Con il Covid-19 alterazione di olfatto e gusto.

Quasi l’80 per cento dei pazienti affetti da Covid-19 hanno avuto alterazioni del gusto e dell’olfatto. Per il 30 per cento è stato il primo sintomo dell’infezione mentre per il 10 per cento l’unico segno della malattia, anche senza febbre. La ripresa della funzionalità olfattiva e gustativa è arrivata dopo 10 giorni mentre per alcuni ci sono voluti 30 giorni. Sono alcune delle conclusioni contenute negli studi multidisciplinari coordinati dalla struttura complessa di Chirurgia Maxillo-facciale dell’Aou di Sassari, pubblicati su tre prestigiose riviste internazionali: Head and Neck, Laryngoscope e International Forum of Allergy and Rhinology.

Lo studio sassarese ha mostrato, inoltre, che la presenza dei disturbi olfattivi e del gusto è presente con uguale frequenza nei pazienti con forme lievi, moderate e gravi. Ma più il problema sensitivo dura nel tempo e più alto è il rischio di sviluppare un quadro severo come quello polmonare grave. Si tratta di risultati che rappresentano anche una base di partenza per una nuova ricerca, che mira a indagare se la soglia olfattiva possa avere un valore come marker di screening per porre il sospetto di infezione.

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“La perdita dell’olfatto e del gusto sono dei sintomi precoci e piuttosto specifici dell’infezione da coronavirus – spiegano il responsabile di Chirurgia Maxillo Facciale professor Giacomo De Riu e il dirigente medico Luigi Vaira –. Si capisce quanto possa essere importante, nella lotta al coronavirus, riuscire a identificare e isolare prontamente gli infetti, specialmente all’inizio di questa nuova “fase 2″, per evitare un nuovo aumento dei casi di contagio”.

Due mesi fa, fanno sapere De Riu e Vaira, dopo la formazione di un gruppo di condivisione di informazioni tra medici italiani, venivano già riportati, tra i quadri clinici dei pazienti infetti, anche la perdita dell’olfatto e del gusto: “Abbiamo quindi chiesto ad alcuni colleghi che lavorano nei pronto soccorso del Nord Italia di rilevare la frequenza di questi sintomi nei pazienti ammessi in ospedale durante una intera giornata. In questo modo abbiamo ottenuto dati di 302 pazienti rilevando una frequenza del 20 per cento”.

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Con il presentarsi dei casi anche a Sassari, i chirurghi sono passati alla valutazione clinica oggettiva della funzione olfattiva e gustatoria dei pazienti mediante test psicofisiologici.

“Per prima cosa – proseguono i due chirurghi – sono stati esaminati i pazienti ricoverati nelle strutture dell’Aou di Sassari e il personale sanitario infetto. In seguito, per poter arrivare a valutare anche i pazienti con forme di Covid-19 meno gravi e quindi in quarantena domiciliare, abbiamo elaborato e validato un nuovo test. Questo si può eseguire in remoto con odoranti e sapori presenti in qualsiasi casa, è applicabile su vasta scala e fornisce risultati accurati come il test eseguito di persona dall’operatore”. Questi due protocolli di valutazione sono quindi stati applicati in uno studio multicentrico che ha coinvolto, sotto il coordinamento della Chirurgia Maxillo-Facciale di Sassari, i reparti Covid dell’Aou e gli ospedali di Milano San Paolo, Bologna “Bellaria-Maggiore” e Salerno. Un contributo importante nell’interpretazione dei risultati è stato fornito dalla professoressa Claire Hopkins, rinologo di fama mondiale e docente al King’s College di Londra.

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“Le alterazioni del gusto e dell’olfatto, specie se a comparsa improvvisa e non associate a sintomi del comune raffreddore, sono quindi altamente suggestive di infezione da coronavirus e la loro frequenza è molto alta, seconda solo alla febbre, in corso di Covid-19”, concludono De Riu e Vaira.

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