Oristano che nei giorni scorsi ha riunito a Palazzo Campus Colonna un tavolo tecnico con la partecipazione dei soggetti che a vario titolo hanno competenze in ambito arboreo, di difesa fitopatologica, di tutela forestale e ambientale e di ricerca universitaria.

“Il patrimonio arboreo sardo è in pericolo, quello boschivo e quello urbano – spiega il Sindaco Massimiliano Sanna -. Nell’isola c’è grande preoccupazione per un capitale ambientale che evidentemente è in serio pericolo. A Oristano stiamo monitorando la situazione e vogliamo intervenire per proteggere centinaia di esemplari di leccio la cui condizione di sofferenza è palese e a cui vogliamo porre rimedio. Abbiamo già avviato un confronto con gli esperti del settore per elaborare una strategia che potrebbe diventare una buona pratica anche per le altre realtà urbane, non solo isolane”.

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“Dei 6.400 alberi che costituiscono il patrimonio arboreo urbano di Oristano 750 sono lecci – sottolinea l’Assessore all’Ambiente del Comune di Oristano Maria Bonaria Zedda -. In questi ultimi anni si è registrata una diffusa sofferenza di lecci, soprattutto di quelli in ambito urbano. È un fenomeno diffuso in tutta la Sardegna, in alcune realtà in maniera anche molto evidente, e non ha risparmiato Oristano dove il 50% circa di questi esemplari presenta segni di sofferenza che si manifesta con parti della chioma disseccate. Il leccio è un albero non solo molto diffuso, ma anche un simbolo della Sardegna e anche per questo motivo non possiamo assistere inerti al suo decadimento. Abbiamo quindi riunito un tavolo tecnico in modo tale da analizzare il problema e individuare le possibili soluzioni”.

Nel corso del tavolo tecnico è emerso che le principali cause della malattia, che in ambito urbano minaccia i lecci della Sardegna, sono da ricercare negli attacchi parassitari legati alla cocciniglia (Nidularia pulvinata) e nelle caratteristiche dei siti di radicazione degli alberi. Entrambi questi fattori hanno una grande influenza nello stato fitosanitario dei lecci e contribuiscono al loro progressivo decadimento. La cocciniglia, in particolare, è un parassita poco conosciuto e poco studiato. Gli interventi di cura sono orientati ad un trattamento in endoterapia con un prodotto chimico autorizzato del quale però non si conosce l’efficacia. È necessario quindi proseguire i trattamenti e raccogliere dati per verificare la reale efficacia dell’intervento curativo. A Oristano si è giunti al terzo ciclo di trattamenti in endoterapia senza che vi sia stata una inversione di tendenza e appare necessario condurre indagini più approfondite per verificare se accanto all’insetto siano coinvolti anche agenti microbiologici quali funghi, batteri e virus. Per quanto riguarda i siti di radicazione, invece, si è valutato che si potrebbe intervenire con pratiche agronomiche necessarie a dare supporto all’attività di vegetazione degli alberi, tra le quali l’allargamento della formella di radicazione dell’albero, garantendo una superficie libera proporzionata al diametro della pianta.

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“A settembre il tavolo tecnico si riunirà nuovamente e in quella sede si metterà a punto un protocollo di intervento da attuare in varie località scelte per monitorare l’efficacia delle azioni da intraprendere poi su larga scala – precisa l’Assessore Maria Bonaria Zedda -. Il Comune di Oristano, attraverso la consulenza dei tecnici del Servizio Verde Pubblico, del Corpo Forestale e dell’Università di Sassari, si candida a promuovere un progetto pilota per comprendere le cause e cercare di invertire la china negativa che in questo momento affligge i bellissimi alberi di leccio, simbolo della Sardegna. Siamo aperti alla collaborazione di tutte le altre amministrazioni comunali, oltre che ovviamente a quella indispensabile del Ministero e della Regione, e a chiunque abbia competenze e idee da condividere per difendere il nostro patrimonio ambientale”.

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