Europa

Chi decide la verità? Il nodo della disinformazione nelle politiche UE.

La regolamentazione della disinformazione è diventata una colonna portante della strategia dell’Unione Europea, in particolare attraverso il Digital Services Act (DSA) e il Codice di Condotta sulla Disinformazione. Tuttavia, definire cosa sia “disinformazione” e chi debba vigilare su di essa solleva interrogativi di natura epistemologica e politica. La questione richiama l’antico dilemma posto dal poeta latino Giovenale: Quis custodiet ipsos custodes?Chi sorveglia i sorveglianti?

In un’epoca in cui la conoscenza scientifica si evolve, le narrazioni politiche cambiano e il dibattito democratico si nutre di confronto aperto, la possibilità che un’autorità centralizzata stabilisca cosa sia vero e cosa no preoccupa molti osservatori. La lotta alla disinformazione, se non bilanciata da adeguate garanzie, rischia di diventare uno strumento di censura selettiva, amplificando il pericolo di eccessi normativi, pregiudizi istituzionali o soppressione del dissenso sotto la giustificazione della “protezione dell’informazione”.

Queste preoccupazioni sono al centro di un’interrogazione parlamentare presentata dall’eurodeputata Christine Anderson (ESN), che chiede alla Commissione chiarimenti su tre aspetti cruciali.

Il Digital Services Act ha attribuito ai colossi digitali, alle istituzioni europee e agli organismi di fact-checking un ruolo chiave nella regolamentazione della disinformazione. Ma chi garantisce che questi enti operino con criteri trasparenti e senza conflitti di interesse? L’interrogazione chiede quali meccanismi di controllo indipendente siano stati previsti per evitare che la regolamentazione diventi essa stessa fonte di manipolazione.

Se il concetto di “disinformazione” viene utilizzato per limitare il dibattito su questioni politiche o scientifiche controverse, si rischia di compromettere uno dei pilastri della democrazia: la libera circolazione delle idee. Come intende la Commissione conciliare la lotta alla disinformazione con la necessità di garantire un dibattito aperto, soprattutto su temi ancora oggetto di discussione?

Uno dei problemi più urgenti riguarda la mancanza di meccanismi di ricorso chiari per chi si vede classificare ingiustamente i propri contenuti come disinformazione. Quali strumenti legali e procedurali esistono per garantire trasparenza nelle decisioni e tutelare il diritto alla difesa? L’interrogazione chiede inoltre se la Commissione preveda riforme per migliorare la trasparenza e il diritto di contestazione.

Il tema è più attuale che mai: mentre l’UE punta a rafforzare il contrasto alla disinformazione, il rischio è che il confine tra protezione dell’informazione e controllo del pensiero diventi sempre più sottile. L’interrogazione della deputata Anderson solleva dubbi legittimi: l’Europa sta davvero difendendo la verità, o sta cercando di definirla dall’alto?

foto Gerd Altmann da Pixabay.com