Competitività regioni UE. La Commissione pubblica l’indice RCI. Povera Sardegna!
La Commissione ha pubblicato l’ indice di competitività regionale (RCI), lo strumento ormai consolidato che misura le diverse dimensioni della competitività per tutte le regioni dell’UE.
L’ICR 2.0, completamente rivisto, mostra che esistono ancora grandi differenze tra le regioni dell’UE, ma anche che le regioni meno sviluppate hanno migliorato la loro competitività. La politica di coesione è quindi sempre più importante per la competitività dell’UE, in quanto principale politica di investimento dell’UE, per le regioni.
Lanciato nel 2010 e pubblicato ogni tre anni, il KRI consente alle regioni dell’UE di monitorare e valutare il proprio sviluppo nel tempo e rispetto ad altre regioni. Si tratta di uno strumento importante che fornisce una prospettiva europea sulla competitività delle regioni sulla base di 68 indicatori. L’ICR 2.0 si basa sulle regioni statistiche NUTS 2 (Nomenclatura delle unità per le statistiche territoriali) .
Attualmente, le regioni di Utrecht, Zuid-Holland e la regione della capitale francese dell’Île-de-France sono le regioni più competitive dell’UE.
In termini di innovazione, nonostante le panzanate sparate a più riprese dalla comunicazione istituzionale del Governatore Solinas, arrivata addirittura a dichiarare che “la Sardegna è il luogo ideale per progetti di alta tecnologia” e dalla sua sempre più imbarazzante Giunta regionale, persa tra iniziative spot e di scarso impatto, secondo l’indice di competitività regionale la Sardegna risulta essere tra le regioni peggiori d’Europa in tema di innovazione, con un ridicolo 64,3% (ben al di sotto della media europea del 100%). Dati ancora più pallidi se si considerano il 60,4% per l’indice di “prontezza tecnologica”, quello di “raffinatezza aziendale”, fermo al 78% e la percentuale di innovazione in senso stretto, al 54,4%.
Che dire poi dell’indice di efficenza dell’Isola, dove la percentuale collegata alla performanza del mercato del lavoro è del 69,1%, ben al di sotto delle dichiarazioni autoreferenziali del Presidente Solinas, per il quale, come dichiarato lo scorso 21 marzo, “continua il trend positivo del mercato del lavoro in Sardegna” e, ancora che “emergono segnali di ripresa”. Occasione a mezzo stampa ‘arricchita’ dalla dichiarazione più “esosa” dell’assessora al Lavoro, Ada Lai, secondo la quale “l’assessorato del Lavoro ha imboccato la strada giusta incentivando l’incontro concreto tra la domanda e l’offerta di lavoro, tra disoccupati, giovani e imprese”. Ma dove vive l’attuale responsabile delle deleghe al lavoro della Regione Sardegna? Eppure dalle parti del perimetro di sua competenza è lapalissiana la profusione di iniziative costose e di scarso impatto per i giovani e l’innovazione.
Peggio, infine, gli indicidi base della Sardegna, a partire dalle infrastrutture (61,3%), istituzioni (49,6%) e dimensione del mercato (34,9%).
Decisamente, dispiacerà ai tanti elettori di centrodestra, il rilancio in questi anni di pandemia – ormai da considerarsi il topic valido per tutte le giustificazioni – non c’è stato… e di certo non si paleserà nell’anno e mezzo che ci separa dalle prossime elezioni regionali, dalle quali, guardando al progressivo deterioramento della rappresentanza politica regionale, uscirà l’ennesima occasione mancata per l’Isola.