Confcommercio: ultimi 25 anni -1,6 milioni di giovani.

Negli ultimi 25 anni, la riduzione degli occupati, come conseguenza della perdita di popolazione (soprattutto giovanile, -1,6 milioni), e i deficit di lungo corso – in particolare eccesso di burocrazia, illegalità diffusa, carenze infrastrutturali e minore qualità del capitale umano – hanno, di fatto, determinato un continuo e progressivo calo del Pil prodotto dal Sud ampliando ulteriormente i divari con le altre aree del Paese. Questi i principali elementi che emergono da un’analisi dell’Ufficio Studi Confcommercio su economia e occupazione al Sud dal 1995 ad oggi.

Tra il 1995 e il 2020, secondo la rilevazione dell’associazione di categoria, il peso percentuale della ricchezza prodotta da quest’area sul totale Italia si è ridotto passando da poco più del 24% al 22%, mentre il Pil pro capite è sempre rimasto intorno alla metà di quello del Nord e nel 2020 è risultato pari a 18.200 euro contro 34.300 euro nel Nord-Ovest e 32.900 euro nel Nord-Est; tuttavia, nel 2020, l’impatto della crisi da Covid-19 al Sud è stato più contenuto rispetto alle altre aree del Paese che hanno patito maggiormente il blocco delle attività produttive durante la pandemia (Pil -8,4% contro il -9,1% al Nord rispetto al 2019); ma la fragilità dell’economia meridionale emerge anche dalle dinamiche del mercato del lavoro che, tra il 1995 e il 2019, ha registrato una crescita dell’occupazione 4 volte inferiore alla media nazionale (4,1% contro il 16,4%), con distanze ancora maggiori rispetto alle regioni del Centro e del Nord; nemmeno la particolare vocazione turistica delle regioni meridionali sembrerebbe essere di aiuto a spingere l’economia di quest’area, visto che, anche rispetto a un un anno “normale” come il 2019, i consumi dei turisti stranieri al Sud sono risultati molto inferiori di quanto speso nelle regioni del Centro e del Nord-Est.

LEGGI ANCHE:  Disoccupazione giovanile, per l'Istat cala al 22,1%.

Una brutta piega che per Confcommercio potrebbe risolversi attraverso un piano di riduzione dei difetti strutturali del Mezzogiorno, passando per un migliore controllo del territorio e contrasto alla micro-illegalità, digitalizzazione e innovazione nel rapporto burocratico tra cittadini e controparte istituzionale, investimento nell’istruzione di ogni ordine e grado e colmare il gap infrastrutturali di accessibilità – dai trasporti alla banda larga – che non permettono un’adeguata connessione socio-produttiva del Sud col resto del Paese e, soprattutto, con l’Europa.

 quota % della popolazione residente per macro-ripartizioniresidenti con meno di 19 anni su popolazione totale della macro-ripartizione e dell’Italia in %
199520072021199520072021
Nord-Ovest26,226,426,816,616,616,4
Nord-Est18,319,019,516,616,916,6
Centro19,219,319,817,716,816,1
Sud36,335,333,824,720,617,1
Italia100,0100,0100,019,818,116,6
popolazione Italia (milioni)56,8458,5159,2611,2510,599,84
La perdita di popolazione nel Sud Italia, soprattutto quella giovanile, elaborazioni USC su dati Istat.

Dati che confermano la riduzione del peso del Sud in termini di popolazione (dal 36,3% al 33,8%). Ben più grave è la questione della popolazione giovane. L’Italia nel complesso perde 1,4 milioni di giovani nel periodo considerato: da poco più di 11 milioni a poco meno di 10 milioni. Tutta questa perdita è dovuta ai giovani meridionali. Mentre nelle altre ripartizioni il livello assoluto e anche la quota di giovani rispetto alla popolazione di qualsiasi età restano più o meno costanti, nel Mezzogiorno si registra un crollo: rispetto al 1995, mancano nel Sud oltre 1,6 milioni di giovani. In queste condizioni ed estrapolando questi trend, anche l’eventuale e improbabile rapida risoluzione del problema della produttività potrebbe risultare insufficiente a migliorare il processo di costruzione di benessere economico e sociale del nostro Mezzogiorno.

LEGGI ANCHE:  Aumentano i Neet in Italia: oltre 2 milioni i giovani a "spasso".

Foto di Kaserei da Pixabay