Clima, il rapporto ONU: “Stiamo precipitando nel disastro climatico”.
E’ ormai il caso di andare oltre il termine emergenza sul fronte del cambiamento climatico. Come conferma l’ultimo rapporto sul clima pubblicato dall’ONU e le parole dello stesso Segretario generale, Antonio Guterres, il mondo sta “precipitando a capofitto nel disastro climatico”.
Per anni, gli esperti ci hanno detto che un aumento di +1,5°C rispetto ai livelli preindustriali sarebbe stato catastrofico, il punto di non ritorno che doveva essere evitato a tutti i costi. Obiettivo alla base degli Accordi di Parigi sul clima, nonché una questione di sopravvivenza per le nazioni del Sud del mondo e per la specie umana.
Ora, dopo aver raggiunto il limite del +1,5° C nel 2023 e aver toccato i +2°C nel 2024 si va verso un aumento del riscaldamento globale pari a circa il doppio (3,1° C) dello scenario di calamità impostato quale perno della legislazione sul clima per decenni.
Anche se lontani (di poco) dall’asticella del 3,1° C stiamo già vivendo supertempeste mortali (l’ultima devastante avvenuta in Valencia, Spagna, e nella zona dei Monti Appalachi, in America, dove sono state distrutte intere città), diminuzione dei raccolti e migrazioni climatiche di massa.
Proprio a Valencia e nella regione circostante, nel giro di 8 ore è caduta la quantità di pioggia prevista in un canonico anno solare, uccidendo, al momento, oltre 200 persone. E si tratta di una goccia nel mare dei disastri climatici che ci attendono secondo il rapporto delle Nazioni Unite.
Ciò che è evidente in questo rapporto è che nessuna delle principali nazioni sviluppate ha accettato la responsabilità di aver ripetutamente dato priorità ai profitti aziendali rispetto alla sopravvivenza umana, né ha preso alcuna delle misure necessarie per cambiare rotta.
Il rapporto delle Nazioni Unite, in particolare, chiarisce che gli Stati Uniti sono il più grande ostacolo all’attuazione delle politiche di cui abbiamo bisogno su scala globale, in gran parte a causa del militarismo.
“Se il Pentagono e tutte le sue agenzie fossero un Paese, sarebbe uno dei maggiori emettitori di carbonio al mondo. Ciò è nascosto sia all’opinione pubblica che ai decisori politici dal fatto che i produttori di armi come la Boeing “escludono” i loro contratti militari dai loro portafogli aziendali sul clima. Ogni volta che perpetuiamo e facilitiamo un conflitto armato, stiamo aumentando enormemente quelle emissioni di carbonio”, ha dichiarato Jill Stein, candidata alla presidenza degli Stati Uniti d’America per il partito Verde”.
foto di Liam Gumley, Space Science and Engineering Center, University of Wisconsin-Madison