Corte di Giustizia: “Stop dell’occupazione illegale israeliana nei territori palestinesi”.

Se l’Ue si chiude dietro il paravento della “timida polemica” contro i soprusi commessi dallo Stato di Israele (e partners) in Medio Oriente, la Corte internazionale di Giustizia, rispondendo alle domande dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite sulla risoluzione A/RES/77/347, conferma l’illegalità dell’occupazione dei territori palestinesi da parte di Israele, concludendo che il Governo di Tel Aviv ha l’obbligo di porre fine alla sua presenza illegale nei territori palestinesi occupati, cessare immediatamente tutte le nuove attività di insediamento, evacuare tutti i coloni da tali territori e, infine, risarcire i danni causati a qualsiasi persona fisica o giuridica interessata nei territori palestinesi occupati.

Corte che, in aggiunta, ha invitato tutti gli Stati a non riconoscere la legalità dell’azione portata avanti da decenni dal Governo di Israele nei Territori palestinesi occupati e di non fornire aiuto per il mantenimento della situazione creata dalla continua occupazione di Israele.

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Dichiarazioni incontrovertibili e diverse di segno rispetto alle “litanie” dell’Alto rappresentante dell’Ue, Josep Borrell, sul mancato rispetto di Israele del diritto internazionale o, peggio, le collaborazione economiche dell’Ue con la popolazione dei coloni nei Territori palestinesi occupati.

Attraverso il commercio con gli insediamenti israeliani illegali, infatti, l’UE non solo sostiene il loro mantenimento e gli abusi che ne sono alla base, ma viola anche gli obblighi che le incombono in virtù del diritto internazionale.

Ma, in barba alla Corte internazionale di giustizia, pronunciatasi in merito lo scorso 19 luglio 2024 per stabilire che gli Stati hanno l’obbligo di astenersi dall’avviare con Israele “rapporti economici o commerciali riguardanti i territori palestinesi occupati o parti di essi che possano consolidare la sua presenza illegale nei territori; … e di adottare misure per impedire relazioni commerciali o di investimento che contribuiscano al mantenimento della situazione illegale creata da Israele nei territori palestinesi occupati“, i Paesi dell’Ue (in linea con i principi “diversamente democratici europei”) agiscono con spirito opportunistico.

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Lo conferma la stessa politica di differenziazione dell’UE, in base alla quale i beni prodotti negli insediamenti israeliani non sono disciplinati dall’accordo di associazione UE-Israele ma sono commercializzati attraverso un “accordo tecnico”. Intesa, però, per nulla conforme agli obblighi stabiliti dalla Corte internazionale di giustizia, che esigono, invece, un divieto generale di commercio con gli insediamenti israeliani.

Un’altra pietra miliare del livello di coerenza dell’Unione europea che se da una parte spende milioni di euro tramite campagne autoreferenziali e mezzi di comunicazione “acritici e money oriented” per autopromuoversi come leader globale dei diritti, dall’altra, per chi ovviamente ha voglia di conoscerne il vero volto, si presta a non sostenere il rispetto degli obblighi del diritto internazionale e a facilitare sacche di illegalità.

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Elementi, in estrema sintesi, che ricordano, senza sé e senza ma, il vero tenore democratico della nostra amata Unione europea.