Cultura e pandemia a Madrid. La testimonianza del ricercatore sardo Marco Meloni.
Arte, cultura e spettacolo stanno pagando un tributo molto alto alla pandemia. Ovunque siano state adottate misure di lockdown, i luoghi della cultura sono stati tra i primi a essere chiusi. Ciò da un lato ha causato la cancellazione di un importante indotto economico, dall’altro ha provocato un drammatico impoverimento culturale di comunità già prostrate dalla crisi sanitaria.
Nel quadro delle chiusure a livello continentale balza agli occhi l’eccezione di Madrid, capitale della Spagna. Benché qui il virus abbia colpito e continui a colpire forte, si è deciso di mantenere aperti musei, cinema e teatri al pari di bar, ristoranti e negozi.
Di questa positiva “anomalia” abbiamo parlato con Marco Meloni, giovane ricercatore e dottorando presso il Centro di Studi Sociali dell’Università di Coimbra in Portogallo, attualmente all’Università Complutense di Madrid come ricercatore in visita, in passato leader del movimento studentesco cagliaritano.
Marco com’è attualmente la situazione a Madrid?
Ieri (venerdì 26 ndr.) nella Comunidad di Madrid sono stati confermati 622 casi di positività al Covid-19, sono 353.067 gli abitanti nella Comunidad (equivalente a una delle nostre Regioni ndr.) attualmente riconosciuti come positivi. Si tratta di un dato ancora emergenziale ma nettamente minore rispetto alla primavera e in calo rispetto all’inizio della cosiddetta seconda ondata a settembre. Le dinamiche del contagio non sono ancora chiare ed esiste una certa ciclicità che deve richiamare alla prudenza per qualsiasi tipo di previsione, qui come dovunque.
Quali sono le restrizioni che vivete lì?
Il piano di norme e restrizioni è altissimamente variegato, sia per la pervasività di una pandemia che porta a prevedere una regolamentazione di spazi pubblici e privati inedita per la storia (quantomeno recente) e sia per l’applicazione del regionalismo asimmetrico che porta le Comunidades ad avere un margine considerevole nella predisposizione e attuazione delle stesse.
Attualmente a Madrid è previsto il “toque de queda” (coprifuoco) notturno dalle 0:00 alle 6:00; è fatto obbligo di indossare la mascherina in qualsiasi ambiente e contesto (fatto salvo momenti di consumo di cibi e bevande); ristoranti, bar e locali (e qualsiasi attività eccetto asporto) devono chiudere entro mezzanotte; il limite di riunione nel proprio domicilio ed in pubblico è fissato a 6 persone; tutte le attività al chiuso devono ridurre la capacità di clientela/pubblico dal 50% al 75% (a seconda dei casi); oltre varie misure di distanziamento ed igiene.
Per diverse settimane e/o weekend è stata poi impedita la mobilità tra comuni e/o tra Comunidades, ed infine, diverse zone specifiche (dove vive circa un decimo della popolazione) sono state isolate e lì sono previste norme più stringenti. Buona parte delle restrizioni è stata stabilità quando in Italia la situazione pareva più serena ed alcune non sono mai state sospese dalla primavera (se non per poche settimane).
Con quale spirito le persone stanno affrontando l’emergenza?
La città è irriconoscibile, Madrid fa parte di quelle capitali e grandi città che difficilmente colpiscono per la loro bellezza, quantomeno rispetto ad altre, ma che conquistano per la vita, l’offerta culturale, il ritmo e l’atmosfera. Chiaramente la pandemia è stato un brutto colpo per tutto questo. Tuttavia, col passare dei mesi emerge una crescente voglia di resistere e non rinunciare proprio a ciò che contraddistingue questa città, certo nel rispetto delle norme e nei limiti del possibile.
Che politica è stata adottata nei confronti degli spazi della cultura e dell’arte?
Salta subito all’occhio che le limitazioni siano orarie, di capacità e di norme da seguire ma che raramente distinguano quali attività. In alcune fasi il governo spagnolo e quelli di Madrid (città e Comunidad) sono apparsi più rigidi degli equivalenti italiani e sardi, in altre meno. Penso che questa ciclicità ci accompagnerà e che sia sbagliato fare analisi comparative sul presente.
Tuttavia, esistono alcune differenze in termine di matrice con la quale si prendono decisioni. Una di queste è stata equiparare gli spazi della cultura e dell’arte quantomeno ad altri spazi di convivio e di attività fisica. Non si tratta di contrapporre nessuno di questi spazi alla pandemia ma di ritenerli paritariamente necessari alle cittadine e ai cittadini.
Quali sono le limitazioni e le regole che devono seguire spettatori e visitatori?
Non sono un tecnico del settore, ma da frequentatore so che devono rispettare e far rispettare i limiti di capacità (attualmente 75%), l’obbligo di mascherina, le distanze tra gli spettatori/visitatori, regolare entrata ed uscita così come igienizzare gli ambienti. E lo fanno, nella mia esperienza, tutti. Anche e soprattutto perché risulta considerevolmente più facile rispettare le norme dove non occorre in alcun momento né togliere né abbassare la mascherina, tendenzialmente si sta seduti (o ci si muove con molta calma) e dove una certa sacralità laica viene condivisa tra artisti e pubblico che si rendono conto ora più che mai che quello spazio, così importante, è tutto tranne che scontato.
Qual è stato l’ultimo museo che hai visitato e l’ultimo concerto o spettacolo al quale hai assistito?
Sono stato spettatore di una particolare versione di Les Misérables in un piccolo teatro del centro della città che propone microclásicos, una versione ritmata e ridotta di alcune opere classiche tra le più famose. In questo periodo con tante limitazioni e necessariamente meno proposte di svago, il teatro in particolare è diventato per me un appuntamento ancora più assiduo.
Da persona politicamente impegnata e consapevole perché secondo te in Italia, a fronte di rischi inferiori, non sono state concesse alla cultura e allo spettacolo le deroghe concesse ad altri settori?
Il contesto generale anche a Madrid (e in Spagna in generale) resta quello di una prevalenza della visione di homo economicus che vede salvaguardato in primis il suo diritto ad acquistare, come in Italia e come in tutti i paesi occidentali che affrontano la pandemia, ma qualche altra priorità viene difesa con più attenzione: tra tutte la cultura e, soprattutto, l’educazione.
In questa pandemia, penso che la politica di un governo debba essere giudicata da due aspetti in particolare: gestione, personalmente riconosco all’attuale governo dei meriti (soprattutto in termini comparativi, rispetto alle altre offerte politiche in Parlamento) e definizione delle priorità. Su questo gli muovo delle critiche: dimmi quale attività chiudi per ultima e ti dirò chi sei.
Foto copyrights Teatro Corral Cervantes