Commissione INGE: “Sanzioni per contrastare la disinformazione”. Sandra Kalniete: “Senza sostegno, nell’era della digitalizzazione i mezzi di informazione indipendenti e il giornalismo investigativo non sopravviveranno”.
La Commissione speciale INGE del Parlamento europeo, recentemente, ha condiviso una proposta per l’introduzione di nuove misure a contrasto delle campagne di disinformazione operate dagli attori stranieri.
“In assenza di un adeguato regime sanzionatorio a livello europeo, qualsiasi attore straniero è tutelato nel perseguimento delle proprie campagne di destabilizzazione”, si legge nelle conclusioni della commissione.
L’interferenza straniera – che può includere la disinformazione, attacchi informatici, manipolazione delle piattaforme dei social e dei sistemi pubblicitari, si legge nel rapporto INGE – può essere utilizzata come strumento per destabilizzare e indebolire le controparti, con la finalità di aumentare il proprio vantaggio competitivo. “Quando si tratta di effettuare la mappatura del panorama delle minacce, Russia e Cina sebbene facciano la parte del leone nell’interferenza delle nostre democrazie con le conseguenze più dannose, non sono gli unici attori”, ha sottolineato l’eurodeputata Kalniete.
Tali attacchi, possono assumere anche la forma di minacce contro giornalisti, ricercatori, politici e membri di organizzazioni della società civile, donazioni segrete e prestiti a partiti politici, assunzione del controllo di infrastrutture critiche e lo spionaggio.
Riguardo il tema della manipolazione dei social, la relazione evidenzia con preoccupazione lo scarso successo delle piattaforme online, nell’affrontare campagne di disinformazione come quella nei confronti delle misure tese a contrastare la diffusione del Covid-19. Nel frattempo, le piattaforme e le applicazioni social raccolgono e archiviano enormi quantità di dati personali su ciascun utente e tali dati possono essere venduti e diventando miniere d’oro per attori malintenzionati interessati a prendere di mira gruppi o singoli individui.
“Sebbene gran parte del settore dell’intermediazione di dati sia legale, la realtà è che operiamo in un Far West digitale, dove diverse migliaia di società private, vagamente regolamentate, possiedono migliaia di dati sugli individui”, ha affermato Kalniete. “Questa situazione è intrinsecamente carica di rischi e merita un’adeguata valutazione d’impatto e una nuova regolamentazione”.
L’UE e i suoi Stati membri non sembrano disporre dei mezzi adeguati per essere in grado di prevenire e contrastare al meglio i tentativi di interferenza. Al contrario, sembra regnare una generale mancanza di consapevolezza tra molti responsabili politici e cittadini.
Kalniete ha sottolineato, inoltre, che l’accesso a un’informazione di qualità, è fondamentale per costruire la resilienza alla disinformazione ostile e all’interferenza straniera. Ma i media professionali e il giornalismo tradizionale sembra arrancare nel confronto con le nuove sfide digitali. “Un sostegno maggiore ai media tradizionali è di necessità vitale. Senza esso, nell’era della digitalizzazione, i mezzi di informazione indipendenti e il giornalismo investigativo non sopravviveranno”, ha affermato la relatrice.
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