Contrasto alla criminalità minorile, la Garante: “Inasprire il sistema penale non serve”.

L’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza ha scritto oggi alla Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, per evidenziare alcuni punti fermi a tutela dei minorenni, alla vigilia di un Consiglio dei Ministri dal quale sono attese decisioni anche in tema di minorenni autori di reato.

“La criminalità minorile rappresenta un problema serio che va affrontato in modo deciso e con strumenti adeguati, ma quando parliamo di minorenni che commettono un reato occorre sempre partire da alcuni punti fermi, che a mio parere sono irrinunciabili. Da un lato, infatti, si deve prevenire la commissione dei reati, dall’altro vanno valorizzati, quali finalità principali del sistema, il recupero del minorenne e l’attenzione alla vittima”, spiega la Garante per l’infanzia e l’adolescenza Carla Garlatti.

“Il primo punto fermo – dice Garlatti sintetizzando i contenuti della nota – è che abbassare l’età imputabile non serve. Già oggi il minorenne che ha meno di 14 anni e commette reato può essere convocato davanti a un giudice. Inoltre, ove ne ricorrano le condizioni, può essere destinatario di interventi di sostegno che includano anche la sua famiglia. Nei casi più gravi anche il minore di 14 anni può essere destinatario di misure di sicurezza basate sulla sua pericolosità sociale. Le misure di sicurezza possono essere eseguite nella forma del collocamento in comunità, della permanenza in casa o di prescrizioni specifiche da parte del magistrato, che ad esempio possono consistere anche nel divieto di frequentare alcuni luoghi. Tra l’altro, nei paesi nei quali l’età imputabile è più bassa non mi risulta che le cose vadano meglio”.  

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Il secondo principio al quale non si può derogare, secondo l’Autorità garante, è quello della specificità degli interventi destinati a persone che sono in crescita e la cui personalità è ancora in formazione. “Occorre pensare a sanzioni penali su misura per i minorenni, diverse da quelle degli adulti e parametrate alla gravità del fatto – afferma Carla Garlatti – come, per esempio, l’obbligo di svolgere servizi per la collettività. Ancora, nell’ottica del recupero e del reinserimento del minorenne, oltre che del contrasto alla recidiva, va valorizzata la giustizia riparativa, che offre strumenti che consentono all’autore del reato di comprendere la gravità delle proprie azioni, anche in relazione alla sofferenza di una vittima che finalmente non è più sola e trova supporto”. 

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“Infine – conclude l’Autorità garante – mi preme sottolineare che a proposito di criminalità minorile non si può avere soltanto un approccio di tipo repressivo: il ragazzo che sbaglia va certamente punito, ma questo non basta. È necessario in primo luogo investire nella prevenzione, rafforzando gli interventi educativi – in particolare nelle zone a maggior criticità – valorizzando il lavoro di rete tra scuole, autorità giudiziaria e servizi del territorio, creando percorsi di presa in carico che supportino l’intero nucleo familiare. Questo sempre che il contesto familiare non risulti dannoso per lo sviluppo e il futuro del ragazzo: infatti è chiaro che quando l’ambiente è permeato da una cultura dell’illegalità, come avviene nelle famiglie che appartengono alla criminalità organizzata, l’unico modo per sottrarlo a un destino già segnato e per mostrargli che può esistere un altro tipo di vita, è quello di è allontanarlo. Si tratta di un intervento già sperimentato dal progetto ‘Liberi di scegliere’ e che potrebbe essere replicato anche in altre realtà”. 

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