Clima ed energia, Corte Conti europea: “A rischio Obiettivi 2030”.

Le comunicazioni sulla performance climatica ed energetica dell’UE e degli Stati membri sono poco trasparenti e l’UE non contabilizza tutte le emissioni dei gas a effetto serra. Sono queste alcune delle conclusioni degli auditor della Corte dei Conti europea sulla capacità dell’Unione di raggiungere gli obiettivi 2030 in materia di clima e di energia. L’UE, come risaputo, si è impegnata a spendere per l’azione per il clima almeno il 30 % del bilancio 2021‑2027 – circa 87 miliardi di euro all’anno, cioè meno del 10 % degli investimenti totali necessari per raggiungere gli obiettivi per il 2030, stimati approssimativamente a 1 000 miliardi di euro all’anno.

L’UE, si legge nel report della Corte, “ha raggiunto gli obiettivi per il 2020 in materia di clima e di energia in parte grazie a fattori esterni, come gli effetti della pandemia di Covid-19, che hanno contribuito a ridurre le emissioni” e ancora che “pochi sono i segnali che indicano che le azioni intraprese per conseguire gli obiettivi per il 2030 saranno sufficienti”.

Discutibile anche la comunicazione dello scorso ottobre 2022, nell’occasione della quale la Commissione europea aveva confermato il raggiungimento di 3 obiettivi per il 2020 in materia di energia e clima. Secondo gli auditor della Corte, questo successo non era dovuto solo all’azione per il clima dell’UE, bensì alla riduzione dei consumi energetici indotta dalla crisi finanziaria del 2009 e dalla pandemia di Covid-19.

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Gli auditor hanno anche riscontrato una scarsa trasparenza riguardo alle modalità con cui gli Stati membri dell’UE hanno raggiunto i rispettivi obiettivi nazionali vincolanti grazie ai meccanismi di flessibilità: alcuni Paesi dell’UE non hanno contribuito come previsto e hanno utilizzato altri mezzi per raggiungere gli obiettivi, come l’acquisto di quote di emissioni o di energie rinnovabili da altri Stati membri che avevano ampiamente superato i propri obiettivi. Gli auditor hanno trovato informazioni limitate sui costi effettivi sostenuti dal bilancio dell’UE, dai bilanci nazionali e dal settore privato per raggiungere gli obiettivi e attuare le azioni che hanno avuto successo. È quindi difficile per i cittadini e i portatori di interesse stabilire se l’UE abbia conseguito complessivamente i propri obiettivi con un buon rapporto costi/efficacia e trarre insegnamenti su come raggiungere i prossimi obiettivi per il 2030.

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“Occorre maggiore trasparenza riguardo alla performance delle azioni attuate dall’UE e dagli Stati membri in materia di clima e di energia” ha dichiarato Joëlle Elvinger, membro della Corte dei conti europea responsabile dell’audit. “Riteniamo inoltre che si debba tener conto di tutte le emissioni di gas a effetto serra causate dall’UE, comprese quelle prodotte dagli scambi commerciali e dal trasporto aereo e marittimo internazionale. Tanto più che l’UE si è impegnata a essere leader mondiale nella transizione verso la neutralità climatica”.

Gli auditor confermano che l’UE si posiziona bene rispetto ad altri Paesi industrializzati nella riduzione delle emissioni di gas a effetto serra. Tuttavia, non contabilizza tutte le sue emissioni, che sarebbero maggiori di circa un decimo se si fosse tenuto conto anche di quelle prodotte dagli scambi commerciali e dal trasporto aereo e marittimo internazionale.

Guardando al futuro, preoccupa soprattutto l’assenza di segnali che siano messi a disposizione sufficienti finanziamenti per raggiungere gli obiettivi più ambiziosi stabiliti per il 2030, in particolare da parte del settore privato che dovrebbe contribuire in misura significativa.

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La Commissione ha anche segnalato che i paesi dell’UE mancano collettivamente di ambizione nel perseguire l’obiettivo dell’efficienza energetica per il 2030, dato che il corrispondente obiettivo per il 2020 si è già rivelato il più difficile da raggiungere. Alcune proposte miranti a rendere ancora più ambiziosi gli obiettivi per il 2030 (in particolare, le proposte “Pronti per il 55 %” e REPowerEU) accresceranno ulteriormente il fabbisogno di finanziamenti. Queste si basano inoltre su ipotesi che non tengono sufficientemente conto di problemi noti (come la dipendenza energetica dalla Russia) oppure, come precedenti audit hanno mostrato, che non si concretizzano come previsto (ad esempio, il fatto che gli Stati membri attuino integralmente le politiche esistenti).

L’altra criticità all’orizzonte riguarda, ancora, i possibili ritardi da parte dei Paesi UE per la presentazione dei piani nazionali per l’energia e il clima per il periodo 21-30. In base alla normativa UE, gli Stati membri erano tenuti a presentare tali piani entro il 30 giugno 2023 e finalizzarli entro la metà del 2024.

foto Liam Gumley, Space Science and Engineering Center, University of Wisconsin-Madison