Certificati covid nei ristoranti, ovvero l’insano vizio della penalizzazione delle attività produttive.
Quando mancano le idee cosa possono fare gli esponenti dell’Esecutivo se non prendere spunto dalle azioni dei Governi dei vicini europei? Una dinamica, spesso perversa, che, a breve in Italia, potrebbe introdurre l’obbligo per i ristoratori italiani di richiedere il green pass anche per l’accesso a bar e ristoranti, sulla stessa falsariga di quanto annunciato in Francia dal Presidente Emmanuel Macron, dove dal primo agosto sarà obbligatorio per entrare nei ristoranti, nei bar, negli aerei, nei pullman e nei treni.
Una nuova ipotesi, assolutamente vessatoria nei confronti delle attività produttive italiane, che ha incontrato il favore dello stesso commissario per l’emergenza Covid, Francesco Figliuolo, per il quale “utilizzare il Green pass per vari tipi di eventi, così come in Francia, potrebbe essere una soluzione per una spinta. Poi per chi non l’avrà c’è anche il tampone, bisogna comunque rispettare la Costituzione”. Una dichiarazione, rilasciata ai microfoni di Tg2 Post, che ha giustamente creato notevole apprensione all’interno del mondo degli esercenti pubblici italiani.
L’endoresment di Figliuolo alla proposta francese, infatti, ha registrato la reazione del comparto, a partire dalla Federazione Italiana Pubblici Esercizi della Confcommercio, per la quale “non è accettabile che, per raggiungere l’immunità di gregge, si finisca per penalizzare sempre le solite categorie. I pubblici esercizi – ricordano dall’associazione di categoria – hanno pagato più di ogni altro settore nei 16 mesi della pandemia, sia in termini di perdita di fatturati che in termini di posti di lavoro. Andare ancora una volta a pesare sulle nostre attività significa compromettere la ripartenza”.
Una ripresa che, alla luce dei bilancio della imprese di ristorazione di giugno 2021, potrebbe interrompersi anzitempo con l’introduzione di questo nuovo obbligo per i pubblici esercizi, il cui settore in Italia, attualmente, vede l’8,1% delle aziende parzialmente aperte, l’1,7% chiuse e la cessazione dell’1% delle attività di ristorazione. Dati resi ancora meno rosei alla luce del discutibile sostegno ricevuto dal Governo nel corso della pandemia, ritenuto per nulla efficace dal 91,8% degli esercenti intervistati, senza contare che circa il 2,4% delle aziende del comparto non ha conseguito fatturato nel 2020 e circa il 45% delle imprese ha dichiarato una riduzione di oltre il 50% rispetto al 2019.
Una situazione che ha avuto delle ripercussioni anche in termini di occupazione. Il 50,2% delle imprese del pubblico esercizio, ha dichiarato di avere perso alcuni dei propri collaboratori nel corso del 2020, nel 40,3% dei casi si è trattato di personale formato da tempo e nel 9,8% di personale non ancora formato. Attualmente una impresa su due dichiara di avere un numero di addetti inferiore al 2019 e per il 59,2% resterà così per tutto il 2021.
Numeri che dovrebbero far riflettere qualsiasi commissario dell’emergenza.
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