Come affrontare al meglio la pressione psicologica dei tempi del COVID19.

L’emergenza legata al coronavirus, oltre agli innegabili rischi per la salute nostra e dei nostri cari, e alla grave situazione economica legata alle misure di contenimento, sta innescando anche una serie di complessi meccanismi psicologici che minano quotidianamente la nostra serenità mentale. Le forme di paura e panico, le fughe di massa, la caccia all’untore, la corsa agli approvvigionamenti, e le infinite e accese discussioni sui social network sono solo alcuni dei risultati estremi di questi processi mentali.

Ma in questa situazione di grande incertezza e difficoltà, è bene conoscere meglio ciò che accade nella nostra mente per poterlo comprendere e vivere al meglio il periodo di “distanziamento sociale” che ci troviamo ad affrontare in questo periodo.
Oggi abbiamo parlato (via mail, ognuno dalla propria abitazione) con lo psicoterapeuta ed educatore Daniele Pisu, che ci ha fornito degli spunti utili e interessanti in materia.

In questi giorni di emergenza sanitaria, oltre alle varie difficoltà derivanti dai decreti imposti per arginare la corsa del virus COVID19, ci troviamo tutti ad affrontare una forte pressione psicologica. E’ normale? Da cosa deriva?

Direi che è del tutto normale. Non voglio certo banalizzare, ma la portata delle misure prese dal Governo Italiano e l’entità della minaccia rappresentata dal rischio pandemico del COVID19 mettono a dura prova le nostre normali risorse per affrontare situazioni di stress e crisi.
In primis viene messo a dura prova il nostro naturale bisogno di avere contatto e relazioni con gli altri esseri umani. Le relazioni umane sono fatte di contatto, di tempo, e di spazi condivisi.
E le relazioni significative e positive sono la base per la costruzione della nostra sicurezza, intesa proprio come sicurezza del Se. Di conseguenza, in questo periodo è proprio questa sicurezza ad essere messa in crisi, visto che in mancanza di un vaccino e di comprovate terapie efficaci, le uniche misure preventive sembrano essere il distacco, l’isolamento e la negazione del contatto. Siamo di fronte ad un problema nuovo e complesso, e come tale non vi è una soluzione semplice ma numerosi aspetti da considerare.

Paura, rabbia, nervosismo e ansia sono tutte emozioni che alcuni di noi stanno vivendo in prima persona o che vedono tra i propri cari, amici e famiglie. Puoi spiegarci cosa sta accadendo?

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Inizierei col ricordare che paura, rabbia e ansia sono emozioni perfettamente umane. Non vanno considerate come negative, ma al massimo critiche, e fanno parte della nostra vita.
Il problema è il rapporto che abbiamo con esse, soprattutto quando in un momento di crisi le sperimentiamo in maniera così improvvisa e intensa.
L’emergenza coronavirus ci mette a contatto con la nostra parte vulnerabile, che difficilmente siamo in grado di accettare: questo attiva una serie di strategie di autodifesa nel nostro cervello, per evitare tutte le esperienze mentali e fisiche ad essa collegate.
Ogni tentativo di controllare, evitare o gestire questi meccanismi aumenta l’intensità, appunto, dei nostri vissuti di ansia, paura e rabbia.
In pratica è come se organizzassimo, soprattutto in maniera implicita, la nostra vita sulle nostre paure, e per ovvie ragioni in questo periodo siamo portati a farlo in maniera amplificata.

Ci troviamo di questi tempi ad essere bombardati di informazioni continue: telegiornali, magazine, testate giornalistiche, social, telefonate e post di amici e parenti. E’ bene cercare di raccogliere più informazioni possibili o una sovraesposizione può essere dannosa?

Questa è una bella domanda. Viviamo una società complessa, dove la dimensione virtuale crea legami e reti più o meno istantanei e veloci, ed è in grado di dare senso e significato a determinate percezioni senza nessun dato di realtà: questo ha un potenziale infinito.
Io ritengo che la virtualità che ci circonda non sia né un bene né un male, ma che ciò dipenda sempre dal fruitore e dalle modalità con cui se ne serve.
In questo clima di separazione, internet e i social, ad esempio, possono essere dei mezzi importanti per non sentirci isolati e soli, e coltivare le nostre relazioni importanti che non potremmo vedere o sentire in maniera ottimale se ci trovassimo in un altro momento storico con la stessa emergenza.
Da un altro lato, delegare la creazione del nostro senso critico alla dimensione virtuale necessita di molto buon senso e di alcune regole importanti: l’analisi delle fonti, la possibilità di verificare su più media le informazioni raccolte, e la capacità di difendersi cognitivamente ed emotivamente dalle news e contenuti più “attivanti”.
Insomma, in parole povere, praticare un po’ di sano distacco dalla dimensione virtuale può essere utile, di questi tempi, a creare spazio mentale e distanza critica, che al giorno d’oggi sono la base per costruire una buona dose di buon senso.

Cosa consigli di fare per affrontare al meglio questi momenti di estremo carico psicologico? Puoi darci alcuni suggerimenti per affrontare al meglio l’attuale situazione dal punto di vista del benessere mentale?

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Consigli, nessuno. Al massimo, qualche suggerimento puramente personale per affrontare al meglio questa “cattività” forzata.
Non lasciate che la paura e l’ansia prendano il sopravvento, non rimanete in loro balìa facendovi investire in ipotetiche previsioni del futuro. Fino a prova contraria, del futuro non sappiamo proprio nulla, e meno ancora ne sanno le nostre paure e ansie: cercate di stare sul presente e di vivere ogni giornata al meglio.
Non lasciate al caso l’organizzazione del tempo. Il tempo è l’unico bene prezioso che non ci torna mai indietro, non sprecatelo. Per questo motivo pensate ad ogni momento libero della vostra permanenza in casa.
Curate l’alimentazione ma concedetevi dei piccoli sfizi, dedicatevi alla cucina, leggete libri, guardate film, ascoltate musica, fate esercizio fisico. Diversificate e arricchite il vostro presente, è un’occasione unica e rara che non va sprecata.
Frequentate la vostra testa ma non rimaneteci troppo. Un proverbio giapponese recita: “quando la testa gira troppo, usa le mani”, perciò non incastratevi in ore di chat catastrofiste o gruppi sulla fine del mondo, ma mettetevi a fare giardinaggio o bricolage, a riordinare la casa, a fare qualcosa che vi impegni ma senza avere in palio la salvezza del mondo o la conoscenza dei guerrieri jedi. Nella sfiga di questi momenti, abbiamo, secondo me, una grande possibilità. Fino a oggi ci siamo sbattuti per conservare, a volte senza successo, il maggior tempo possibile, per poi sprecarlo in modi stupidi. Ora ne abbiamo. E’ dunque tempo di fare quella telefonata ai nostri amici che troppe volte abbiamo rimandato, di scrivere ai nostri cari che ogni tanto trascuriamo, di vedere quel film che ci fa addormentare sempre perché siamo stanchi, di leggere quel libro per cui la mezz’ora prima di dormire non passa mai, di fare sesso con la nostra compagna o col nostro compagno senza pensare agli impegni del giorno dopo, di finire quel videogioco che abbiamo sempre lasciato in sospeso, e così via.

Se qualcuno volesse approfondire questo argomento e trovare delle notizie utili a salvaguardare il proprio equilibrio psicologico, hai qualche lettura o visione da consigliare?

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Non mi piace consigliare libri di psicologia, per cui consiglio due romanzi per sdrammatizzare e fraternizzare con le distopie che sono tanto comuni in questi ultimi tempi: “Il condomio” di Ballard e “Io sono leggenda” di Richard Matheson. Per il resto, fate una ‘buona cattività’!

Qualche suggerimento ulteriore?
State a casa!

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