Condizione giovanile, l’impietoso commento degli operatori verso la classe dirigente dell’Isola.
Diversamente dall’inconsistenza di taluni consiglieri regionali, ideatori di estemporanee (nonché pretestuose) commissioni d’inchiesta sulla condizione giovanile, il tema della qualità di vita dei giovani nell’Isola della Sardegna è un argomento serio che richiede una ricerca sostanziale e dal basso. A ricordarlo venerdì il presidente dell’Associazione ABICI, Gabriele Frongia, nel corso della presentazione dei risultati della ricerca sulla condizione giovanile realizzata in Sardegna, nel Distretto di Vilnius (Lituania) e nell’Area Metropolitana di Sofia (Bulgaria).
Una ricerca che ha permesso di raccogliere oltre 2400 risposte dai giovani di età compresa tra 14-30 residenti nei tre territori oggetto del progetto di ricerca realizzato nell’ambito del Programma europeo Erasmus+, gestito in Italia dall’Agenzia Nazionale per la Gioventù.
“L’indagine sui giovani sardi esprime in modo inequivocabile l’esigenza di procedere verso un nuovo modo di intendere le politiche giovanili nell’isola. Una missione – come confermato dal “pacco” dei rappresentanti del Consiglio regionale invitati alla presentazione dei dati sulla condizione giovanile nell’isola – che non può essere affrontata dall’attuale classe dirigente. Diciamolo senza peli sulla lingua: un gruppo di incapaci con crescenti problemi di educazione istituzionale, per usare un eufemismo”, ha aggiunto Gabriele Frongia.
Dichiarazioni inequivocabili circa la qualità istituzionale espressa da diversi lustri sul tema della condizione giovanile in Sardegna – fermo ancora alla legge del 1999 – e, ancora, alla luce delle politiche per i giovani attivate negli ultimi 4 anni dove scarsi (per non dire assenti) sono stati gli interventi adottati dal Consiglio e Giunta regionale. A partire da una proposta di legge, la 182, ancora ferma da diversi anni nel “limbo delle commissioni”, da una proposta di commissione sulla condizione giovanile mai decollata (probabilmente non soltanto per il due di picche rifilato dal vertice del Consiglio regionale) e, cosa più importante, dal metodo adottato dallo stesso esecutivo regionale che, come confermato nell’occasione della spendita dei fondi ripartiti dal Governo Nazionale nell’ambito del Fondo Nazionale per le Politiche giovanili, ha di fatto escluso dall’ideazione e pianificazione degli interventi, i giovani e le organizzazioni giovanili qualificate nel territorio.
Insomma, si continua a credere al paradosso e alle iniziative di scarso impatto dalle parti della Politica Regionale.
“Quello che si sta sperimentando da diverse legislature – prosegue Frongia – è la totale incapacità dei nostri/e rappresentanti in materia di gioventù che, puntualmente, si avvicendano alla guida della Regione. Espressione inequivocabile di disinteresse verso i giovani sardi/e. Difficile poi sorprendersi sui crescenti tassi di astensionismo degli under31 o, ancora, delle statistiche poco invidiabili sull’inattività, l’abbandono scolastico e, ancora, del costante deperimento delle capacità dei nostri giovani. Temi, questi, decisamente sostenuti da una classe dirigente che vede in una cittadinanza consapevole una minaccia per la propria sopravvivenza”.
Non dovrebbero, quindi, sorprendere i dati sulla conoscenza delle opportunità per i giovani nell’Isola. Sommando le risposte negative risulta che il 78% dei/delle giovani sardi/e non è in grado di sfruttare le azioni inserite nei programmi europei e nazionali per la gioventù, mentre per il 21,9% si può ritenere ottimale la conoscenza di tali programmi.
Considerazioni confermate anche dal livello di conoscenza sulle politiche giovanili nel comune e regione di residenza. Solo il 17,6% (5,1 Alto, 12,5% Discreto), ha dichiarato un livello discreto o alto di conoscenza degli interventi per i giovani adottati dalle amministrazioni locali e regionali. Per più di 8 giovani su dieci (62,3% sommando complessivamente il 35,9% mediocre e il 46,4% nullo), la conoscenza di tali interventi è decisamente assente o non sufficiente.
“Qui – prosegue Frongia – riteniamo che le ragioni siano prodotte principalmente da due fattori: la carenza di interventi puntuali in materia di politiche giovanili adottati da parte delle amministrazioni locali e regionali; una scarsa comunicazione e sinergia delle amministrazioni con le organizzazioni giovanili qualificate presenti nel territorio regionale”.
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