Cure palliative: 6mila accessi al San Giovanni di Dio.

Prendersi cura dei pazienti, migliorando la loro qualità di vita. È questo l’obiettivo del Centro di cure palliative e terapia del dolore del San Giovanni di Dio (diretto dal professore Gabriele Finco, direttore di Anestesia e Rianimazione del Policlinico Duilio Casula), con i suoi 6mila accessi l’anno.

“Ogni giorno lavoriamo con tantissimi pazienti affetti da patologie inguaribili e con la finalità di ridurre il dolore fisico, quello emozionale e psichico (il dolore totale) e ogni altro sintomo correlato alla malattia di base o agli effetti collaterali della cura”, spiega Maria Cristina Deiddaoncologa palliativista e referente del day service del Centro di cure palliative e terapia del dolore al San Giovanni di Dio. 

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“L’assistenza palliativa del nostro day service si basa sul prendersi cura, mettendo al centro il malato e la sua famiglia e non la malattia, con la qualità di vita come obiettivo fondamentale, sul sollievo della sofferenza – afferma l’oncologa palliativista Deidda – e per questo fine utilizziamo insieme alla terapia farmacologica, anche l’arte terapia e le tecniche di rilassamento, garantendo un servizio di circa 40 ore settimanali dal lunedì al venerdì“.

Le cure palliative non riducono e non prolungano la vita del malato ma forniscono confortotenendo in considerazione gli aspetti psicologici e quelli spirituali, sostenendo il care giver e famiglia del paziente a convivere con la patologia prima e con il lutto poi. Il termine “palliativo” deriva dalla parola latina “pallium” che significa mantello, protezione. Un vero e proprio abbraccio che protegge dal dolore e che afferma il valore della vita.

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“Inseriamo le tecniche complementari che possono assumere un ruolo adiuvante nel controllo dei sintomi strettamente fisici, delle relazioni e comunicazioni – aggiunge Deidda – utilizziamo da anni, in collaborazione con il centro di Oncologia Medica aziendale, le Cure palliative precoci, simultaneamente ai trattamenti quali chemio-radioterapia, fin dall’inizio dell’iter terapeutico”.

“Fondamentale – conclude – è, infine, l’accoglienza che costruisce la relazione medico-paziente, sulla comunicazione come tempo di cura. Sulla valutazione dei sintomi che sono causa di sofferenza, fino agli ultimi momenti della vita. Senza dimenticare di supportare la famiglia del paziente, attività indispensabile quanto il prendersi cura del paziente stesso”.